Il nuovo regolamento del MUR sui dottorati: dalla formazione per la ricerca alla capacità innovativa

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Bollettino ADAPT 10 gennaio 2022, n. 1
 
Con il Decreto Ministeriale n. 226/2021 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre 2021, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha introdotto il nuovo “Regolamento recante modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e criteri per la istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati”, andando così a sostituire il D.M. n. 45/2013 e chiedendo alle Università di adeguare entro 60 giorni i propri regolamenti di dottorato. Pur essendo esclusi esplicitamente nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e senza volersi soffermare sul tema della competitività dell’importo della borsa di studio italiana rispetto agli standard europei – sulla quale è intervenuta la Legge Finanziaria 2022 mediante lo stanziamento di fondi per l’adeguamento dell’importo al minimale contributivo INPS – , il nuovo regolamento rappresenta un significativo passo avanti del nostro Paese verso una piena valorizzazione del dottorato quale strumento importante per lo svolgimento di attività di ricerca di alta qualificazione e di innovazione nei contesti sociali e di lavoro. Esso, fin dalle premesse, richiama alcuni documenti chiave che fissano obiettivi per i quali si sono rese necessarie le modifiche introdotte; in particolare, i richiamati “Principles for Innovative Doctoral Training”, adottati il 26 giugno 2011 dallo “Steering Group on Human Resources and Mobility” nell’ambito dello Spazio Europeo della Ricerca, rappresentano un punto di riferimento comune agli Stati membri per una formazione dottorale di qualità e aperta al mondo del lavoro. Tali principi si pongono l’obiettivo di raggiungere l’eccellenza nella ricerca: “the new academic generation should be trained to become creative, critical and autonomous intellectual risk takers, pushing the boudaries of frontier research”. Ambienti istituzionali attrattivi, interdisciplinarità, apertura all’industria e ad altri rilevanti settori occupazionali e formazione di competenze spendibili in diversi contesti rappresentano soltanto alcuni dei principi fissati dal documento approvato in sede di Commissione Europea e ai quali il nuovo regolamento sui dottorati di ricerca vuole rispondere con più decisione rispetto all’ultimo intervento normativo avvenuto nel 2013.
 
Come specificato nelle premesse, esso rappresenta l’attuazione della Riforma 4.1 della Missione 4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che senza dubbio trova ispirazione a sua volta nei Principi per una formazione dottorale innovativa appena menzionati. Il PNRR affronta il tema in oggetto a partire dal riconoscimento di criticità legate agli esiti dei percorsi di dottorato in Italia: tra il 2008 e il 2019, infatti, si è registrata una riduzione del 40% dei percorsi di dottorato, a fronte di numeri già esigui e inferiori alla media UE, senza dimenticare che quasi il 20% di completa un dottorato di ricerca in Italia si trasferisce all’estero e che il nostro Paese debba ancora colmare un gap per quanto riguarda la spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al PIL (1,4% contro una media OCSE del 2,4%, e 0,9% nel settore privato contro l’1,7% della media OCSE) e il basso numero di ricercatori (2,3% per persone attive occupate dalle imprese contro il 4,3% in UE). La “Riforma dei dottorati”, unitamente alla previsione di circa 400 milioni di euro per l’estensione del numero di dottorati (tra cui quelli per la PA e per il patrimonio culturale) e di 600 milioni di euro per l’introduzione di dottorati innovativi che rispondano ai fabbisogni delle imprese e che promuovano l’assunzione di ricercatori, ha previsto tra gli obiettivi l’aggiornamento della disciplina dei dottorati aprendo al coinvolgimento di soggetti esterni all’Università e alla valorizzazione di percorsi finalizzati alla carriera non accademica.
 
Il D.M. n. 226/2021, rispettando le tempistiche previste dal PNRR, apre così ad una nuova concezione di dottorato di ricerca, e tale nuova fase trova fin dal primo articolo del nuovo regolamento importanti precisazioni sugli obiettivi di tali percorsi, segnando così una differenza notevole rispetto al precedente D.M. n. 45/2013 che anteponeva l’ambito di applicazione alle finalità. In particolare, fin dal primo comma le nuove previsioni specificano come il dottorato possa fornire le competenze necessarie “anche ai fini dell’accesso alle carriere nelle pubbliche amministrazioni e dell’integrazione di percorsi professionali di elevata innovatività”. Non solo: l’articolo 1, oltre a ribadire i Principi per una formazione dottorale innovativa, specifica le possibilità che offre una formazione dottorale, tra cui realizzare in autonomia programmi di ricerca o di innovazione, condurre analisi critiche o valutazioni di idee e processi nei contesti di lavoro, contribuire al perseguimento degli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile individuati dall’ONU e contribuire alla realizzazione dello Spazio Europeo della ricerca e dell’istruzione superiore. Il regolamento pone l’accento sull’importanza della formazione dottorale quale formazione per la ricerca e quale chiave per il raggiungimento di una certa autonomia scientifica e di quella capacità innovativa strategica per l’intero sistema Paese: il bisogno di innovazione, infatti, trova ora un riconoscimento ancora più forte in quelle disposizioni che, sulla scia delle indicazioni della Commissione Europea, valorizzano carriere diverse da quella accademica e auspicano di trovare in esse una piena realizzazione delle aspirazioni dei singoli e, al tempo stesso, una leva per il cambiamento nel settore industriale e nella pubblica amministrazione.
 
