In controtendenza rispetto al trend complessivo, il settore dell’assistenza sociale e sanitaria ha continuato ad espandersi negli anni di picco della crisi e anche successivamente, sebbene ad un ritmo rallentato. Se in quasi tutti i comparti produttivi il tasso di occupazione segna un forte calo, le possibilità occupazionali del settore sanitario e socio-sanitario sono in crescita e, anzi, le previsioni indicano che ci sono i margini per un ulteriore aumento per rispondere ad una domanda crescente anche nei prossimi anni.
L’incremento di domanda di servizi socio-sanitari è strettamente correlato alla crescente speranza di vita delle persone, al conseguente invecchiamento della popolazione, all’aumento del numero di persone non autosufficienti e di persone, anche in età lavorativa, affette da patologie croniche e invalidanti di lunga durata. Meno evidente, ma sicuramente da non sottovalutare, la maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e la maggiore mobilità della forza lavoro che ha ridotto la disponibilità in termini di tempo da dedicare all’assistenza e alla cura familiare da parte di coloro che una volta fornivano un’assistenza informale (familiari, amici e altri parenti).
La tendenza è confermata da due recenti studi della Commissione Europea e dell’European Restructuring Monitor (ERM) di Eurofound, pubblicati rispettivamente a dicembre 2014 e marzo 2015 (Health and social services from an employment and economic perspective e ERM annual report 2014: Restructuring in the public sector) che mostrano, da una parte, l’importanza dei servizi sanitari e sociali per il sistema economico e sociale europeo e, dall’altra, forniscono una panoramica del processo di ristrutturazione del settore pubblico, esplorando i dati disponibili dall’inizio della crisi finanziaria al 2013.
A livello europeo, il settore dell’assistenza sanitaria e sociale ha avuto un andamento decisamente migliore rispetto al resto dell’economia con una crescita occupazionale costante. Nel 2013 il numero di lavoratori in questo settore si è attestato a 22,8 milioni (vale a dire il 10,7% del totale in tutti i settori) e nel periodo tra il 2008 e il 2013 sono stati creati 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro con differenze significative tra i diversi stati membri.
La crescita più alta di occupazione nel settore sanitario e sociale è stata registrata in Lussemburgo, Malta e Portogallo con percentuali che superano il 20%, mentre l’occupazione è scesa di oltre il 10% in Grecia, di circa il 4% in Lituania e in Bulgaria e in misura minore (meno del 2%) in Danimarca, in Svezia e nei Paesi Bassi.
Crescita occupazionale nel settore sanitario e sociale rispetto agli altri settori tra il 2008 e il 2013.
Fonte: Eurostat, LFS
Tra il 2008 e il 2013 nell’Unione Europea il numero di occupati totali nella fascia lavorativa (tra 15 e 64 anni) è sceso del 2,9%, determinando una distruzione netta di 6,3 milioni di posti di lavoro. Tuttavia, questi sviluppi non sono stati uniformi in tutti i settori. In particolare, nel periodo immediatamente successivo alla recessione del 2008, l’occupazione nel settore pubblico ha continuato a crescere, soprattutto nel settore della sanità e dell’istruzione, a differenza di quanto stava succedendo nel privato, contribuendo a sostenere la domanda nell’economia europea.
Le successive politiche di austerità e l’impellente necessità di risanare i bilanci degli stati, nonostante aumentasse la domanda di servizi, hanno quindi determinato il blocco delle assunzioni nel settore pubblico e una progressiva riduzione dei lavoratori pubblici a vantaggio di scelte di esternalizzazione dei servizi che hanno spostato in termini numerici il personale dal settore pubblico a quello privato. Si pensi, ad esempio, agli addetti dei centri di prenotazione, al personale che si occupa della gestione delle reti informatiche, dei centri di elaborazione dati e della gestione degli archivi, ai lavoratori delle mense o agli addetti alle pulizie, alla lavanderia e alla sicurezza che ora lavorano per subappaltatori privati negli ospedali pubblici: sono diventati dipendenti del settore privato sebbene facciano lo stesso lavoro che svolgevano dieci anni fa, quando venivano pagati direttamente dall’ospedale.
