Il lavoro notturno dopo il Jobs Act: un’occasione mancata per i lavoratori disabili?

Negli schemi dei decreti attuativi del Jobs Act il Governo, tra le altre cose, propone un intervento integrativo nell’ambito della disciplina del lavoro notturno nell’intento di tutelare anche i lavoratori genitori adottivi ed affidatari nel periodo successivo all’ingresso in famiglia del minore.

 

L’attuale disciplina[1] che i decreti attuativi dovranno integrare[2], prevede, esplicitamente e con chiarezza, che non debbano essere adibiti al lavoro notturno alcune specifiche categorie di lavoratori impegnati ad assolvere compiti di assistenza familiare ritenuti, giustamente, degni di tutela. E così la recente maternità e paternità come anche l’assistenza a familiari disabili sono condizioni che giustificano l’esonero dal faticoso lavoro in orario notturno, ma … negli schemi di decreto non v’è traccia di norme che semplificherebbero, e non di poco, la già dura vita dei lavoratori disabili, soprattutto di coloro i quali hanno avuto la sfortuna di diventare tali in corso di rapporto di lavoro.

 

Attualmente la normativa non prevede uno specifico esonero dal lavoro notturno per le persone con disabilità se non nei casi previsti per la generalità dei lavoratori come invece è previsto esplicitamente per i lavoratori che assistono familiari disabili. Questa differente attenzione del legislatore è spesso percepita dalle persone disabili come una vera e propria ingiusta discriminazione.

 

In realtà la tutela, per i lavoratori in condizioni di disabilità permanente o transitoria, esiste ma deve essere ricavata dalla normativa sull’orario di lavoro in combinato disposto con quella sulla sicurezza nei posti di lavoro e comunque richiede farraginosi accertamenti medici e conseguenti lungaggini burocratiche.

 

Un lavoratore, che, ad esempio, riceva una diagnosi di cancro o di un’altra patologia grave e che, a causa del suo stato di salute, venga riconosciuto invalido e portatore di handicap, per evitare di essere adibito a lavoro in orario notturno o, nel caso vi sia già addetto, per ottenere di essere assegnato a mansioni equivalenti in orario diurno, purché esistenti e disponibili, non ha altra possibilità se non quella di farne richiesta documentata al datore di lavoro.

 

Ma per ottenere l’esonero o il mutamento dell’orario notturno, il lavoratore è tenuto a presentare un certificato attestante la parziale e specifica inidoneità al lavoro notturno (d.lgs. n. 66/2003, l. n. 133/2008) ed il certificato sarà il risultato di un accertamento (ovvero dell’ennesima visita) effettuato dal medico competente o da una struttura sanitaria pubblica (organismi preposti al controllo delle condizioni di salute dei lavoratori nello svolgimento dei compiti di sorveglianza sanitaria in base alla normativa sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro d.lgs. n. 81/2008), cosa che richiede tempi e formalità ulteriori che, invece, potrebbe essere risparmiati al lavoratore già fin troppo impegnato a curare la propria grave malattia ampiamente documentata da svariati certificati medici e medico-legali. Senza considerare poi che la procedura per l’accertamento sanitario della inidoneità specifica e limitata solamente al lavoro notturno, è percepita dal lavoratore come rischiosa poiché la verifica medica potrebbe decretare anche la non idoneità lavorativa totale con la messa a riposo del dipendente o per incollocabilità ad altre mansioni o per inabilità totale.

 

Diversa la situazione per i lavoratori invalidi già all’atto dell’assunzione, poiché, salvo aggravamenti di salute in costanza di rapporto di lavoro, l’esonero dal lavoro notturno potrebbe essere richiesto o previsto ab initio.

 

È chiaro che la differente tutela in materia di orario di lavoro prevista per i lavoratori che svolgono il prezioso compito di assistenza ai propri familiari disabili rispetto alla disciplina che tutela questi ultimi è, almeno in parte, dovuta all’esigenza di tutelare esigenze diverse, di assistenza nel primo caso e di salvaguardia della salute nel secondo. Ma non di meno sarebbe auspicabile un’opera di semplificazione delle procedure nonché di chiarezza da parte del legislatore onde realizzare i principi di cura della persona e di certezza del diritto in uno Stato che voglia attuare reali e concrete politiche di Welfare.

 

Si potrebbe quindi prevedere, negli emanandi decreti attuativi del Jobs Act l’inserimento di norme che attribuiscano al lavoratore riconosciuto portatore di handicap in situazione di gravità, il diritto soggettivo di non essere adibito al lavoro in orario notturno o di ottenere il cambiamento di orario da notturno a diurno per esigenze legate allo stato di salute giustificando detta richiesta con la semplice documentazione del verbale di accertamento dell’handicap grave evitando in tal modo ulteriori, defatiganti quanto inutili, accertamenti medici relativi ad una condizione di salute già ampiamente valutata e documentata da altri professionisti della sanità.

 

[1] La normativa sul lavoro notturno è contenuta nei seguenti testi normativi: l. n. 903/1977 n. 903 (art. 5, comma 2), d.lgs. n. 151/2001 (art. 53 co. 3), d.lgs. n. 66/2003, (art. 11).

[2] Lo schema di decreto attuativo discusso presentato dopo il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio 2015 sembrerebbe prevedere la modifica solo dell’art. 53 d.lgs. n. 151/2001 e non anche quella dell’art. 11, d.lgs. n. 66/2003.

 

Elisabetta Iannelli

Segretario Generale FAVO – Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia

@EIannelli

 

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