Tale obiettivo trova un significativo riscontro nell’articolo 3 del D.M. n. 226/2021, il quale semplifica il coinvolgimento di soggetti esterni alle università e apre alla possibilità per quest’ultime di richiedere l’accreditamento dei corsi di dottorato anche in forma associata, mediante la stipula di convenzioni o la costituzione di consorzi che possono essere sede amministrativa dei corsi. Se il precedente regolamento limitava la possibilità di essere sede amministrativa del corso alle sole università, ora sarà possibile che enti di ricerca pubblici o privati, piuttosto che imprese (anche estere) che svolgono una qualificata attività di ricerca e sviluppo trovino un formale riconoscimento nella costituzione di consorzi, aprendo così ad una più ampia sinergia tra i soggetti coinvolti e a percorsi ancora più focalizzati su ricerca e sviluppo in contesti non accademici. Ai fini di una miglior accessibilità di imprese e istituzioni ai corsi di dottorato, l’articolo 4 del nuovo regolamento ha semplificato anche i requisiti per l’accreditamento, abbassando a 12 il numero minimo di componenti del collegio docenti – tenendo conto ove possibile dell’equilibrio di genere – e abbassando da 6 a 4 il numero medio di borse di studio per ciascun ciclo attivato, escludendo dal computo le borse assegnate ai dottorati attivati in convenzione o in consorzio. Il D.M. n. 226/2021 interviene ampliando i requisiti necessari per l’accreditamento, ai quali debbono sottostare anche i dottorati attivati con convenzioni o consorzi (per i quali, peraltro, è venuto meno il numero massimo di istituzioni universitarie e di ricerca consorziabili): in particolare, il regolamento richiede strutture operative e scientifiche per lo svolgimento delle attività di studio o ricerca che siano adeguate al numero di borse di studio previste, svolgimento di attività di ricerca avanzata e attività di alta formazione – anche di tipo seminariale – ovvero svolte all’interno di laboratori o infrastrutture di ricerca di livello e interesse europeo e, infine, si richiede un sistema di assicurazione della qualità della progettazione e della gestione della formazione dottorale conforme agli Standard per l’assicurazione della qualità nello Spazio europeo dell’istruzione superiore (EHEA) secondo le indicazioni dell’ANVUR.
 
Altre significative novità nella disciplina del dottorato di ricerca si trovano nei successivi articoli del D.M. n. 226/2021 a partire dall’articolo 6, che esplicita l’assegnazione al dottorando di un supervisore e di uno o più co-supervisori (di cui uno almeno di provenienza accademica), e dall’articolo 8 – “Modalità di accesso ai corsi di dottorato e di conseguimento del titolo” -, il quale apre alla possibilità di più selezioni pubbliche nel corso dello stesso anno e disciplina, ai commi 6, 7 e 8, le ipotesi di proroga e sospensione del dottorato. In particolare, il comma 6 consente la possibilità di proroga fino a 12 mesi senza ulteriori oneri finanziari in caso di motivi che non consentano la presentazione della tesi di dottorato nei tempi previsti dalla durata del corso, il comma 7 – che richiede un recepimento da parte dei regolamenti di ateneo – prevede la possibilità di proroga fino a 12 mesi con corrispondente estensione della borsa di studio per via di motivate esigenze scientifiche, mentre il comma 8 consente la possibilità di sospendere il corso di dottorato per 6 mesi in caso di comprovati motivi di legge o previsti dal regolamento di dottorato. Per quanto riguarda la valutazione e la discussione della tesi di dottorato, invece, i commi 11 e 12 del medesimo articolo hanno modificato il precedente regolamento nella parte in cui prevedono che tra i valutatori ci debba essere almeno un docente universitario (nel D.M. n. 45/2013 si richiedevano “almeno due docenti di elevata qualificazione) e nella disposizione che richiede, ai fini della composizione della commissione di valutazione, che essa sia composta per almeno due terzi da soggetti non appartenenti alla sede amministrativa del corso e per non più di un terzo da componenti appartenenti ai soggetti partecipanti al dottorato. Anche da tali previsioni, risulta evidente come il nuovo regolamento incentivi sempre più alla stipula di convenzioni o alla costituzione di consorzi con enti di ricerca o imprese che svolgono qualificata attività di ricerca e sviluppo, agevolando il percorso del dottorando e la collaborazione interistituzionale. Anche l’articolo 9 – “Borse di studio” – introduce due rilevanti novità: esso, infatti, limita la possibilità di bandire posti di dottorato senza borsa nel limite di un posto ogni tre con borsa ed estende il budget per lo svolgimento di attività di ricerca in Italia e all’estero a ogni dottorando fin dal primo anno, considerando anche le previsioni di cui all’articolo 12, comma 2 del D.M. n. 226/2021: “Per  ciascun dottorando è ordinariamente previsto lo svolgimento di attività di ricerca e formazione, coerenti con il progetto di dottorato, presso istituzioni di elevata qualificazione all’estero”.
 