Ma se fino a qualche anno fa, i processi di outsourcing riguardavano esclusivamente le attività periferiche non cliniche (c.d. servizi no-core), delegando ai fornitori esterni la gestione di attività di routine considerate non strategiche, concentrando – di contro – le energie e le risorse su quelle aree in cui maggiore è il vantaggio competitivo (core business), nelle esperienze più recenti, l’esternalizzazione coinvolge anche i servizi inerenti l’assistenza sanitaria quali ad esempio i servizi diagnostici e specialistici (procedure e accertamenti radiologici, esami di laboratorio), l’assistenza a domicilio, i servizi ospedalieri (sterilizzazione, preparazioni farmaceutiche, distribuzione farmaci) e i servizi infermieristici.
Si è passati da una logica di outsourcing tradizionale, in cui l’obiettivo è il contenimento dei costi e la riduzione della complessità aziendale, ad una visione innovativa di medio-lungo periodo orientata alla ricerca di partners in grado di favorire l’innovazione strategica e forme di cooperazione interaziendale flessibili, snelle ed integrate.
Se si svolge lo sguardo al contesto italiano, a partire dagli anni ’90, il settore sanitario ha conosciuto una molteplicità di riforme e cambiamenti che hanno determinato una crescente specificità del settore rispetto ad altri. L’aziendalizzazione delle strutture sanitarie ha trasformato gli ospedali in aziende autonome, remunerate in funzione del numero e della complessità delle prestazioni rese, e ha portato a ripensare i presupposti organizzativi e le logiche lavorative al suo interno.
Il settore è stato pioniere nella sperimentazione di processi di privatizzazione del personale rispetto alla maggior parte degli altri comparti della pubblica amministrazione e ha proceduto a riformare il proprio sistema, adottando misure che cercassero di rendere compatibile la tutela del diritto alla salute con le logiche efficientistiche di mercato.
L’introduzione del paradigma aziendale ha messo gli operatori sanitari, medici e non, di fronte a nuove sfide. Sono stati chiamati a fare proprie logiche di lavoro differenti dal passato per coniugare la qualità delle prestazioni con la sostenibilità economica e con i maggiori vincoli posti dal sistema, per operare in un ambiente di lavoro più dinamico e multi professionale che deve adattarsi ad un contesto estremamente mutevole in cui la prevenzione, le cure primarie e l’integrazione socio-sanitaria rivestono un ruolo centrale.
Il comparto rimane un settore a crescente qualificazione professionale e labour intensive: difficilmente la tendenza – almeno nel breve periodo – subirà un’inversione come invece sta verificandosi in altri settori dove l’agire dell’uomo viene sostituito, più o meno gradatamente, dall’introduzione delle macchine.
Le aziende si trovano pertanto a dover gestire, dal punto organizzativo, un aumento dell’autonomia esercitata da parte di personale altamente qualificato, e la necessità di adottare strumenti in grado di aumentare la flessibilità dell’organizzazione. Le scelte organizzative vengono quindi sempre più spesso orientate verso il ricorso, nell’ambito del lavoro subordinato, al lavoro a tempo determinato e a tempo parziale e, al di fuori dell’area del lavoro subordinato, agli incarichi individuali, alla somministrazione di manodopera, oltre come si è visto alle esternalizzazioni.
Ma i nuovi contesti lavorativi creati si prestano – talvolta – ad usi distorti e presentano il rischio di cadere in forme di intermediazione di manodopera o di forniture di personale povere di contenuti organizzativi, incidendo a loro volta sulla motivazione e sulla qualità delle prestazioni del personale coinvolto e, conseguentemente, sul prodotto finale (la salute).
Un mercato del lavoro, quello delineato, in grande trasformazione che si caratterizza per un complesso modello organizzativo in cui i lavoratori giocano un ruolo fondamentale nella corretta ed efficace erogazione di una sanità che deve essere, sempre più, appropriata.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
@VialeGabry