Il lavoro casalingo: una prima fotografia statistica

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Bollettino speciale ADAPT 29 ottobre 2024, n. 6

 

Chi sono e quante sono le persone che si occupano della cura e gestione della propria casa e famiglia? Quali sono le loro caratteristiche? L’obiettivo di questo articolo è fornire una prima risposta a queste domande e proporre una ricostruzione statistica finalizzata a inquadrare il fenomeno nella sua dimensione quantitativa, evolutiva e comparata.

 

Una categoria in decrescita

 

L’Istat, nell’approfondimento dal titolo Le casalinghe in Italia (2017) definisce la casalinga come «persona di 15 anni e più che si dedica prevalentemente alle faccende domestiche» e mostra che nel 2016 erano 7milioni 338 mila le donne di 15 anni e oltre che si dichiaravano casalinghe, 518mila in meno rispetto a una rilevazione condotta nel 2006.

 

Grafico 1. Casalinghe 15-89 anni, dal 2018 al 2023 (migliaia)

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Fonte: rielaborazione su dati Istat.

 

Oggi, per ricostruire le dimensioni del gruppo, occorre consultare il database Istat che tra le condizioni dichiarate di inattività include la categoria anche al maschile (casalinga/o). Secondo i dati ad oggi a disposizione le donne di 15-89 anni che rientrano nella condizione di casalinghe sono costantemente in decrescita, come riportato nel grafico 1. Le donne casalinghe tra i 15-89 anni nel 2018 erano più di 6,9 milioni mentre nel 2023 erano circa 6,2 milioni, 793mila in meno. Nel 2023, tra le inattive, sono ben ancora 6 milioni le donne tra i 15 e gli 89 anni che si dichiarano casalinghe, e costituiscono il 41,43% del totale delle inattive, contro lo 0,009% degli uomini inattivi della medesima fascia d’età.

 

Se consideriamo la fascia d’età che corrisponde alla popolazione tra i 15 e i 64 anni si osserva anche in questo caso una decrescita del numero totale di casalinghi e casalinghe che, dal 2018 al 2023, è passato da circa 4,2 milioni a 3,5 milioni. Se la diminuzione è costante negli anni per le casalinghe, l’andamento non è lineare per i casalinghi che tra il 2018 e il 2020 hanno assistito a una leggera crescita.

 

Grafico 2. Numero casalinghe/i di 15-64 anni, per sesso, dal 2018 al 2023 (migliaia)

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Fonte: rielaborazione su dati Istat.

 

Distribuzione geografica

 

Secondo il focus Istat sia nel 2006 che nel 2016 le casalinghe vivono prevalentemente al sud. Infatti, nel 2006 le casalinghe presenti nel mezzogiorno erano il 44% del totale delle casalinghe (37,43% al nord e 18,57% al centro), mentre nel 2016 erano il 45,72% del totale (36,24% al nord e 18,04% al centro).

Anche i dati più recenti, disponibili sul sito dell’Istat, riferiti alla fascia di età 15-64 anni, confermano questo andamento. La concentrazione di casalinghe al sud è andata via via aumentando fino a raggiungere il 50,7%. Sia al nord che al centro lo stesso dato è invece diminuito (16,2% al centro, 32,9% al nord), amplificando così un divario territoriale sempre più importante. Rispetto al sesso, il 98,3% sono donne, solo 1,7% è rappresentato da uomini.

 

Grafico 3. Distribuzione territoriale casalinghi per sesso (15-64 anni), Anno 2023

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Fonte: rielaborazione su dati Istat.

 

Qualche dato sulla condizione delle donne nel mercato del lavoro

 

I dati disponibili sul lavoro casalingo devono essere contestualizzati in relazione a quello che è il rapporto tra le donne e il mercato del lavoro salariato, dal momento che come ricordato da S. Negri, Un percorso di letture, le caratteristiche di questo gruppo devono essere lette anche insieme alle più generali condizioni del mercato del lavoro.

Un primo dato utile a inquadrare il fenomeno è dato dal peso del lavoro casalingo rispetto agli inattivi. Il Grafico 4 mostra come, su oltre 12 milioni di inattivi, le casalinghe (15-64 anni) siano il 28,3%. Una percentuale rilevante, superata solo dagli studenti (34,4%) ma superiore a quella dei disoccupati (19,2%). Anche se si osserva la fascia 15-89 anni queste percentuali non cambiano in modo sostanziale: i più numerosi sono in questo caso i soggetti ritirati dal lavoro (44,2%). Le casalinghe di questa fascia di età, seppur aumentano di 2,7 milioni unità rispetto alla fascia 15-64 anni, fino a superare i sei milioni di unità, risultano essere il 25,1% del totale degli inattivi.

 

Grafico 4. Numero delle casalinghe/i sul totale della popolazione inattiva (15-64 anni), Anno 2023 (migliaia)

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Fonte: rielaborazione su dati Istat.

 

Se si presta attenzione alle motivazioni sottostanti all’inattività, secondo il già citato report dell’Istat (2017, p. 1) “il motivo principale per cui le giovani casalinghe di 15-34 anni non cercano lavoro è di natura familiare nel 73% dei casi (61,2% per le casalinghe di 35-44 anni)”. Guardando invece ai dati ad oggi disponibili nel database dell’Istat si rileva che nel 2023 per le donne inattive tra i 15 e i 34 anni la motivazione familiare ha un peso superiore sul totale delle motivazioni (15,93%) rispetto agli inattivi maschi (1,25%).

 

Tabella 1 – Motivo inattività, per sesso, 15-34 anni, anno 2023 (migliaia)

  Femmine Maschi Totale
Scoraggiamento 112 124 236
Motivi familiari 506 32 538
Studio, formazione professionale 2.204 2.047 4.251
Aspetta esiti passate azioni di ricerca 101 113 214
Pensione, non interessa anche per motivi di età 29 15 44
Altri motivi 224 232 456
Tutte le voci 3.176 2.563 5.739

Fonte: rielaborazione su dati Istat.

 

Questa riflessione si inserisce nella riflessione sull’occupazione femminile in Italia. Nel 2023, il tasso di occupazione delle donne è ancora inferiore a quello maschile. Il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) era pari al 52,5%, inferiore di 17,9 punti percentuali rispetto a quello maschile della medesima classe di età (70,4%). Seppur il divario sia diminuito negli anni rimane ancora consistente e il tasso di occupazione femminile del nostro paese è ancora più basso di quello registrato a livello europeo.

 

Grafico 5. Tasso di occupazione (25-54enni) per sesso, area geografica, presenza di figli minori. Anno 2023 (valori percentuali)

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Fonte: rielaborazione Istat per Save the Children, p. 16.

 

Un altro dato da considerare riguarda la variazione del tasso di occupazione in presenza o assenza di figli, per gli uomini e per le donne. Infatti, prestando attenzione a come la genitorialità influenza l’occupazione, si evince che la presenza di figli influenza in modo determinante il tasso di occupazione femminile, riducendolo considerevolmente. Per ogni livello territoriale, il tasso di occupazione delle donne con figli è inferiore a quello delle donne che non hanno figli. Contrariamente si può notare che il tasso di occupazione degli uomini con figli è superiore a quello degli uomini che non li hanno. Il dato può essere spiegato dal fatto che, in un paese come il nostro, il lavoro di cura dei figli è ancora prettamente a carico delle donne. Il grafico 7, mostra anche come sia ancora consistente il divario territoriale nella occupazione femminile. Infatti, il tasso di occupazione delle donne senza figli è pari al 79,8% al nord, al 74,4% al centro e del 48,9% al sud. Tra nord e sud la differenza del tasso di occupazione delle donne con figli minori è di 31,2 punti percentuali.

 

Lavoro casalingo: un confronto con gli altri paesi europei

 

Per analizzare il fenomeno da una prospettiva comparata, l’assenza di dati europei specifici sull’evoluzione quantitativa della figura della casalinga richiede di concentrare l’analisi sulla categoria del mercato del lavoro a cui questa figura è statisticamente assegnata: quella delle donne inattive. A tal merito, i dati EUROSTAT rivelano che l’Italia si colloca al secondo posto nell’Unione Europea, dopo la Romania (42,8%), per percentuale di donne inattive rispetto alla popolazione totale (42,3%). Questo primato italiano emerge con un netto distacco rispetto alla media europea, che si attesta al 29,8%, e soprattutto, dai Paesi del Nord Europa, come la Svezia e la Danimarca dove tale dato ammonta rispettivamente 17,8% e 18.1 %. A supporto di questa tendenza, un ulteriore elemento utile per comprendere la posizione dell’Italia nel contesto europeo riguarda il tempo dedicato alle attività di cura domestica e familiare. A tal riguardo, un approfondimento tematico condotto da Eurostat nel 2019 sull’uso del tempo tra uomini e donne, rivela che l’Italia registra il divario di genere più elevato nell’Unione Europea (2 ore e 47 minuti) per il tempo destinato alle attività di cura della casa e della famiglia. Le statistiche indicano che le donne in Italia dedicano oltre 5 ore al giorno a queste attività, mentre gli uomini vi impiegano poco più di 2 ore. A seguire l’Italia, si trova la Grecia con un divario di 2 ore e 21 minuti, mentre Paesi Bassi (1 ora e 2 minuti), Finlandia (1 ora e 9 minuti) e Francia (1 ora e 11 minuti) presentano i divari di genere più contenuti all’interno dell’UE.

 

Grafico 6. Percentuale delle donne inattive che non cercano lavoro sul totale della popolazione, Unione Europea (15-64 anni), Anno 2023

 

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Fonte: Rielaborazione su dati Eurostat.

 

Stefania Negri
Ricercatrice ADAPT Senior Fellow
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