Il mio canto libero – Torna la violenza verbale nelle vicende del lavoro. Ma le parole sono spesso diventate pietre…

Bollettino ADAPT 21 settembre 2020, n. 34

 

Ci risiamo. È stato sufficiente un atteggiamento culturalmente aperto verso i riders che vogliono rimanere “collaboratori” e non diventare lavoratori subordinati per scatenare la ennesima fatwa nella rete. Michele Tiraboschi, Pietro Ichino, io stesso in relazione a norme vigenti di cui sono stato promotore, veniamo indicati come fautori dello sfruttamento del lavoro secondo opinioni sommarie. Proprio come capitò a Giugni, Tarantelli, Biagi e non solo.

 

La prima operazione ideologica è consistita nella mitizzazione dei nuovi fattorini assunti a simbolo del lavoro povero e abusato. Non hanno soccorso né i numeri contenuti di questo fenomeno, né le analisi sociologiche sulle caratteristiche prevalenti di questa platea. La seconda si è realizzata con la criminalizzazione di norme di legge che consentono di superare disposizioni centralizzate ed egualitarie (l’art.2 del dlgs 81/15 sugli accordi per i collaboratori di uno specifico settore e l’art.8 del dl 138/11 sugli accordi aziendali) dimenticando che sono state utilizzate in molte occasioni da uno o più dei sindacati confederali per soluzioni adattive in concrete circostanze particolari. La terza ha dato luogo ad una immediata e (verbalmente) violenta contestazione del primo accordo collettivo di settore definendolo “pirata”.

 

Una associazione nota da tempo, che riunisce effettivamente molti riders e ha tenuto assemblee in più città, ha aderito alla Ugl e, assistita da questa confederazione, ha sottoscritto un accordo collettivo con Assodelivery che riunisce (quasi) tutte le aziende di consegna pasti a domicilio. Secondo la critica prevalente le aziende avrebbero dovuto considerare i fattorini come lavoratori subordinati e applicare il contratto della logistica in quanto affine nonostante lo stesso ministero avesse auspicato uno specifico contratto. La tesi della difesa è che nessuna delle aziende è iscritta alle associazioni firmatarie della logistica e che la prestazione avrebbe caratteristiche obiettivamente autonome come rilevato a suo tempo dall’ispettorato del lavoro (possibilità di iscriversi a più piattaforme e di rifiutare la chiamata). Il sindacato firmatario contesta poi alle organizzazioni confederali maggiori di non avere numeri significativi di iscritti nel perimetro di settore individuato dalla norma di legge.

 

Un accordo sarebbe infine piratesco se peggiorasse le condizioni in essere dei lavoratori mentre i firmatari sostengono che retribuzione e tutele sono manifestamente migliorative. Ecco quindi le verifiche da compiere senza pregiudizi: rappresentatività degli attori sociali nell’ambito individuato, caratteristiche della prestazione, contenuti dell’accordo. In un mondo del lavoro sempre più complesso, occorre spirito critico e rifiuto di ogni posizione precostituita se si vogliono produrre più lavori, migliori lavori. E nel gioco tra le organizzazioni rappresentative, non solo la costituzione afferma la libertà sindacale ma il buon senso consiglia di evitare rendite di posizione. Da leggi o anche solo opinioni sommariamente e minacciosamente affermate. Se poi sono possibili soluzioni fondate su un più largo consenso, tanto meglio.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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