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In seguito alla recente proposta di legge avanzata dal Ministro del lavoro in merito alle chiusure domenicali, che ha sollevato un ampio, contrastato e delicato dibattito a livello politico e non solo, può essere utile considerare il caso di un parco di divertimento, cioè di una realtà lavorativa che è da sempre stata caratterizzata dal lavoro domenicale e festivo, così da poterne individuare le ricadute e le possibili applicazioni.
I parchi di divertimento sono una realtà lavorativa e sociale che si è diffusa soltanto negli anni più recenti, poiché in Italia i parchi sono stati costruiti soltanto a partire dagli anni sessanta e settanta del novecento, in seguito alla diffusione del modello Disney. Attualmente, secondo dati rielaborati dal sito Parksmania, risultano attivi centottantasette parchi di divertimento presenti in tutte le regioni italiane (ad eccezione del Molise) che rappresentano un importante polo attrattivo che, ogni anno, è in grado di attirare alcune decine di milioni di visitatori [Calabrese e Codeluppi, 2009: 9].
Dal punto di vista sociale i parchi, pur rientrando nella categoria dei “non-luoghi” elaborata da Marc Augé, nella società contemporanea italiana rappresentano dei luoghi nei quali sempre più famiglie e utenti trascorrono il proprio tempo libero, hanno l’opportunità di ritrovare un senso di unione, condivisione e aggregazione familiare e soprattutto è un luogo che molti genitori vivono come una possibilità di trascorrere del tempo con i propri figli (possibilità sempre più remota nei casi in cui entrambi i genitori sono occupati in un’attività lavorativa extra-domestica). I parchi sono un esempio di realtà sociale che viene abitudinariamente frequentata da molte famiglie e persone proprio nei momenti di riposo, di ferie e quindi di non lavoro.
A fronte di questa massiccia presenza di ospiti durante i fine settimana e nei giorni festivi la forza lavoro del parco ha la necessità di essere implementata proprio durante questi turni per poter offrire servizi personali e di qualità a tutti gli utenti.
I parchi di divertimento sono caratterizzati da una forza lavoro molto eterogenea al proprio interno poiché sono occupate figure professionali che detengono differenti livelli di istruzione, responsabilità e competenze tecniche e sociali e diversi contratti di lavoro (stagionale, a tempo indeterminato, a chiamata) al fine di rispondere a tutte le esigenze di amministrazione, organizzazione e manutenzione.
All’interno di questa svariata forza lavoro vi è un consistente gruppo di lavoratori che opera direttamente a contatto con i clienti e proprio per la modalità nella quale si esplicano le loro mansioni giornaliere sono coloro che svolgono turni di lavoro differenti da quelli della fabbrica fordista, lavorando soltanto quando il parco è aperto al pubblico.
I lavoratori dei parchi di divertimento operano prettamente durante i fine settimana e anche durante tutte le festività, rientrando dunque nella schiera dei 2,2 milioni di lavoratori (secondo i dati diffusi da Federdistribuzione su Twitter) che sono occupati in servizi non essenziali (bar, ristoranti, alberghi, discoteche, cinema, negozi di abbigliamento ecc.) e che lavorano in quei giorni che dalla società italiana, culturalmente e tradizionalmente, sono sempre stati reputati e identificati come giorni di festa, di condivisione familiare e di riposo. Sono lavoratori che, essendo al servizio degli altri, svolgono attività che sono immediatamente consumate e fruite dai consumatori e sono indispensabili a creare divertimento e momenti di svago nei giorni in cui la maggior parte della popolazione non lavora. Il lavoro domenicale e festivo nei parchi di divertimento, come in altri settori del terziario di consumo, come sottolineato da Fullin (2018), risulta dunque essere “una strutturale necessità”.
Considerando nello specifico i turni di lavoro di due figure professionali tipiche del mondo dei parchi di divertimento: gli operatori giostre (coloro che operano su un’attrazione meccanica) e i character (coloro che durante il turno di lavoro interpretano un personaggio di fantasia indossando un grande costume) emerge che lavorano sempre in orari cosiddetti “asociali” (alla domenica, durante le vacanze estive, nelle festività e al sabato sera) poiché differenti dal tradizionale orario di lavoro della fabbrica fordista (dal lunedì al venerdì, e talvolta il sabato mattina).
Dalle testimonianze dirette rilasciate da alcuni lavoratori nel corso di una ricerca sul campo, nell’ambito del mio lavoro di tesi di laurea, è emerso che questi turni di lavoro riducono notevolmente le possibilità per questi lavoratori di trascorrere del tempo con i propri familiari, gli amici e il partner nei canonici giorni del riposo.
A tal proposito è interessante fare riferimento all’esperienza di un lavoratore intervistato che ha citato gli orari di lavoro come uno degli aspetti più faticosi e meno piacevoli del suo lavoro, poiché i suoi giorni di non lavoro non coincidono mai con i giorni di riposo del partner.
Appare quindi una difficile, se non impossibile, conciliazione con il tempo libero di coloro che hanno orari di lavoro standard.
Dalle interviste raccolte, si potrebbe ipotizzare che tale impossibilità porterebbe i lavoratori a frequentare maggiormente i propri colleghi anche fuori dal contesto di lavoro, essendo i soli conoscenti con i quali condividono i giorni di riposo infrasettimanale.
Tali frequentazioni favoriscono da un lato la nascita di forti relazioni amicali e talvolta amorose all’interno del ristretto gruppo dei colleghi, mentre dall’altro lato riducono la cerchia sociale di appartenenza dei lavoratori.
Nonostante questo aspetto poco piacevole e faticoso dei turni di lavoro, i lavoratori intervistati hanno parlato di “abitudine al lavoro domenicale e al lavoro festivo” mettendone in luce gli aspetti positivi e le opportunità offerte da una corretta organizzazione dei turni e da un giusto periodo di preavviso e comunicazione degli orari di lavoro.
Tutti gli intervistati hanno fatto notare che, ricevendo i turni di lavoro con un preavviso di circa trenta/quaranta giorni hanno la possibilità di svolgere e organizzare buona parte delle commissioni e degli impegni extra-lavorativi e personali.
Dal momento che questi lavori sono svolti per lo più da giovani studenti universitari, neo-diplomati e donne, questi orari asociali permettono loro di frequentare le lezioni universitarie, occuparsi delle faccende domestiche e della cura dei figli.
Sembrerebbe, soprattutto dai racconti dei più giovani, che la domenica non sia più vissuta come il giorno di riposo per eccellenza, non è quindi diffusa la necessità del riposo domenicale e festivo ma ciò che ricercano è proprio una pianificazione stabile dei turni di lavoro che permetta loro di conciliare i tempi di vita e i tempi di lavoro.
I lavoratori considerati, avendo un sistema di pianificazione dei turni di lavoro mensile dichiarano di riuscire ad organizzare la propria vita e per tale motivo si sono spesso sentiti fortunati rispetto ai lavoratori del parco impiegati nel settore della ristorazione che, avendo contratti di lavoro a chiamata, non riescono a pianificare i propri impegni, dal momento che i turni di lavoro vengono comunicati settimanalmente o addirittura giornalmente.
Si può dunque ipotizzare che i lavoratori impiegati in settori nei quali il lavoro domenicale è intrinseco alla mansione stessa non vogliano semplicemente non lavorare la domenica, ma necessitino di maggiori tutele, maggiore comunicazione e organizzazione, maggiori attenzioni e riconoscimenti economici così da ottenere una migliore qualità del proprio lavoro che, come è noto, è data dall’unione di fattori oggettivi e soggettivi.
Stefania Negri
ADAPT Junior Fellow