In materia di infortuni sul lavoro, il lavoratore infortunato gode di due tutele: il risarcimento del danno civile non patrimoniale (ex. art. 2059) e l’indennizzo previdenziale (ex. art. 13 d. lgs. 38/2000). Mancando una piena sovrapposizione sistematica sul piano del diritto civile e su quello previdenziale, può essere di interesse indagare il loro coordinamento per cogliere e valorizzare la funzione di ciascuno.
La prima differenziazione delle tutele si ha sul piano definitorio, la categoria del danno biologico differenziale trova fondamento nella formulazione dell’art. 13 D.Lgs. n. 38 del 2000 che non definisce il danno globale alla persona, ma introduce esclusivamente la definizione di danno biologico coperto dall’INAIL fondata sugli elementi identificativi espressamente indicati, ossia la sussistenza di una lesione all’integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico legale secondo le ricadute di effetti dinamico relazionali di un uomo medio. Mentre sul piano del risarcimento del danno civile non patrimoniale il danno biologico è quella lesione dell’interesse costituzionalmente garantito all’integrità psicofisica della persona secondo i canoni fissati dalla scienza medica (art. 32 Cost.). L’assenza di riconducibilità della definizione di cui all’art. 13 del d. lgs. 38/2000 – peraltro espressa in termini di indennizzo – a tutto il c.d. danno non patrimoniale lascia spazio alla possibilità che al soggetto residui la lesione di interessi della persona diversi da quelli espressamente indicati dalla norma. Può trattarsi di danni o meglio di voci di danno che risultano risarcibili secondo le comuni regole dettate dall’art. 1218 c.c. definite quali danni complementari non riconducibili alla copertura assicurativa obbligatoria, quali ad esempio il danno biologico da invalidità temporanea, il danno morale, il danno esistenziale o danni differenziali quantitativi correlati essenzialmente alla minor quantificazione economica dell’indennizzo previdenziale. Ne consegue che l’indennizzo erogato o erogabile dall’INAIL non escluda la possibilità per il danneggiato di ottenere l’integrale ristoro del maggior danno subito quantificato secondo i criteri civilistici (il c.d. danno differenziale).
La seconda differenziazione riguarda l’azione e il soggetto attore: in sede civile il lavoratore infortunato può vantare la pretesa nei confronti del datore di lavoro del risarcimento del danno biologico, ma la stessa domanda né può essere fatta valere nei confronti dell’ente INAIL che eroga solamente l’indennizzo previdenziale, né lo stesso ente con un’azione di regresso ex. art. 10 d. lgs. 38/2000 la può far valere confronti del datore di lavoro.
Una terza differenza riguarda il quantum: l’indennizzo previdenziale viene erogato a partire da postumi pari al 6% e sulla base di tabelle INAIL introdotte dal D.M. 12 luglio 2000 ex art. 13 D.Lgs. n. 38 del 2000; mentre il danno biologico civile è liquidato sulla base di tabelle elaborate dal Tribunale di Milano. Comunque, in entrambi i casi il quantum è liquidato dal giudice con equità, quando la sofferenza soggettiva non sia adeguatamente apprezzata con la sola applicazione dei diversi parametri tabellari, essa debba trovare riconoscimento attraverso un’operazione di personalizzazione del punto percentuale, che, rappresenta un meccanismo di emersione di tutte le differenti componenti del pregiudizio non patrimoniale sofferto e non semplicemente un adeguamento del danno biologico – così come tradizionalmente definito – alle peculiarità del caso concreto. In caso di micro-permanenti (menomazioni inferiori al 6%) in sede previdenziale esse non sono soggette a personalizzazione, ma in sede civile assolutamente sì.
L’ultima fondamentale differenza tra le due discipline è la funzione; la disciplina delineata all’art. 13 D.lgs. 38/2000 si ispira ai principi fondamentali dell’assicurazione INAIL e l’indennizzo assolve ad una funzione sociale, differenziandosi così dal risarcimento previsto in ambito civilistico a ristoro del danno biologico inter partes. La stessa Corte costituzionale (sent. n. 87/1991) ha chiarito che il danno previdenziale è finalizzato a garantire la libertà dal bisogno, mentre il danno civile ha la funzione di sanzionare e prevenire l’illecito. A sostegno di questa conclusione vi è un elemento testuale dato dal fatto che l’art. 13 qualifica l’emolumento a carico dell’INAIL come “indennizzo”, termine che, dal punto di vista della teoria generale del diritto, indica un concetto del tutto distinto da quello di “risarcimento”; l’utilizzo del termine indennizzo in luogo di risarcimento non può essere ritenuta una questione meramente nominalistica, rispondendo viceversa ad una differente ratio.
Il risarcimento, infatti, ha lo scopo di ristorare il danno provocato da una condotta colposa o dolosa del datore di lavoro; essa presuppone la prova della condotta, dell’elemento soggettivo (oltre che ovviamente del danno e del nesso causale) e deve garantire il ristoro integrale, trovando limite nella sola parte di danno che è addebitabile alla colpa del danneggiato; invece, l’indennizzo previsto nel sistema di assicurazione obbligatoria da infortuni sul lavoro è corrisposto solo se il danno sia conseguenza di evento avente origine in causa violenta e accaduto in occasione di lavoro, senza che sul suo riconoscimento incidano né la colpa del datore di lavoro né la colpa del lavoratore (con il solo limite del rischio effettivo). Infine, diversa è anche la legittimazione costituzionale dei due sistemi: quello indennitario si fonda sull’art. 38 Cost., che impone di garantire ai lavoratori colpiti da eventi lesivi causati dall’attività lavorativa mezzi adeguati alle esigenze di vita; quello risarcitorio sull’art. 32 Cost. e alle esigenze di piena ed integrale tutela del diritto alla salute. Pertanto, la norma previdenziale prevede la corresponsione di un minimum sociale garantito nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile la colpa di alcuno; per questo motivo attraverso la copertura sociale si indennizza, ma non si risarcisce integralmente.
Può quindi essere senz’altro affermata la coesistenza tra l’istituto dell’indennizzo ex art. 13 D.Lgs. n. 38 del 2000 ed il risarcimento del danno biologico secondo i criteri civilistici. La loro complementarietà è un valore in termini assoluti nel nostro mercato del lavoro ove, in caso di infortuni, è garantita ai lavoratori sia la libertà dal bisogno da parte dell’INAIL, sia la sanzione e prevenzione dell’illecito datoriale.
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo