Bollettino ADAPT 13 novembre 2023, n. 39
La trattativa sul nuovo patto di stabilità europeo appare sempre più orientata a considerare quale parametro fondamentale la sostenibilità di medio-lungo periodo del debito pubblico di ciascun Paese membro. Questo deve risultare in grado di reggere le possibili ulteriori crisi globali di carattere finanziario, pandemico, geopolitico. Vi concorrono diversi fattori quali l’andamento demografico e i riflessi sui modelli sociali, i tassi di occupazione, la produttività e, conseguentemente, la capacità di crescita.
L’Italia si trova svantaggiata a causa dei suoi livelli di natalità e di produttività. Ma non potrà evitare un piano con questi indicatori di riferimento perché l’alternativa sarebbe, con il veto, la conferma dei vecchi parametri su debito e disavanzo in rapporto al Pil. In fondo, i criteri della sostenibilità del debito coincidono con l’interesse della società italiana.
Il governo ha lodevolmente avviato una politica di favore per la procreazione e le famiglie numerose. Ma ci vorrà tempo per invertire una tendenza che è innanzitutto culturale. Molto utile, ad esempio, è stata nei giorni scorsi, la presentazione del patto con le principali grandi imprese per l’adozione di un codice di sostegno alla maternità garantendo alle madri aiuti materiali e continuità di carriera.
Più praticabile può invece essere, già nel breve periodo, una politica di forte promozione della crescita economica e occupazionale attraverso la maggiore produttività del lavoro come degli altri fattori. L’esecuzione dei programmi del PNRR sarà certamente un ausilio importante. Ma nel Paese del capitalismo popolare conteranno molto di più le riforme che liberano e scatenano la vitalità diffusa. Molte di queste sono già progettate. Basti pensare al provvedimento per la filiera formativa tecnologica professionale. O alle promesse in materia di giustizia giusta e come tale più certa e più celere. O, ancora, alla delega fiscale.
A questo punto tuttavia, dopo molti annunci, servono i fatti. In sé è per gli effetti indotti che determinano. Ancor più. Serve un clima di marcato favore per le imprese, per la loro innovazione tecnologica e organizzativa, per il bisogno di ricondurre i rapporti di lavoro ai risultati con un salto culturale prima ancora che normativo.
Il buon lavoro del Cnel sul salario minimo ha evidenziato un blocco sociale che non ha pregiudizi verso il governo ma che, proprio per questo, chiede di essere ascoltato. I corpi sociali non sono più quelli di una volta. Possono essere meno capaci di fare interdizione. Ma possono ancora essere capaci di fare cose buone come la contrattazione collettiva decentrata nei territori e nelle aziende.
Aiutiamoli.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi