Nell’inquadrare sistematicamente il nuovo contributo di solidarietà che il comma 486 della l. n. 147/13 aveva reintrodotto, con alcune varianti rispetto alla formulazione del d.l. 201/11, ebbi occasione di affermare (cfr. Libro dell’Anno del Diritto 2015, Treccani, Le pensioni fra manovre reiterate ed effetti imprevisti): “Anche sulle “pensioni d’oro”, si registra una sostanziale reiterazione di scelte risalenti alla legislazione del 2011, e tuttavia già condannate per illegittimità dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 116/13. Per la verità, il comma 486 se (ne) è alquanto differenziato… omissis … soprattutto diversa essendo la destinazione del frutto del prelievo, che va a vantaggio, non già dell’erario, come il precedente contributo di perequazione, sibbene di una delle categorie dei lavoratori salvaguardati (art. c. 191 stessa legge).
Non è da escludere che questi elementi di novità, quali indici della assunzione di una nuova filosofia, possano diversamente orientare la Corte costituzionale, in ragione appunto del superamento di un approccio biecamente (si passi il termine) fiscale, quale quello che ha ispirato il legislatore del 2011.”
La Corte (stando per ora al comunicato stampa) ha centrato la sua odierna, diversa decisione proprio sulla esclusione della natura tributaria del prelievo (che era risultato il più vistoso difetto del contributo di solidarietà del 2011) secondo la puntuale ricostruzione di quella vicenda legislativa (vedi il mio commento alla sentenza n. 116/13, in Osservatorio giuridico Mefop n. 32), ed ha messo a fuoco l’idea di un “circuito previdenziale” per dare un appropriato rilievo alla diversa, pur sempre previdenziale, destinazione del contributo di solidarietà del triennio in corso. Si delinea dunque, tenendo conto anche della crisi contingente e grave del sistema, una stimolante combinazione fra equilibrio di bilancio (art. 81 Cost.) e valore della solidarietà, (art. 2 Cost.), assunto come primario principio che presiede la redistribuzione delle scarse risorse del momento.
Di certo, la sentenza della Corte non cristallizza il contributo in questione, che resta – come nell’intenzione (rectius: dichiarazione) del legislatore – di carattere eccezionale e compatibile con il canone dell’adeguatezza dei mezzi (art. 38, c. 2 Cost.) in quanto limitato alle pensioni più elevate. È onere del legislatore valutare, e documentare credibilmente, la persistenza della situazione di crisi e la congruenza del contributo di solidarietà, avvertendo che – a mio avviso – sarebbe del tutto irragionevole, qualora la crisi dovesse purtroppo consolidarsi, ritenere non più fondato il contributo: si tratterebbe semmai di ricercare ulteriori soluzioni finanziarie non più contingenti, ma stabili, di ridimensionamento dei trattamenti.
La sentenza in commento assume parametri di valutazione che sembrano suscettibili di ulteriore utilizzazione nelle prossime tornate di confronto fra legislatore e Corte in ordine alle reiteratamente consumate scelte di contenimento della spesa previdenziale. È specialmente il caso della perequazione, ben noto e oggetto di serio dibattito dopo la sentenza della Corte n. 70/15, ma all’orizzonte si affaccia ancora una volta la questione, forse addirittura più delicata per i concorrenti profili etici e filosofici, degli effetti pensionistici dei matrimoni anagraficamente squilibrati, pur nella consapevolezza che ogni questione ha la sua tipicità e non è facilmente sovrapponibile.
Pasquale Sandulli
Ordinario di Diritto del lavoro, Università “La Sapienza”