In risposta alla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurgi e Odontoiatri, la Commissione per gli Interpelli istituita presso il Ministero del lavoro con gli Interpelli n. 27/2014 e 28/2014 del 31 dicembre 2014 (in Bollettino ordinario ADAPT, n. 1/2015) ribadisce, rispettivamente, il divieto per i medici assegnati ad uffici che svolgono attività di vigilanza di svolgere l’attività di medico competente, anche nel caso in cui l’Asl sia convenzionata con un datore di lavoro per l’esecuzione della sorveglianza sanitaria ai sensi dell’art. 39, comma 2, lettera a e l’obbligo da parte del datore di lavoro di garantire al medico competente le condizioni necessarie per svolgere i suoi compiti in autonomia.
La Federazione torna a interpellare la Commissione a distanza di qualche mese (Interpello n. 5/2014 del 27 marzo 2014) sul ruolo del medico competente, figura definita all’art. 2 del Testo Unico sulla Sicurezza e Sicurezza sul Lavoro a cui è attribuito un ruolo, anche in termini operativi, di grandissima importanza e rilevanza nello svolgimento di accertamenti e di attività di prevenzione primaria, affiancando da esperto sanitario e collaborando con il datore di lavoro all’interno della struttura aziendale.
Punto di partenza dell’analisi della Commissione è in entrambi i casi il quadro regolatorio delineato dall’art. 39 del d.lgs. n. 81/2008.
Nello specifico, nel rispondere al primo quesito ovvero se è possibile avvalersi delle prestazioni dei dipendenti delle Aziende sanitarie locali per l’attività di sorveglianza sanitaria e per altre attività del medico competente e se non esiste conflitto di interessi nell’esplicare tali attività, il Ministero richiama il contenuto dell’art. 39 comma 2 del medesimo decreto legislativo che prevede che il medico competente possa svolgere la sua funzione, oltre che in qualità di libero professionista e dipendente diretto del datore di lavoro, in qualità di dipendente o collaboratore di una struttura pubblica o privata convenzionata con il datore di lavoro.
Questo è sempre possibile purché il dipendente dell’Asl sia in possesso dei titoli e dei requisiti previsti dall’art. 38 dello stesso decreto legislativo e non sussistano condizioni di incompatibilità, quali l’assegnazione agli uffici che svolgono attività di vigilanza. In questo caso, come da indicazioni del comma 3 dell’art. 39, il dipendente dell’Asl non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di medico competente.
La seconda istanza presentata dalla Federazione scaturisce al contrario da alcune casistiche organizzative aziendali in cui il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione è il direttore e il medico competente, nell’esercizio della propria attività, risulta gerarchicamente, organicamente e funzionalmente subordinato.
Con la risposta al secondo Interpello n. 28/2014 la Commissione fornisce quindi indicazioni per la corretta interpretazione dell’autonomia del medico competente di cui al comma 4 dell’art. 39 del d.lgs. n. 81/2008, nei casi in cui risultano situazioni organizzative di Asl o di grandi aziende private dove il datore di lavoro subordina gerarchicamente e funzionalmente il medico competente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Il medico competente, a prescindere dalla natura del suo rapporto contrattuale di dipendenza, di
convenzione o altro, può ritrovarsi a operare all’interno di enti pubblici o organizzazioni private più complesse (enti pubblici, aziende di grandi dimensioni, multinazionali), nelle quali è tenuto a rapportarsi con altre figure del servizio di prevenzione e protezione, previste dalla normativa.
In questi contesti, la Commissione ribadisce che è opportuno inquadrare il corretto ruolo aziendale del medico competente e garantirne la necessaria autonomia.
Tale concetto è, peraltro, evidenziato nel d.lgs. n. 81/2008, al comma 4 dell’art. 39 («Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia») a sottolineare il requisito fondamentale dell’indipendenza, soprattutto intellettuale, del medico competente rispetto ad altre figure apicali interne all’organizzazione aziendale quale garanzia della tutela del benessere psico-fisico dei lavoratori.
A tal riguardo, è lo stesso datore di lavoro ad essere configurato dalla normativa quale soggetto garante dell’autonomia del medico competente.
La Commissione conclude che è lasciata ogni libertà di scelta organizzativa da parte del datore di lavoro e qualora vi sia coincidenza tra il ruolo di direttore della struttura e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, allora il medico competente incardinato in quella struttura sarà gerarchicamente subordinato per i soli aspetti che non rientrano nel suo incarico.
In conclusione, in un sistema che identifica con precisione il ruolo di ciascuno dei soggetti coinvolti nella gestione e organizzazione aziendale della sicurezza, il medico competente deve mettere le proprie conoscenze e le proprie autonome valutazioni al servizio di chi dovrà programmare gli interventi necessari ad aumentare il livello di tutela dei lavoratori senza però limitazioni e/o condizionamenti e senza che vi siano potenziali incompatibilità nel ruolo ricoperto.
Gabriella Viale
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
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Il medico competente: tra conflitti di interessi e autonomia