Infine, il nuovo regolamento disciplina tre differenti tipologie di dottorato: dottorato industriale (art. 10), dottorati di interesse nazionale (art. 11) e corsi di dottorato di ricerca dell’Alta formazione artistica musicale e coreutica (art. 15, il quale rimanda ad un decreto del Ministro per le modalità di accreditamento), nonché apre alla possibilità per gli specializzandi di medicina di frequentare congiuntamente un corso di dottorato sulla base di un regolamento di ateneo (art. 7). Per quanto riguarda il dottorato industriale, il D.M. n. 226/2021 ammette la possibilità che, in sede di accreditamento, sia richiesta la qualificazione di “dottorato industriale” anche come parte della denominazione, guardando a quei corsi attivati sulla base di convenzioni o consorzi. Il regolamento fissa anche i contenuti delle convenzioni per l’attivazione di un dottorato industriale, promuovendo il trasferimento tecnologico e lo sviluppo dei risultati dell’attività di ricerca da parte delle imprese convenzionate, e richiede che le tematiche di tali dottorati riconoscano particolare rilievo alla promozione dello sviluppo economico e del sistema produttivo, facilitando la progettazione congiunta in relazione alle tematiche della ricerca e alle attività dei dottorandi. Inoltre, l’articolo 10 richiede che i bandi per l’ammissione al dottorato industriale indichino specifici requisiti per lo svolgimento di attività di ricerca, quali interdisciplinarità, adesione a reti internazionali e intersettorialità, e dedichino una quota dei posti disponibili ai dipendenti delle imprese o degli enti convenzionati impegnati in attività di elevata qualificazione, ammessi al dottorato a seguito del superamento della relativa selezione.
 
Per quanto riguarda, invece, i dottorati di interesse nazionale, direttamente previsti dal PNRR, il regolamento fornisce requisiti piuttosto precisi: tali corsi, anzitutto, dovranno contribuire in modo comprovato al progresso della ricerca anche attraverso il raggiungimento di obiettivi specifici delle aree prioritarie di intervento del PNRR. Inoltre, essi dovranno prevedere, già in fase di accreditamento, la stipula di convenzioni o la costituzione di consorzi fra più Università, nonché con istituzioni di ricerca di alta qualificazione, richiedendo il coordinamento e la progettazione congiunta di attività di ricerca tra almeno una Università e quattro altri soggetti convenzionabili o consorziabili. Infine, l’ulteriore requisito richiesto dal regolamento riguarda il numero minimo di borse di studio, pari a 30, fermo restando un cofinanziamento ministeriale in misura pari al 20% dell’importo della borsa. Per quanto riguarda le modalità di adesione a tale dottorato, la commissione dovrà comunque attenersi ai requisiti dell’articolo 8 e dovrà essere formata in modo da assicurare la partecipazione di componenti stranieri o esterni ai soggetti convenzionati.
 
In conclusione, il D.M. n. 226/2021 segna una rinnovata attenzione del Ministero dell’Università e della Ricerca verso percorsi di dottorato innovativi e aperti ad una piena collaborazione con il mondo extrauniversitario anche al fine della costruzione di profili professionali e carriere slegate dall’accademia e, al tempo stesso, necessarie per generare innovazione a partire dalla qualità di una formazione per la ricerca in grado di pervenire a quella autonomia scientifica che gli stessi “Principles for Innovative Doctoral Training” riconoscono nella creatività per divenire “critical and autonomous risk takers”. Il nuovo regolamento, sulla scia delle indicazioni della Commissione Europea e nella consapevolezza del ruolo degli Stati membri nella costruzione della Spazio Europeo della Ricerca, apre ad un riconoscimento del ruolo chiave dei dottorandi e dei dottori di ricerca per la costruzione di ponti tra università e contesti lavorativi. Ora spetterà alle Università – che dovranno recepire il D.M. n. 226/2021 nei regolamenti di ateneo –, alle imprese, alla pubblica amministrazione e agli enti di ricerca pubblici e privati attuare tali previsioni per dare concretezza alla Missione 4 del PNRR e per non lasciare che le possibilità offerte dal nuovo regolamento restino a beneficio di quei pochi che scommettono su giovani ricercatori per formare i progettisti del domani.
 

Lorenzo Citterio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@CitterioLorenzo

Il nuovo regolamento del MUR sui dottorati: dalla formazione per la ricerca alla capacità innovativa
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