Il mio canto libero – Reddito di cittadinanza e altri sussidi: riforma a tre pilastri

Bollettino ADAPT 18 ottobre 2021, n. 36

Gli ulteriori 200 milioni stanziati dal governo nel decreto fiscale solo per coprire fino a dicembre il reddito di cittadinanza hanno formalmente aperto la discussione sul futuro di questo strumento nella prossima legge di bilancio. Iniquo, costoso, ambiguo, disincentivante il lavoro secondo i detrattori, avrebbe invece “cancellato la povertà” secondo i difensori. Non vi è dubbio che l’Italia era in precedenza priva di un sussidio dedicato alle persone in condizione di forte esclusione sociale. In un periodo di finanza pubblica limitata dai timori della crisi di liquidità era stata avviata la social card a carattere sussidiario, ovvero sostenuta da iniziative caritatevoli, come erano state tentate sperimentazioni di ben scarso successo.

Il contemporaneo riordino di tutte le forme di integrazione del reddito dovrebbe dare luogo a una semplice impostazione su tre pilastri. Innanzitutto, una indennità di disoccupazione decrescente per tutti coloro che, dipendenti e autonomi, sono senza lavoro con la condizionalità e incentivi funzionali ad una occupazione. Si potrebbero comprendere in questo ambito anche erogazioni parziali per il rabbocco del reddito da un lavoro povero perché involontariamente di modesta entità temporale o densità professionale. Quindi una cassa integrazione flessibile per coloro che, ancorché inattivi, sembrano destinati a conservare il rapporto di lavoro date le possibilità di ripresa dopo una fase di crisi o un cambio di proprietà. Le politiche attive dovrebbero dedicarsi ai percettori di questi due sostegni accompagnando ad una nuova prestazione lavorativa con la riqualificazione professionale richiesta dal datore di lavoro o convertendo le competenze in relazione alle mutazioni intervenienti nel tradizionale rapporto di lavoro. In ogni caso sono le aziende a indicare i fabbisogni mentre non ha senso una formazione per mestieri standard a prescindere dalle richieste di possibili datori di lavoro.

Da ultimo, il reddito di cittadinanza si dovrebbe ridisegnare in conseguenza. Strumento per l’uscita da uno stato di forte disagio e di povertà assoluta che l’Istat vuole diversa nei territori in relazione al differente costo della vita. Non sempre può essere utile la erogazione monetaria perché nei casi di dipendenza da alcol o droghe come di malattie neurodegenerative sono al contrario necessari servizi reali di prossimità o il pagamento di bisogni essenziali come affitti o bollette. Si tratta quindi di persone per le quali il lavoro non è allo stato la risposta al degrado ma che potrebbero poi rientrare nel mercato e disporre della indennità di disoccupazione. In questo caso le politiche attive non c’entrano proprio perché sono più appropriate forme di assistenza sociale cui deve essere delegata la presa in carico.

Organizziamoci quindi in modo da promuovere una società attiva anziché scoraggiarla con sussidi dello Stato alla inattività.

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

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