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Il mio canto libero – Dalla riforma del “reddito” nuove politiche di inclusione

Bollettino ADAPT 5 dicembre 2022, n. 42
 

La riforma (parziale) del reddito di cittadinanza avrà bisogno di due tempestive azioni complementari. La prima dovrà riguardare il necessario coinvolgimento dei comuni, e attraverso di essi del volontariato, per gestire in prossimità la povertà assoluta, quello stato di indigenza che richiede prima di tutto calore relazionale e talora impone di sostituire la prestazione monetaria con servizi in modo da non alimentare dipendenze. In prossimità, peraltro, emergono anche i falsi percettori che sfuggono al mero controllo cartolare.

 

La seconda azione dovrà invece consistere nella mobilitazione di molti intermediari per accompagnare i disoccupati ad un lavoro. L’esperienza italiana non ha mai offerto un adeguato servizio di collocamento “statale” per cui si potrebbe finalmente ipotizzare un sistema di operatori “pubblici” comprendendo nella definizione anche i soggetti autorizzati come agenzie, scuole superiori, università, enti bilaterali, corpi sociali. Il modello è rappresentato dal nostro sistema di istruzione ove operano in un regime concorrenziale scuole statali e non ma tutte “pubbliche”.

 

La definizione di intermediari di pubblico interesse dovrebbe renderli tutti destinatari di incentivi inversamente proporzionali al grado di occupabilità degli assistiti, consentire loro di accedere alle banche dati e di prendere in carico quote di percettori dei sussidi, impegnarli agli atti sostanziali di valutazione delle competenze e alle conseguenti attività formative in funzione della concreta domanda delle imprese o delle famiglie. Ogni insistenza su funzioni riservate ai centri per l’impiego corrisponderebbe solo a logiche autoreferenziali o ad astratti disegni ideologici, figli del vecchio monopolio del collocamento di Stato. Metterli in competizione e garantire ai dipendenti fondi premiali alimentati dagli incentivi, significherebbe invece riorientarli ai risultati in termini di occupati.

 

Per la prima volta nel dopoguerra il declino demografico morde concretamente l’offerta di lavoro e in particolare i lavori “servili” risultano spesso scoperti anche per la concorrenza con i sussidi. Il tasso di occupazione è arrivato al suo massimo storico ma rimane ancora lontano da quello degli altri Paesi europei. Anche se le aspettative sono incerte, sarebbe già importante soddisfare la domanda che c’è confidando in una ripresa del clima di fiducia favorita dalla stabilità politica.

 

L’osservazione della realtà, un approccio pragmatico, investimenti nelle abilità e competenze possono determinare anche nel tempo breve importanti effetti inclusivi, anche per persone adulte e di basse competenze.

Occorre “solo” il coraggio di cambiare.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

Il mio canto libero – Dalla riforma del “reddito” nuove politiche di inclusione