È certamente vero che, le norme non creano il lavoro, ma è altrettanto vero che l’utilizzo delle norme è lavoro. È certamente vero che, le norme non creano il lavoro, ma è altrettanto vero che le norme chiare danno certezza ed attenuano i rischi negli investimenti.
È certamente vero che, le norme non creano il lavoro, ma è altrettanto vero che le norme pensate per lavoratore ed azienda creano possibilità ed agevolano la crescita.
È certamente vero che, norme sul lavoro, complesse, incerte, poco chiare rendono difficile creare il lavoro e ne diminuiscono la quantità e la qualità.
Il cambiamento proposto dal progetto #semplificareillavoro è epocale.
Oggi una azienda oltre alla GU, alla GUCE, deve conoscere le BUR, la prassi Inps, Inail, del Ministero del lavoro (circolari, interpelli, note, lettere circolari…faq e vademecum) senza avere alcuna sicurezza e deve coprire la incertezza interpretativa con un fondo rischi.
Domani speriamo di avere il LAVORO semplice e certo.
Questa è l’intenzione che nel percorso della “proposta bipartisan per semplificare il quadro regolatorio del lavoro” mi ha più entusiasmato, e che corrisponde ad un desiderio che ho vissuto nei mille incontri avuti come Coordinatore del Centro Studi Nazionale dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale (AIDP) in ogni dove d’Italia: vedere UNA LEGGE per il lavoro.
Ho sognato, in questi mesi di confronto, di vedere le regole pensate per facilitare la vita di quel corpo che chiamiamo azienda e le cui cellule si chiamano lavoratori.
Il lavoro ovvero l’utilizzo di energia (in senso fisico il lavoro è proprio questo) per far crescere e nutrire il corpo sociale che chiamiamo azienda deve avere i suoi canoni senza essere autoreferenziale, deve essere pensato per garantire azienda e lavoratore, poiché non c’è lavoratore senza azienda ne azienda senza lavoratore, come non c’è corpo senza organi e non ci sono organi senza corpo.
Dobbiamo imparare a vivere su questo “algoritmo”, nel tentativo di creare soluzioni che considerino entrambi gli attori, affinché non accada più che il “lavoro” sia un’esperienza in cui tutti i giorni ci sia da chiedersi come faccio?
Il percorso proposto da Michele e Pietro presenta tutte queste sfaccettature e rappresenta il tentativo, con tutti i limiti e le criticabilità possibili, di far parlare e di mettere in comune le infinite ricchezze di mille “sentire”.
Fatte queste premesse, indispensabili, vorrei indicare quali sono le cose che ritengo essenziali nella nuova cassetta degli attrezzi da mettere a disposizione di datori di lavoro e lavoratori
Regole chiare e poche, su cui la prassi amministrativa non possa e non debba intervenire (pensiamo a quello che è successo sul cosiddetto ticket di licenziamento tra part time e definizione dell’importo).
Regole chiare e poche, su cui la prassi amministrativa non possa e non debba intervenire (pensiamo a quello che è successo sul cosiddetto ticket di licenziamento tra part time e definizione dell’importo).
Regole che permettano alle aziende di inserire le persone e di sperimentarle; di adeguare l’organico alla transitorietà dei mercati, ma che allo stesso tempo premino il lavoratore che produce e che arricchisce l’azienda quando l’azienda è in salute e cresce.
Regole che promuovano lavoratori e aziende in rete ed interconnessi, perché il mondo del lavoro sta passando dal concetto di sinallagma al concetto di comunità. Oggi, infatti, il lavoro diviene il luogo centrale dove si vive e l’azienda una sorta di corpo sociale di cui i lavoratori sono cellule e organi. Un lavoro che si misura sul Glocal (globalizzazione e territorio) in cui anche il singolo ha il suo ruolo e può “valere” in relazione al suo qui ed al suo ora.
Regole in cui le patologie vengano messe al bando e punite duramente.
Regole che permettano ad una parte del costo del lavoro di ritornare al dipendente in termini di welfare e di supporto; in cui lo stato è attore e stimolo e non “papà”.
Regole in cui agli ammortizzatori sociali vengano sostituiti da supporti economici che stimolino alla riconversione ed alla riqualificazione.
Regole in cui il CCNL deve essere un quadro definitorio che si muove con il tempo e lo spazio e che vale per tutti nello stesso modo.
Infine, e credo che questo sia ormai senso comune, deve esserci la consapevolezza che dobbiamo mettere la contrattazione aziendale(con il suo qui e il suo ora) al centro incorniciata da CCNL e legge.
Questa la nuova filosofia che deve improntare il diritto: non strumento regolatorio rigido che dirime i conflitti tra due parti o ne difende una, ma REGOLO che misura e che favorisce la partecipazione ed il coinvolgimento e che tutela azienda, lavoratore e corpo sociale (territorio, comunità…) in cui il lavoro è immerso.
Un lavoro in cui la vita del dipendente non è scissa tra tempo lavoro e altro tempo, ed in cui la vita dell’azienda rivolta al mondo non è separata dal suo territorio.
Siamo di fronte ad una opportunità che nasce da una crisi e se dovessi definire il lavoro del gruppo direi che è il tentativo di lottare perché il bruco diventi una meravigliosa farfalla.
Buon Lavoro a tutti.
David Trotti
Consulente del Lavoro – Consulente Nazionale AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata)
Responsabile scientifico area Lavoro rivista Consulenza Buffetti Editore
@DavidTrottilab
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Il lavoro, i lavoratori e le imprese verso il futuro che verrà: essere un organismo sociale