Il Jobs Act alla luce dei dati ISTAT su occupati e disoccupati from ADAPT Channel on Vimeo.
È stata pubblicata oggi la nota mensile dell’ISTAT sui dati del mercato del lavoro che qui
Ecco alcuni spunti e chiavi di lettura sintetiche. Come ci si aspettava e com’è ormai da tanti, troppi mesi, peggiorano i dati complessivi, sia il dato sulla disoccupazione che è adesso al 13,4%, sia il dato della disoccupazione giovanile, al 43,9%, che il tasso di occupazione, adesso al 55,5%.
Sono dati negativi in particolare per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, che rimane la principale criticità nel nostro mercato del lavoro, alla quale si somma la criticità della crescita costante dei disoccupati di lunga durata. Dalla lettura della nota trimestrale dell’Istat, infatti, pubblicata il mese scorso il 62% dei disoccupati, risulta essere un disoccupato di lunga durata.
Disoccupati di lunga durata e giovani restano dunque le principali criticità del nostro mercato del lavoro, alle quali sembra aggiungersi l’occupazione femminile che nell’ultimo anno era andata relativamente bene e che invece i dati degli ultimi mesi ed in particolare i dati di novembre identificano come un problema reale del nostro mercato del lavoro.
Altri dati, quelli del monitoraggio settimanale sul piano Garanzia Giovani, mostrano purtroppo quanto stia andando male la Youth Guarante in Italia, il piano europeo per il contrasto all’inattività giovanile, che sarebbe importantissimo nel nostro Paese, ma che guardando ai dati continua ad avere risultati davvero poco utili.
L’unica fascia di popolazione che sembra migliorare in questi mesi è quella del maschio adulto dipendente over 50, che sempre leggendo la nota dell’Istat, segna un miglioramento negli ultimi mesi sul mercato del lavoro. Dunque le misure urgenti che sono state approvate nel corso di quest’anno dal Governo, soprattutto il dl 34, ma anche le riforme dei governi precedenti sembrano aver aiutato questa fascia di popolazione, che risulta anche la più protetta. Ma sembrano esser servite a poco a donne, giovani e disoccupati di lunga durata.
I prossimi interventi, quelli in cantiere, a partire dai decreti attuativi della Legge delega Jobs Act riusciranno a rispondere alle esigenze di questi 3 milioni 457 mila disoccupati? Questo è il punto di domanda con cui inizia il 2015.
Sembra che l’Italia non voglia scegliere su come intervenire sul mercato del lavoro.
Ci sono due grossi poli: una filosofia di intervento più anglosassone fatta di interventi con incentivi fiscali per creare occupazione e caratterizzata da un abbassamento del costo del lavoro (era questo l’originale Jobs Act pensato da Barack Obama in America); l’altra filosofia di intervento, anche questa non totalmente scelta nel nostro paese, è invece quella delle riforme strutturali, fatta di interventi aspri e convinti, che vanno a toccare diritti acquisiti, laddove serve, sulle regole del lavoro.
Guardando alle misure per il lavoro in discussione nel nostro paese, Jobs Act e Legge di stabilità, si può individuare un pò di tutte due le parti, ma l’adesione di nessuna delle due filosofie, ne quella che sta dando all’America una ripresa molto forte sull’occupazione, quindi quella dell’intervento sul costo del lavoro; ne quella filosofia che ha dato alla Spagna nel corso dell’ultimo anno oltre 253 mila occupati in più.
Questa incapacità di scegliere su come intervenire sembra essere un grosso punto di domanda negativo sul futuro dei dati del nostro mercato del lavoro, ponendo anche qualche dubbio sui tempi di uscita da questa crisi, testimoniata ancora una volta dalla nota uscita oggi dall’Istat.
Il Jobs Act alla luce dei dati ISTAT