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Bollettino ADAPT 20 novembre 2023 n. 40
1. C’è da premettere che la categoria “sciopero generale” non è prevista dalla l. n. 146/1990 sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, né è stata a tutt’oggi definita dalla magistratura ordinaria o amministrativa, ma è opera della attività interpretativa della Commissione di garanzia. Può destare sorpresa che senza tale attività “creatrice”, sarebbe stato equiparato a qualsiasi altro sciopero, sì che sarebbe stato impossibile effettuarlo come tale per la regola ex lege della “rarefazione oggettiva”. Secondo questa è vietata l’astensione contemporanea in settori che prestino servizi alternativi, sì da precludere all’utenza la possibilità di sostituire quelli in sciopero con altri non in sciopero. Ecco allora l’apertura effettuata già circa un ventennio fa dalla Commissione di garanzia, per cui in presenza di uno sciopero generale, la regola in parola non verrebbe applicata, sì da permettere uno sciopero appunto generale, cioè esteso a tutti settori, ivi compresi quelli espletanti servizi alternativi. A questa si è aggiunta una deroga alla regola introdotta con accordi per alcuni settori per cui la durata per la prima astensione collettiva non poteva essere superiore alle quattro ore; deroga consistente nel non riguardare lo sciopero generale.
2. Solo che la Commissione di garanzia si è trovata in difficoltà nell’accertare quando a fronte di una proclamazione di sciopero generale, la si dovesse ritenere legittima, dando luogo alla disciplina privilegiata dell’esenzione della duplice regola appena menzionata, dall’osservanza della “rarefazione oggettiva” e dalla limitazione della durata della prima astensione collettiva a quattro ore. Difficoltà, questa, dovuta a proclamazione fittizie di scioperi generali da parte di sigle sprovviste di qualsiasi rappresentatività, senza poter richiedere che avessero quella di organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, qualificazione non richiesta dalla legge. Nella impossibilità giuridica di distinguere in forza della rappresentatività delle organizzazioni proclamanti lo sciopero generale, era stata prospettata la possibilità di guardare alla ricaduta effettiva in termini di partecipazione dei lavoratori di scioperi generali proclamati in precedenza dalle stesse sigle.
Se tale partecipazione fosse stata irrilevante o scarsamente significativa ciò avrebbe giustificato la dichiarazione di illegittimità dell’ultimo sciopero generale da loro deliberato.
Tuttavia, nella giurisprudenza della Commissione di garanzia consolidatasi da tempo era emersa la distinzione tra scioperi generali, da un lato, tali in base alla loro connotazione storica conforme alla definizione, estesi tendenzialmente a tutte le aree territoriali, le categorie merceologiche, le classificazioni occupazionali; e scioperi plurisettoriali, con esclusione di alcune aree, categorie, classificazioni, sì da essere equiparati agli altri scioperi.
3. Ora, venendo alla questione insorta in merito allo sciopero di otto ore proclamato per il 17 novembre da Cgil e Uil contro la legge di bilancio, facendo valere una loro proposta alternativa. A ben guardare ad esserne al centro è la durata con riguardo ai settori dove l’eccezione alla regola della durata di quattro ore per la prima astensione collettiva vale o per uno sciopero generale. La Commissione di garanzia rileva che non è uno sciopero generale, ma plurisettoriale dato che vengono escluse una quindicina di categorie merceologiche; la Cgil e la Uil continuano per la loro strada; il Ministro emana una ordinanza di precettazione con riguardo ai settori del trasporto.
Va chiarito in partenza che un conto è la opinione della Commissione di garanzia circa la legittimità di uno sciopero, un conto affatto diverso è l’adozione da parte del Ministro competente di una ordinanza di precettazione, che può aversi anche nell’ipotesi di uno sciopero legittimo. Infatti l’emanazione di una tale ordinanza dovrebbe avvenire normalmente su richiesta della stessa Commissione, ma, nell’ipotesi di necessità e di urgenza anche su iniziativa unilaterale del Ministro, comunque solo se ed in quanto “sussista un fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati … che potrebbe essere cagionato dall’interruzione o dall’alternazione del funzionamento dei servizi pubblici”.
Ora, nel caso di una impugnazione dell’ordinanza del Ministro, la questione non pare riguardare la legittimità di uno sciopero dei trasporti proclamato per otto ore e non solo per quattro. Ma, a prescindere dal fatto certo non privo di significato della mancanza di una richiesta di precettazione da parte ella Commissione che permetterebbe al Ministro di procedere di propria iniziativa solo in caso di “necessità e di urgenza”. Anche a prescinderne, resta pur sempre da accertare l’esistenza di un pregiudizio grave ed imminente, pur in presenza dell’adozione delle prestazioni indispensabili. Certo Cgil e Uil hanno proceduto ad una revoca della durata nei trasporti, portandola da otto ore a quattro solo a seguito dell’ordinanza del Ministro, ma la revoca non può che far cessare comunque il requisito del pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona, sì da dar venir meno la materia del contendere.
Franco Carinci
Già Professore Ordinario di Diritto del Lavoro
Università degli Studi di Bologna