Il fattorino non disinfetta le mani? La Spagna dice sì al licenziamento 

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Bollettino ADAPT 5 febbraio 2021, n. 5

 

Il rifiuto di utilizzare i dispositivi di protezione sanitaria stabiliti dall’impresa per contrastare il diffondersi della pandemia in atto, rappresenta un giustificato motivo di licenziamento. È quanto si legge nella recente sentenza del Juzgado de lo Social n.º 4 de Gijón, n. 265 del 4 novembre 2020, in cui il Tribunale spagnolo ha ritenuto legittimo il licenziamento di un fattorino addetto alla consegna a domicilio di cibo, a fronte del mancato rispetto, in più occasioni, delle misure di sicurezza e igiene adottate in ragione dell’emergenza sanitaria.

 

Stando ai fatti, il lavoratore, assunto con contratto part-time a tempo indeterminato di 20 ore settimanali, era da sempre risultato reticente all’utilizzo di dispositivi di protezione personale quali guanti, mascherine e gel disinfettante nonostante le indicazioni in tal senso da parte dell’impresa. In data 9 maggio 2020, in occasione di una consegna di cibo da ritirare presso uno dei ristoranti della catena “KFC” (Kentucky Fried Chicken), dopo essere stato richiamato per il fatto di non essersi disinfettato le mani con il gel a disposizione nei locali del ristorante, come espressamente richiesto dal protocollo aziendale, e senza neppure l’uso della mascherina, si rifiutava di adempiere alle istruzioni date e si rivolgeva al suo superiore «con un tono inadeguato, arrivando a gridargli contro», come si legge nella sentenza.

 

Allarmata dalle grida, la direttrice del locale si recava a verificare l’accaduto, potendo così anche lei assistere al momento in cui il fattorino, disobbedendo agli ordini, prendeva il cibo «senza rispettare la politica di sicurezza e igiene e si accingeva a consegnarlo, potendo ciò rappresentare un grave rischio per la salute dei consumatori». A ciò si aggiunga che già nei mesi precedenti il lavoratore era stato destinatario di due sanzioni disciplinari per comportamenti gravi, quali il ritardo ingiustificato nello svolgimento del servizio e il mancato rispetto degli ordini e delle istruzioni del datore di lavoro.

 

In punto di diritto, l’articolo 47.4 del contratto collettivo applicato, il Convenio Colectivo Estatal de Empresas de Mensajería, stabilisce che sarà considerato comportamento grave «la disobbedienza agli ordini e istruzioni del datore di lavoro o dei superiori nel regolare esercizio delle loro facoltà direttive. Ove ciò comporti una palese violazione della disciplina o da essa derivi un danno grave e manifesto all’impresa o ai colleghi di lavoro, il comportamento sarà considerato molto grave». Così come, in relazione ai fatti in oggetto, l’articolo 46.8 descrive in termini di infrazione, sebbene non grave, il fatto di «discutere animatamente con i colleghi durante l’orario di lavoro».

 

Ed è ancora tale contratto collettivo a disporre, all’articolo 48.3 che saranno trattati alla stregua di comportamenti molto gravi «tutti quelli considerati come cause di licenziamento dall’articolo 54.2 dell’Estatuto de los trabajadores», alla cui lettera b) sono individuate espressamente come cause di licenziamento disciplinare «l’indisciplina o la disobbedienza sul lavoro». È alla luce delle richiamate disposizioni, dunque, che l’impresa, considerata la gravità, intenzionalità e reiterazione dei comportamenti posti in essere dal dipendente, ha deciso di rispondere ai gravi comportamenti descritti con la massima sanzione del licenziamento disciplinare, essendo questa prevista, ex articolo 49.3 del contratto collettivo, tra le sanzioni ammesse in caso di comportamenti ritenuti molto gravi ai sensi della normativa.

 

Risultando i fatti provati e difficilmente contestabili a fronte dei numerosi testimoni presenti, il lavoratore ha presentato ricorso contro il licenziamento adducendo vizi di forma nella comunicazione dello stesso, adducendo, quale ulteriore argomentazione, il fatto che il licenziamento rappresenterebbe un’azione ritorsiva nei suoi confronti per aver manifestato, in una chat di lavoro letta anche da altri colleghi, la propria intenzione di procedere per le vie legali contro dell’azienda, chiedendo dunque il relativo risarcimento.

 

Anche in questo caso, tuttavia, il Tribunale spagnolo dà ragione all’impresa, la quale ha dimostrato di aver effettuato, con tutti i mezzi possibili a disposizione, numerosi tentativi di consegna della lettera di licenziamento, il cui fallimento, dunque, non è ad essa imputabile. Trova sostegno tale decisione anche in altre sentenze, tra le quali, per citarne una, la sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Madrid del 19/12/2013 secondo cui «essendo corretto il mezzo utilizzato dal datore di lavoro per notificare al ricorrente il licenziamento, i suoi effetti non possono essere subordinati alle omissioni riconducibili solo alla negligenza del primo, ed è così che ha inteso la questione la nostra Suprema Corte, in sentenze come quelle del 23 maggio 1990 e 9 novembre 1988, nel dichiarare la validità della comunicazione effettuata a mezzo posta certificata con avviso di ricevimento, che adempie allo scopo di far pervenire la lettera a conoscenza del lavoratore licenziato, senza che ciò possa  essere inficiato dal rifiuto della lettera, che è equiparabile alla mancata comparizione presso l’ufficio postale per riceverlo nonostante ne abbia ricevuto comunicazione, poiché il contrario vorrebbe dire lasciare nelle mani della parte ricorrente gli effetti dell’adempimento formale del requisito della comunicazione scritta del licenziamento posta in essere dall’impresa, dato che il tentativo di consegna della lettera al domicilio del lavoratore è avvenuto in una data in cui il fallimento è a lui solo imputabile».

 

In buona sostanza, a giudizio del Tribunale, i fatti che si imputano al fattorino «sono meritevoli della massima sanzione imposta. Non solo per la reiterazione nella commissione di condotte gravi che il contratto collettivo colloca nell’elenco dei comportamenti molto gravi, ma anche perché la disobbedienza e l’indisciplina sono tra le cause che l’Estatuto de los Trabajadores prevede come meritevoli della sanzione del licenziamento. Tale indisciplina e disobbedienza, per meritare la massima sanzione, devono essere rivestite di gravità, rilevanza e importanza, caratteristiche che ricorrono nella condotta del lavoratore, tenendo presente il contesto eccezionale in cui ci trovavamo allora e che sfortunatamente persiste ancora oggi, in cui comportamenti come il suo devono ottenere la massima riprovazione, non solo in ambito lavorativo, ma anche, e in generale, in quello sociale».

 

Va detto, tuttavia, che tale sentenza non è definitiva, in quanto suscettibile di ricorso in appello: ove fosse, con interesse ne seguiremo le sorti.

 

Lavinia Serrani

Ricercatrice ADAPT

Responsabile Area Ispanofona

@LaviniaSerrani

 

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