Bollettino ADAPT 8 novembre 2021, n. 39
Ci risiamo con le liberalizzazioni monche e asimmetriche. Il premier Draghi, sostenuto da collaboratori ideologizzati ma deboli con le pressioni sindacali, presenta un disegno di legge ricco di procedimenti come se la vera concorrenza si possa produrre per atti formali. Emblematiche sono le disposizioni che dovrebbero migliorare la mobilità dei cittadini. Da un lato si ipotizza l’apertura dei taxi alle piattaforme tecnologiche ma, dall’altro, manca il coraggio di sottoporre a vere gare competitive i servizi di trasporto pubblico locale su gomma in quanto non viene affrontata la vera causa del persistere delle vecchie e quasi sempre fallimentari gestioni. Si tratta di quella clausola sociale che impone a qualunque concorrente di una ipotetica gara di rispettare tutte le condizioni contrattuali determinate da contratti collettivi, così onerose da essere sopportabili solo da soggetti sostenuti dai bilanci pubblici.
La questione è nota da tempo e, nonostante pronunce delle authorities che la vorrebbero limitata dalle esigenze concorrenziali, la clausola sembra intoccabile. Eppure proprio il costo del lavoro è il fattore determinante per l’ingresso di newcomers capaci di proporre una maggiore efficienza nella organizzazione di questi servizi. Senza una specifica norma che superi l’orientamento della giurisprudenza amministrativa è lecita “la previsione nei bandi di gara del trasferimento senza soluzione di continuità di tutto il personale dipendente dal gestore uscente al subentrante, con l’esclusione dei dirigenti, applicando in ogni caso al personale il contratto collettivo nazionale di settore e il contratto di secondo livello o territoriale applicato dal gestore uscente”.
Di fronte a tanta retorica negli annunci, viene spontanea poi la tentazione di richiamare anche la liberalizzazione del mercato del lavoro per il quale questo governo ha rilanciato, al contrario, il ruolo esclusivo dei centri per l’impiego per alcune funzioni nonostante la storica incapacità di questi di rimuovere comportamenti autoreferenziali e approcci burocratici. Le buone pratiche di alcune Regioni, attraverso la cosiddetta “dote lavoro” quale strumento di libera scelta dei disoccupati, non vengono tenute in considerazione e si preferiscono programmi centralizzati tarati sulla offerta di percorsi formativi per una generica occupabilità.
Le asimmetrie non fanno un ambiente organicamente competitivo e tarato sui bisogni dei cittadini.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi