Bollettino ADAPT 25 ottobre 2021, n. 37
Il nostro fragile sistema politico, tutto costruito attorno a schieramenti che confliggono inseguendo le emozioni del presente (e del lontano passato), si avvicina al bivio dell’elezione del Presidente della Repubblica. Una carica cui il nostro sistema costituzionale attribuisce pochi poteri diretti e che potrebbe tuttavia essere ricoperta da una personalità di autentico equilibrio, di alto indirizzo e internazionalmente riconosciuta. Senza vinti né vincitori. Una scelta che i grandi elettori potrebbero compiere se prevale la visione di un forte rinnovamento istituzionale concludendo la legislatura con una riforma della legge elettorale e del nostro assetto democratico utile a rigenerare tutti i partiti.
Da troppo tempo il voto dei più si risolve “contro” i temuti avversari più che “per” i principi e i programmi dei propri rappresentanti. Il crollo progressivo della partecipazione al voto ne è testimonianza. Un regime proporzionale potrebbe incoraggiare invece soggetti politici identitari la cui chiarezza programmatica costituirebbe la premessa – e non un freno – per trasparenti compromessi. Consideriamo le stesse politiche per il lavoro e per un sostenibile modello sociale. Da tempo tutte le parti appaiono timorose di declinare troppo in dettaglio i propri progetti come se avere convinzioni forti possa ridurre i margini di manovra. Eppure il mondo sta cambiando straordinariamente e si ipotizzano transizioni ambiziose che dovrebbero imporre il superamento delle vecchie rigidità. Vent’anni or sono Marco Biagi ipotizzava il passaggio a politiche attive di empowerment delle persone attraverso l’accesso a conoscenze teoriche e pratiche puntualmente contraddette dalla propensione a difendere l’esistente.
Non esiste condizionalità dei sussidi che possa funzionare in un tale contesto di paura del passaggio a nuovi lavori. Basti pensare al blocco insistito dei licenziamenti unanimemente voluto. O a tutto ciò che concorre a modelli di welfare fondati sulla speranza di poter sopravvivere nella inattività. Si tratta di riscoprire quella diffusa vitalità e cultura del rischio che hanno fatto grande questa nazione dopo le macerie della guerra e della dittatura. Senza per questo indulgere a ideologie mercataste non meno astratte di quelle stataliste. Occorre un punto di ripartenza, un chiodo emblematico cui appendere una stagione di proposte competitive nel segno di quella società attiva cui si riferiva il Libro Bianco del 2001 sul mercato del lavoro.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi