Bollettino ADAPT 12 febbraio 2024, n. 6
Vale la pena riproporre alcune considerazioni sui recenti indirizzi della Cassazione (civile e penale) a proposito della sindacabilità, da parte del giudice, della retribuzione fissata dalle parti sociali nei contratti collettivi ogni volta che il salario previsto non viene ritenuto conforme ai parametri di proporzionalità e sufficienza di cui all’articolo 36 della Costituzione. Nessun datore di lavoro può quindi sentirsi in regola se rispetta il CCNL di riferimento. Come abbiamo visto, questa incertezza ha riguardato non tanto le imprese più deboli del mezzogiorno che inquadrano i lavoratori nei livelli minimi contrattuali ma soprattutto importanti società del nord ove può essere contestata la sproporzione di molti salari, non necessariamente minimi, con il costo della vita metropolitano.
In altri tempi avremmo visto riunirsi immediatamente le grandi confederazioni delle imprese e dei lavoratori per individuare i modi con cui tutelare l’autonomia collettiva, offrire certezze ai datori di lavoro e retribuzioni più adeguate alle fasce di lavoratori intrappolati in condizioni reddituali marginali. La cosa incredibile è stata invece la generale passività degli attori sociali. Alcuni, al più, hanno chiesto l’intervento del legislatore con un atto di evidente sfiducia verso la contrattazione e nella consapevolezza che anche un salario minimo codificato normativamente potrebbe non reggere al sindacato del giudice, soprattutto in un contesto ove i costi degli affitti, dei trasporti, del carrello della spesa sono più elevati.
Nemmeno di fronte a un indirizzo giurisprudenziale che tanto mette in discussione la nostra autorità salariale si apre un tavolo per ripensare il modello contrattuale. Qualcuno evidentemente sa che in quel giorno si dovrà finalmente riconoscere la necessità del decentramento territoriale e aziendale della contrattazione salariale perché i criteri dell’art.36 della Carta si devono confrontare con i nostri profondi divari economici e sociali. A questo esito, prima o poi ineluttabile, si oppongono le burocrazie centrali sindacali che temono la scomparsa del loro ruolo e gli ambienti ideologizzati che rimangono ancorati all’egualitarismo retributivo. Eppure i lavoratori della nuova dimensione tecnologica, ancor più quando svolgono funzioni servili, hanno bisogno di essere rappresentati e tutelati nei loro concreti bisogni immediati e nelle loro aspirazioni future da un complesso di strumenti che solo contratti adattivi consentono. E la gran parte delle imprese può affrontare le difficoltà del reclutamento e della motivazione dei loro collaboratori solo in un contesto di relazioni collettive prossime.
Nel frattempo, la tassazione agevolata al 5% delle componenti retributive decise in azienda rimane ancorata a complessi requisiti di incrementalità dei livelli di produttività che le dovrebbero giustificare. Ancora nessuno degli attori sociali chiede il ritorno alla norma automatica del 2008 che detassava (al 10%) straordinari, indennità da lavoro notturno, premi o indennità non solo aziendali ma anche territoriali. Eppure, allora, tutti la condividevano e la utilizzavano con vantaggio per i lavoratori e per le imprese.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi