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Il tribunale di Torino ha rigettato il ricorso con cui alcuni operatori di una piattaforma digitale hanno richiesto di essere considerati lavoratori subordinati. Leggeremo le motivazioni della sentenza che probabilmente hanno considerato la qualificazione autonoma della prestazione in base alla possibilità di rifiutarla.
Al di là della valutazione formale, sempre più opinabile per la confusione crescente tra lavoro dipendente e indipendente, si pone il tema delle tutele di tutti i lavori a partire dall’equità del compenso e dai fondamentali profili della salute e sicurezza. In taluni casi si può infatti ritenere interesse degli stessi prestatori non essere irrigiditi nelle caratteristiche della subordinazione. Non solo molti preferiscono una attività flessibile per conciliarla con l’impegno prevalente nello studio o in un altro rapporto di lavoro ma può essere più generalmente conveniente che talune prestazioni rimangano collocate nella tradizionale dimensione del secondo lavoro per non dare luogo alla illusione che diventino la fonte di un reddito adeguato al mantenimento di sé e del proprio nucleo familiare.
L’equo compenso di queste attività non può quindi realizzarsi sulla base del tempo di lavoro ma deve collegarsi alla singola prestazione. Se ne è parlato nella fase conclusiva della scorsa legislatura quando è stata approvata una norma pasticciata perché costruita sugli avvocati nel rapporto con banche e assicurazioni. Sarà utile una definizione più certa dell’equo compenso tanto per le professioni ordinistiche quanto per la più ampia platea dei lavoratori indipendenti. Come hanno disposto alcuni disegni di legge, si potrebbe fare riferimento per gli ordinisti ai vigenti parametri del Ministero di Giustizia per la risoluzione dei contenziosi e per gli altri agli usi rilevabili dal Ministero per lo Sviluppo Economico attraverso le Camere di Commercio. Si tratterebbe peraltro solo di un pavimento sul quale edificare accordi economici collettivi tra le società titolari delle piattaforme digitali e associazioni o cooperative tra i prestatori ancorché autonomi. La contrattazione collettiva non è infatti esclusiva prerogativa dei lavoratori subordinati. Può essere lo strumento con cui definire non solo la remunerazione della singola prestazione ma anche benefit dedicati a ridurre i costi di attività e migliorare la qualità della vita del prestatore.
Il nodo della salute e sicurezza infine si propone in termini nuovi per molti lavoratori autonomi come per le stesse prestazioni di lavoro subordinato quando “agili”. Il committente o datore di lavoro non può infatti garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro in quanto mutevole e spesso liberamente scelto dal lavoratore. Ma proprio questa impossibilità può dare luogo ad una vera sorveglianza sanitaria periodica di tipo olistico e ad una più intensa formazione preventiva. Come al solito, si tratta di decidere se affidiamo il progresso del lavoro a soluzioni formalistiche o a percorsi sostanziali.
Maurizio Sacconi
Presidente Associazione Amici di Marco Biagi
@MaurizioSacconi