Bollettino ADAPT 21 marzo 2022, n. 11
Il lascito fondamentale di Marco Biagi è forse stata la normativa compresa nell’art.8 del DL 138 del 2011. Nonostante sia stata prodotta a quasi dieci anni dalla morte, ne si rinviene agevolmente la genesi nel file classificato con il nome dell’amata moglie Marina per nasconderlo ad eventuali occhi indiscreti del ministero del lavoro. Doveva essere il criterio di delega per lo Statuto dei Lavori, ovvero un corpo di norme inderogabili coincidente sostanzialmente con il diritto europeo del lavoro, mentre per tutto il resto si faceva rinvio alla contrattazione soprattutto di prossimità. Questa avrebbe potuto quindi differenziarsi dalle regole generali definite da leggi o contratti nazionali in funzione del reciproco adattamento delle parti contraenti per il perseguimento di obiettivi condivisi come l’incremento della occupazione di qualità.
Nella manovra estiva del 2011 il testo fu inserito per corrispondere ad una delle specifiche richieste della lettera al governo italiano sottoscritta da Draghi e Trichet con la quale si sollecitava la revisione della rigida disciplina dei licenziamenti. Si preferì in questo modo la via “moderata” di una delega alle rappresentanze aziendali o territoriali.
Negli anni molti sono stati gli accordi consentiti da questa disciplina anche se prevalentemente dedicati ad adattare tipologie contrattuali ibride, le modalità di impiego dei contratti a termine o di quelli per il lavoro intermittente, lo stesso art. 18 ripristinando la regolazione precedente a quella del job act. Lo stesso accordo sindacale dedicato ai riders inquadrati come lavoratori subordinati ha variamente modificato il contratto della logistica grazie all’art.8. Oggi, un uso ricorrente potrebbe essere dedicato alla classificazione e agli inquadramenti dei lavoratori in termini corrispondenti agli obiettivi di premialità degli incrementi professionali secondo le specifiche caratteristiche aziendali.
Per lo più sottoscritti da tutte le parti più rappresentative, tali accordi si sono rivelati sostenibili in sede giurisprudenziale e mai hanno determinato critiche o pentimenti. Potremmo perfino aggiungere che paradossalmente l’art.8 ha legittimato normative rigide come quelle sui contratti a termine inserite del decreto “dignità” perché ha consentito la valvola di sfogo di intese adattive a riconosciute esigenze aziendali. Non si comprende quindi il recente desiderio di abrogazione perché si tratterebbe di sottrarre alle parti un potere delegato alla libera contrattazione. Non a caso si opporrebbero certamente alcuni partiti della coalizione di maggioranza e la gran parte delle organizzazioni di rappresentanza. Draghi stesso come potrebbe condividere la soppressione di ciò che da presidente della BCE ha sollecitato e accettato?
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi