Bollettino ADAPT 11 luglio 2022, n. 27
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha convocato i tre maggiori sindacati martedì 12 luglio a Palazzo Chigi. Sul tavolo ci sarebbero le strategie per affrontare la crisi economica che sono state al centro del dibattito pubblico di questi mesi: il taglio del cuneo fiscale, i salari, la riforma del fisco, il caro bollette.
È invero uno strano modo di procedere in una situazione nella quale si combinano fattori emergenziali di carattere economico e sociale. L’incontro si svolge infatti con i soli sindacati (maggiori) e sui soli temi inerenti il disagio sociale con particolare attenzione al potere d’acquisto delle famiglie. E in questo contesto è quindi prevedibile (e comprensibile) una linea rivendicativa di spesa pubblica da parte delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori dipendenti.
Il governo ha invece l’esigenza di combinare la coesione sociale con il controllo del debito pubblico e dell’inflazione senza deprimere la crescita economica. La faticosa conciliazione di questi obiettivi diventa ancora più ardua nella fase pre-elettorale. Ne consegue il bisogno di un patto non limitato ai soli sindacati del lavoro subordinato ma coinvolgente anche le rappresentanze dei lavoratori autonomi e delle imprese tutte.
Il “tavolo largo” presso la presidenza del consiglio fu criticato per l’ampiezza dei partecipanti ma in realtà consentiva l’ascolto della multiforme realtà della nostra economia e dei mercati del lavoro, consentendo una paziente opera di cucitura e una finale chiamata a responsabilità di tutti i corpi sociali. Così Giuliano Amato portò l’insieme delle associazioni a sottoscrivere una manovra di ben centomila miliardi inevitabilmente contenente molte decisioni impopolari, dal prelievo sui conti correnti ai ticket sui farmaci, da un primo intervento correttivo sui conti previdenziali al maggiore controllo sulla finanza locale. In quel caso lo scambio fu largamente riferito al bene superiore della stabilità di finanza pubblica con sacrifici da parte di tutti gli attori coinvolti. In altri casi lo scambio è stato più specificamente riferito alla accettazione di riforme in cambio di migliori prospettive occupazionali. Ma sempre di trade-off si è trattato e non di mero contenimento delle richieste di un settore sociale. La fiducia nel ruolo dei corpi intermedi porta a valorizzare il dialogo sociale e gli eventuali accordi nella consapevolezza che anche i partiti li accetterebbero.
Problema nel problema è poi quello del salario minimo, agitato come illusione ottica per la soluzione dei bassi salari. Esso divide il governo, le due maggiori aree politiche e i principali soggetti sociali. E allora perché insistere? Per compiacere asimmetricamente un certo approccio ideologico? Perché sarebbe nel breviario europeo nonostante la recente direttiva non lo indichi affatto come unica soluzione?
Confidiamo che la Presidenza del Consiglio voglia insomma discutere di problemi veri come i modi con cui sostenere i salari senza fare inflazione. E di come chiedere il consenso sulle spese e… sulle relative coperture.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi