Bollettino ADAPT 15 novembre 2021, n. 40
In questo tempo della crisi del lavoro, in quanto da molti rifiutato avendone perso il senso, si evidenzia ancor più la discriminazione verso le donne e la loro dimensione materna. Molte compagnie multinazionali interpretano il diversity management come politica aziendale per l’inclusione dei più vari orientamenti sessuali. Cosa giusta, ma che diventa criticabile quando vi confondono, e così trascurano, lo specifico femminile. Tutte le rilevazioni segnalano le differenze di occupazione, di retribuzione e di carriera e a poco servirà una legge per imporne il superamento. Per ora l’unica parità certa corrisponde paradossalmente alla “coda” del problema ovvero alla pensione di vecchiaia, dimenticando che i diversi percorsi lavorativi (e contributivi) tra uomini e donne determinano per gli uni la pensione anticipata per anzianità contributiva e per le altre la necessaria attesa dei 67 anni. La stessa “opzione donna” funziona prevalentemente per lavoratrici del pubblico impiego con marito portatore di agio data la forte penalizzazione dovuta al metodo contributivo.
Nei parametri di sostenibilità assunti dalle imprese per concorrere al bene comune, tanto si esaltano quelli ambientali quanto si trascurano quelli riferibili alla ecologia umana. Eppure il declino demografico dovrebbe indurre a considerare il primato della sostenibilità della nostra specie. Basta stabilire quanto una comunità aziendale concorre, in proporzione, all’incremento della natalità.
Probabilmente tra le stesse donne cresce in questo contesto il rifiuto delle fatiche della maternità per cui, a maggior ragione, le imprese socialmente responsabili dovrebbero organizzare un clima favorevole alla procreazione a partire dalla offerta di opportunità di coinvolgimento anche nel periodo di pausa lavorativa imposta dalla legge. Oltre ovviamente alla provvista di servizi di cura.
La donna non deve sentirsi estranea e in termini di libera scelta deve poter accedere a tutte le informazioni inerenti al suo ambito professionale e l’impresa cui appartiene, fruendo poi di una formazione personalizzata e di percorsi di carriera giustificati dalla convinzione che con la maternità è diventa persona più compiuta.
Insomma le imprese, l’economia, la società si dovranno misurare innanzitutto con questo parametro inclusivo che, una volta affermato, trascinerà con sé una più generale attenzione a tutte le minoranze, a tutte le persone, in ogni fase della vita.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi