Bollettino ADAPT 3 aprile 2023, n. 13
La Corte Costituzionale ha nei giorni scorsi prodotto una sentenza (n. 52/2003) con cui dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 del DL 13 agosto 2011, n. 138 convertito nella L 148/11 (contrattazione di prossimità e sua capacità di derogare a leggi e contratti nazionali), «nella parte in cui estende l’efficacia dei contratti aziendali o di prossimità a tutti i lavoratori interessati anche se non firmatari del contratto o appartenenti ad un Sindacato non firmatario del contratto collettivo», sollevate dalla Corte d’appello di Napoli in riferimento agli artt. 2 e 39, primo e quarto comma, della Costituzione, i quali tutelano la libertà di organizzazione sindacale.
In sintesi, la Consulta ha assunto questa decisione contestando la qualità dell’ordinanza di remissione perché povera di motivazioni, a partire dagli stessi presupposti di fatto e di diritto. Il contratto aziendale, del quale si voleva contestare l’applicazione anche ai lavoratori che non lo condividono, chiedendo l’incostituzionalità della efficacia erga omnes disposta dalla legge impugnata, non sarebbe in realtà un accordo “di prossimità” come qualificato da questa disciplina.
Per i contratti aziendali ordinari, la Corte ha ricordato la giurisprudenza costante che li considera avere una “tendenziale” efficacia generale (per tutti i lavoratori), “in ragione dell’esistenza di interessi collettivi della comunità di lavoro nell’azienda, i quali richiedono una disciplina unitaria, trovando un limite nell’espresso dissenso di lavoratori o associazioni sindacali; limite coessenziale alla riconducibilità anche di tali accordi, non diversamente da quelli nazionali o territoriali, a un sistema di contrattazione collettiva fondato su principi privatistici e sulla rappresentanza negoziale – non già legale o istituzionale – delle organizzazioni sindacali. L’accordo aziendale – come in generale il contratto – «ha forza di legge tra le parti» e la sua efficacia può essere estesa a terzi solo nei «casi previsti dalla legge» (art. 1372 del codice civile), come appunto dispone la L 148/11 per i contratti di prossimità.
La Consulta, peraltro, non si è limitata a bistrattare la Corte d’Appello di Napoli ma ha colto l’occasione per consolidare ulteriormente questa disciplina che ha trovato feroci opposizioni solo nel mondo virtuale della dottrina e più concrete disponibilità nel mondo reale delle relazioni collettive di lavoro. Gli accordi ex art. 8 si fanno più spesso di quanto si creda ma non si dicono. L’ipocrisia vuole che per favorirli non convenga la registrazione presso il Ministero del Lavoro. È certa giurisprudenza ha pensato di disturbarli richiedendo l’esplicito riferimento alla norma che li consente.
Ribadendo quanto stabilito nella sentenza n. 221 del 2012, i giudici della Corte hanno infatti richiamato i requisiti per gli accordi di prossimità: il criterio maggioritario nel consenso delle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale presenti in azienda (tenendo conto dell’accordo interconfederale del 2011), le materie regolate in coerenza con quelle indicate dalla legge (inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione), le finalità corrispondenti a quelle tassativamente elencate, il «carattere chiaramente eccezionale» e quindi transitorio degli accordi stessi.
Pertanto, se la Corte d’Appello di Napoli auspicava un ridimensionamento della efficacia degli accordi di prossimità, ha ottenuto l’effetto opposto. Parafrasando quanto fu scritto sui muri, l’art, 8 “è vivo e lotta insieme a noi”.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi