Bollettino ADAPT 13 dicembre 2021, n. 44
La CISL ha battuto un colpo. Con coraggio, il suo gruppo dirigente, dopo una fase “unitaria” segnata dalla firma del discutibile Patto della Fabbrica, ha respinto la ipotesi dello sciopero generale contro gli atti di governo lasciandola alle altre due confederazioni maggioritarie. Si tratta di una importante conferma del pluralismo sindacale che ha caratterizzato le relazioni di lavoro in Italia lungo tutto il dopoguerra. Per fortuna.
In ciascuno dei momenti in cui l’ideologia è parsa prevalere sulla concretezza dei comportamenti sindacali, la CISL ha saputo distinguersi. Per rimanere agli anni più recenti, il contrasto dell’inflazione a due cifre attraverso il controllo di tutti i redditi, il primo recepimento della direttiva europea di semplificazione dei contratti a termine, la legge Biagi, il salvataggio della Fiat e i suoi nuovi investimenti dopo la crisi non sarebbero stati atti compiuti senza il consenso autonomo della Cisl dato il veto posto irragionevolmente dalla Cgil. La controprova è consistita nel fatto che, a distanza di tempo, nessuno oggi ipotizza di correggere quelle decisioni che sono diventate patrimonio di tutti (o quasi tutti).
In questo caso la vicenda è diversa. Il Governo ha preso importanti decisioni in materia di previdenza, fisco, lavoro sulla base di un ascolto “debole” delle organizzazioni di rappresentanza, dei datori di lavoro come dei lavoratori. Tempi e modi più corretti avrebbero forse consentito di affinare meglio decisioni in materia di transizione previdenziale, reddito di cittadinanza, cuneo contributivo, famiglie numerose, politiche attive per il lavoro. Complice qualche consigliere autistico del premier e la distrazione dei partiti, tutte le organizzazioni, quale più quale meno, hanno avuto da ridire.
Ciò detto tuttavia, l’arma dello sciopero risulta manifestamente stonata nella fase di faticosa ripresa e di contestuale nuova ondata pandemica per cui il coro delle critiche ai suoi promotori è stato ampio. Sarebbe peraltro ben più complicata la situazione se la CISL non si fosse dissociata concorrendo in questo modo a rendere più evidente l’assurda decisione degli altri. Lo ricordi il presidente Draghi quando i suoi consiglieri gli chiederanno di rincorrere la Cgil o di insistere con il salario minimo e la regolazione del grado di rappresentatività perché in Europa “così fan tutti”. La ferma contrarietà della Cisl a quest’ultimo proposito muove dalla consapevolezza che in Italia si è affermata una forte tradizione sussidiaria in favore della contrattazione e che nei Paesi europei con salario minimo legale questo è collocato alla metà del corrispondente livello contrattuale. Se il governo volesse appoggiare la legge dei grillini si troverebbe sostenuto dalla sola Cgil e spaccherebbe a metà Parlamento e maggioranza.
Ne vale la pena?
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi