Bollettino ADAPT 26 giugno 2023, n. 24
In un mercato del lavoro segnato visibilmente dal declino demografico, si evidenzia ancor più la significativa esclusione delle donne.
Il tasso di occupazione femminile è del solo 51,1% (inferiore di 18 punti rispetto a quello degli uomini e di 13 alla media Ue) mentre il 31,7% delle donne lavora a orario ridotto, spesso involontariamente, contro il 7,7% degli uomini. Il gap retributivo è intorno all’11% con maggiore rilevanza nelle fasce di reddito elevate. La maternità è tuttora penalizzante perché le madri hanno una probabilità quasi doppia di perdere l’impiego nei due anni successivi alla nascita del figlio e a 15 anni dal parto le retribuzioni medie sono circa la metà rispetto alle donne senza figli (fonte Banca d’Italia).
La ripresa economica deve essere quindi sostenuta dal recupero di questo serbatoio di inattive, inoccupate, disoccupate, sottoccupate. L’inclusione delle donne diventa il parametro della efficienza di un mercato del lavoro nel quale sono insufficienti gli intermediari capaci di accompagnare chi vuole lavorare ad una occupazione mentre molte imprese sono rattrappite dalla difficoltà di reclutamento. È l’ora di una spallata alle tradizionali politiche attive che si sono rivelate autoreferenziali. Le stesse organizzazioni di rappresentanza possono fare molto se, superando vecchi pregiudizi, decidono di dedicarsi al collocamento attraverso i patronati o gli enti bilaterali. Le risorse del Pnrr e del fondo sociale dovrebbero rapidamente essere riorientate alla dotazione dei disoccupati di “voucher” con i quali remunerare l’Intermediario che li occupa.
Contemporaneamente le imprese, direttamente o attraverso la bilateralità, sono chiamate ad una autentica responsabilità sociale attraverso comportamenti e sussidi in favore della maternità affinché questa diventi più che compatibile con il lavoro, a partire dalla continuità di carriera. Anche i congedi parentali, certamente necessari, non omologano uomini e donne ma sono funzionali al ruolo comunque originale delle madri, soprattutto nei primi anni di vita dei figli. Così come l’impegno contro la violenza sulle donne non riduce quello contro ogni delitto contro la persona ma riconosce la oggettiva debolezza femminile e la presenza di atavici problemi maschili nei rapporti affettivi. E la stessa, doverosa, volontà di inclusione di tutte le diversità nei luoghi di lavoro non può significare annullamento in esse dello specifico femminile. Istituzioni, parti sociali, imprese hanno il dovere di riconoscere il primario obiettivo della uguaglianza di genere per la crescita dell’economia e della società.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi