Bollettino ADAPT 8 marzo 2021, n. 9
Celebriamo nel 2021 la giornata dedicata alla donna constatando una ulteriore regressione della parità di genere nel mercato del lavoro e dello squilibrio demografico nella nazione. La crisi ha investito soprattutto l’economia dei servizi ove maggiore è l’occupazione femminile e i carichi familiari, indotti dalla didattica a distanza, hanno costretto molte donne alla “inattività”. Termine invero offensivo per chi dimostra, nella stessa pandemia, maggiore sensibilità alla prevenzione dei bisogni di salute del nucleo familiare e lavora senza sosta sostenendo anche i servizi socio-assistenziali attraverso la cura domiciliare delle persone non autosufficienti. Come ha autorevolmente osservato Michele Tiraboschi, dobbiamo rivedere la stessa definizione di lavoro conferendo visibilità e tutele alle attività rilevanti per la società anche se prive dello scambio con la remunerazione. È il caso dei (delle) caregivers ma anche della maternità e della prima cura dei figli. Quantomeno dovrebbero essere riconosciuti adeguati contributi previdenziali anche in assenza di un rapporto di lavoro.
Ovviamente, pur riconoscendo le inesorabili differenze di genere e auspicando una ripresa culturale della dimensione materna, rimane l’obiettivo di ridurre gli oneri familiari delle donne attraverso una loro migliore distribuzione con gli uomini e la disponibilità di servizi di cura. Una occupazione dignitosa e la carriera devono essere possibili per tutte coloro che le desiderano anche attraverso la conciliazione con il tempo di famiglia. Soprattutto l’agevole accesso alle conoscenze, alle competenze, alle abilità in termini quanto più mirati può garantire l’occupabilità.
In ogni caso, nelle condizioni date e considerato il prossimo esaurimento della sperimentazione di “quota 100”, sarebbe ragionevole differenziare la flessibilità pensionistica delle donne per le quali, quasi sempre anzianità contributiva e anagrafica coincidono a causa di quella discontinuità dei percorsi lavorativi che stiamo tuttora verificando. Non si tratta solo di mantenere la cosiddetta “opzione donna”, fortemente penalizzante la misura dell’assegno mensile, ma di introdurre una diversa età di pensione finché il mercato del lavoro conserva le attuali caratteristiche. Avere applicato la parità di genere solo alle regole previdenziali è stato un errore tipicamente ideologico. Frutto di ideologia borghese, ma pur sempre astrazione.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi