Come è noto l’Esecutivo sta affrontando ormai da mesi la complessa vicenda del riordino degli enti locali; segnatamente la costituzione delle Città metropolitane e la riduzione delle Province ad enti di secondo livello, con conseguente trasferimento di personale verso altre amministrazioni.
Da ultimo si è reso necessario intervenire attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza per accelerare e semplificare (mediante la rimozione di alcuni importanti vincoli) il processo di ricollocazione di detto personale negli enti territoriali.
Gli articoli 4 e 5 del decreto-legge 19 giugno 2015, n.78 (c.d. “decreto enti locali”) costituiscono infatti, in ordine cronologico, l’ultimo tassello del complesso procedimento di ricollocazione del personale delle province, avviato con la legge 7 aprile 2014, n. 56 (meglio nota come “legge Delrio”), in seguito integrato dalla legge di stabilità per il 2015 e da alcuni importanti chiarimenti del Dipartimento della Funzione pubblica.
In particolare, l’art. 4 del decreto-legge n. 78 – oggi incardinato al Senato per l’avvio dell’iter di conversione in legge – introduce rilevanti deroghe ai vincoli imposti dalla legislazione vigente in materia di assunzioni.
«[…] al solo fine di consentire la ricollocazione del personale delle province […]» infatti non si applicheranno le sanzioni previste dalla legge per i casi di mancato rispetto dell’indicatore dei tempi medi di pagamento per l’anno 2014 (per il calcolo dei quali oggi – secondo quanto dettato al comma 4 – si escludono i pagamenti con utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari consentiti dalle norme sul ritardo del pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni), del patto di stabilità interno e dei termini per l’inoltro delle relative certificazioni.
Si tratta di un’importante cambio di rotta rispetto agli stretti vincoli con cui gli enti locali devono quotidianamente confrontarsi, che consente di “sbloccare” il cortocircuito normativo che si era creato tra la legge di stabilità per il 2015 (che imponeva la ricollocazione) e la normativa sul divieto di assunzioni nella pubblica amministrazione.
Inoltre (al comma 2) si dispone che il personale delle province che alla data del 31 dicembre 2014 si trovasse in posizione di comando o distacco presso altra amministrazione, è lì trasferito. Ciò a condizione che il lavoratore abbia prestato il proprio consenso e a fronte della disponibilità di capienza della dotazione organica dell’amministrazione “di destinazione”, con particolare riferimento alla sostenibilità finanziaria della presa in carico.
Rilevante è altresì la novella introdotta (con il comma 3) al decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, per cui dall’entrata in vigore del decreto in commento sarà possibile sfruttare i residui disponibili (non ancora impiegati) delle quote percentuali delle facoltà assunzionali rispetto al triennio precedente.
Di primaria importanza è poi la statuizione di cui all’art. 5.
La nuova disposizione prevede che il personale appartenente ai Corpi ed ai servizi di polizia provinciale è trasferito nei ruoli degli enti locali per l’esercizio delle funzioni di polizia municipale, secondo le modalità previste dal decreto di cui all’art.1 comma 423 della legge di stabilità 2015. Si tratta del decreto relativo alla ripartizione del fondo per la mobilità, registrato presso la Corte dei Conti lo scorso 11 marzo, ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale e dunque non operativo.
Anche per tale procedura, pur nel rispetto della sostenibilità di bilancio, gli enti potranno derogare ai limiti imposti alle facoltà assunzionali, secondo quanto previsto all’art.4 comma 1 (vedi sopra).
L’articolo in commento introduce infine il divieto (a pena di nullità delle assunzioni) per i comuni di reclutare personale per lo svolgimento delle funzioni di polizia locale se prima non sarà completato il totale assorbimento degli impiegati nei ruoli della polizia provinciale.
Quest’ultima disposizione è da leggersi alla luce dell’interpretazione particolarmente rigorosa dell’art.1 comma 424 della legge n.190/2014, che la Corte dei Conti – Sezione delle Autonomie ha avuto modo di enunciare nella delibera n.19/2015 (punto 2.5). In particolare si è sottolineato che il divieto rimane fermo fintanto che non si siano ricollocati tutti i soggetti interessati a livello nazionale, e non solo con riferimento al territorio provinciale in cui è ubicato il comune interessato.
La disposizione di cui all’art.5 ha mostrato da subito una criticità, sottolineata dai comuni che durante il periodo estivo si trasformano in accoglienti mete turistiche. Questi infatti sono soliti assumere con contratti a termine i c.d. “vigili stagionali”, per far fronte all’aumento di popolazione presente sul territorio e alle conseguenti esigenze di sicurezza e viabilità. Con il “decreto enti locali” così come formulato oggi non sarà più possibile; non è detto però che in corso di conversione in legge possa introdursi una deroga specifica al divieto di nuove assunzioni, sebbene i tempi parlamentari non si allineano certamente con quelli stretti delle esigenze contingenti.
Nonostante ad oggi sia il decreto per l’utilizzo del fondo per la mobilità (da adottare ai sensi dell’art. 30 comma 2.3 T.U. Pubblico Impiego) sia quello per la definizione delle cc.dd. tabelle di equiparazione non siano ancora stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale (lo saranno a breve, avendo superato entrambi l’iter per l’approvazione) il timing prospettato dalla circolare n.1/2015 della Funzione Pubblica, appare, nel complesso, rispettato.
Lo scorso marzo, il Dipartimento della Funzione pubblica ha inoltre attivato un apposito portale per l’incontro tra domanda ed offerta di ricollocazione del personale. Nonostante il ritardo di alcune Amministrazioni, la Funzione Pubblica sta procedendo ad una prima mappatura dei dati, al fine di avere un quadro sempre più aderente alle reali possibilità di ricollocazione, rispetto alle stime elaborate e ai tempi prefissati.
La prossima scadenza, invece, è fissata per il 31 dicembre 2016, quando si dovrà dare avvio a contratti di lavoro a tempo parziale per i soggetti rimasti in forza presso gli enti di area vasta (Province e Città metropolitane).
Quest’ultima considerazione appare tutt’altro che scontata. Contro le scelte dell’Esecutivo si è infatti generato un forte dissenso, che ha portato le principali sigle sindacali ad indire numerose “proteste di piazza”, l’ultima a Roma giovedì 25 giugno proprio contro il “decreto enti locali”.
Bisogna però sottolineare che il processo di ricollocazione del personale delle province consta di un elevato grado di complessità gestionale, non fosse altro che per l’elevato numero di soggetti coinvolti, e per l’esistenza di un quadro legislativo certamente non lineare, con competenze che – in attesa della riforma del Titolo V della Costituzione – risultano spesso di difficile interconnessione.
Nonostante ciò, la Corte dei Conti, nel suo recente “Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica – 2015” (per un approfondimento sui punti legati al personale di Regioni, Province e Comuni si veda l’apposita timeline), pur sottolineando la complessità del processo e la necessità di una attenta sorveglianza su di esso, ha ribadito come, «alla luce dei dati contenuti nel Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, a livello complessivo le Regioni e gli Enti locali, utilizzando le facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, siano teoricamente in grado di assorbire nel breve periodo le eccedenze di personale delle Province».
Si ringrazia la dott.ssa Barilà per il prezioso supporto nella ricostruzione del quadro complessivo.
Marco Menegotto
Studente al 4° anno di Giurisprudenza
Università degli Studi di Milano
@MarcoMenegotto
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Il decreto-legge “enti locali”: l’ultimo tassello per la ricollocazione del personale delle province