Il PNRR e le politiche per il lavoro: intercettare il futuro del lavoro in continuo mutamento

ADAPT - Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro
Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui
Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 26 aprile 2021, n. 16

 

In linea con quanto previsto dal Green New Deal e dal Regolamento 241/2020 (RRF), il PNRR è destinato primariamente ad incentivare e stimolare una transizione equa e giusta verso un’economia sostenibile, sempre più vicina all’obiettivo di neutralità climatica del sistema economico italiano.

Il Piano è inoltre orientato in modo trasversale alla lotta alle diseguaglianze: in termini di parità di genere, di protezione e valorizzazione dei giovani e di superamento dei divari territoriali.

Un ruolo fondamentale nel perseguimento di questi obiettivi trasversali è svolto dalla Missione 5 del Piano (inclusione e coesione) alla quale, complessivamente, sono riservati 19,91 miliardi di cui 6,66 miliardi alla Componente 1 “Politiche per il lavoro”, 11,17 miliardi alla Componente 2 “infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” e 1,98 miliardi alla Componente 3 “interventi speciali per la coesione territoriale”.

 

Il PNRR sottolinea la centralità delle misure previste da questa Missione (in particolar modo di quelle previste dalla prima Componente) “per accompagnare la modernizzazione del sistema economico del Paese e la transizione verso un’economia sostenibile e digitale” e, nel descriverne gli obiettivi, sembra preoccuparsi degli scarsi investimenti passati nel campo delle competenze.

Difatti, proprio al fine di porre rimedio alla scarsa attenzione passata verso il tema della formazione, delle competenze e delle politiche attive del lavoro, la Componente “Politiche per il lavoro” della Missione 5 sarà destinata primariamente ad: aumentare il tasso di occupazione, facilitando le transizioni lavorative e dotando le persone di formazione adeguata; ridurre il mismatch di competenze; aumentare quantità e qualità dei programmi di formazione continua degli occupati e dei disoccupati. A tal fine sono previste 2 riforme: una delle Politiche attive del Lavoro e Formazione e un’altra (a costo zero) di contrasto al lavoro sommerso. Oltre alle riforme sono previsti 5 misure diverse di investimento: il potenziamento dei Centri per l’Impiego; incentivi alla creazione di impresa femminile; la creazione di un sistema di certificazione della parità di genere; il potenziamento del sistema duale; il potenziamento del servizio civile universale.

 

Riforma 1.1: Politiche attive del Lavoro e Formazione

 

Il sistema delle politiche attive del mercato del lavoro in Italia, come riportato dalle istituzioni europee (Semestre europeo 2020: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011{COM(2020)150final}), è affetto da molte criticità: scarsa integrazione e coordinamento con altre politiche correlate (ad esempio i servizi sociali, l’apprendimento degli adulti e la formazione professionale); scarso coordinamento tra il sistema centrale e quello locale; scarsa capacità di collocamento dei Centri per l’Impiego; basso numero di dipendenti dei Centri per l’Impiego e scarsa formazione. Un altro problema per il quale l’Italia è stata più volte richiamata a livello europeo è il gap nella partecipazione alle attività di formazione da parte dei lavoratori. Secondo l’ultimo rapporto BES ISTAT prima della pandemia (2019) infatti, il nostro Paese occupa il 18° posto, con un tasso dell’8,1% di individui che partecipano a programmi di formazione continua, contro l’11,1% della media europea. Lo stesso rapporto, ma del 2020, riporta una decrescita drammatica del tasso che, a seguito della pandemia e delle chiusure, si attesta al 7,2% (tendenza che si afferma anche a livello europeo). Tali dati diventano più allarmanti se guardiamo ai lavoratori scarsamente qualificati e con un basso livello d’istruzione, i quali hanno tassi di partecipazione ad attività formative più bassi rispetto a quelli istruiti e, per converso, sono invece quelli che hanno maggiormente bisogno di attività di riqualificazione a causa di competenze obsolete, o che a breve lo diventeranno. In risposta a tali criticità, l’obiettivo della prima misura è quello di “introdurre un’ampia e integrata riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati (percettori del Reddito di Cittadinanza, NASPI e CIGS), nonché definendo, in stretto coordinamento con le Regioni, livelli essenziali di attività formative per le categorie più vulnerabili”. Nello specifico, la riforma delle politiche attive si struttura in due linee di intervento: da un lato l’adozione, d’intesa con le Regioni, del Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL) e dall’altro l’adozione del Piano Nazionale Nuove Competenze. Le misure non sono descritte in modo analitico e il Piano si limita unicamente a tracciarne gli obiettivi, le caratteristiche principali e le risorse stanziate che, complessivamente, ammontano a 4,4 miliardi di euro.

 

GOL è una misura per la quale l’art. 1, comma 324 della legge di bilancio 2021 ha già stanziato 223 milioni ed è definita dal Piano come un “programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata”. Gli obiettivi che si propone sono: il superamento – con un approccio basato sulla definizione di livelli essenziali delle prestazioni – dell’eccessiva eterogeneità dei servizi erogati a livello territoriale; maggiore prossimità degli interventi di politica attiva; l’integrazione on-line dei servizi territoriali.

 

Il Piano Nazionale Nuove Competenze viene descritto come un progetto che ha “l’obiettivo di riorganizzare la formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati, mediante il rafforzamento del sistema della formazione professionale e la definizione di livelli essenziali di qualità per le attività di upskilling e reskilling in favore dei beneficiari di strumenti di sostegno (NASPI e DIS-COLL), dei beneficiari del reddito di cittadinanza e dei lavoratori che godono di strumenti straordinari o in deroga di integrazione salariale”.

La finalità sarebbe quella di offrire servizi di aggiornamento e riqualificazione finalizzati a promuovere l’acquisizione di qualifiche professionali, diplomi tecnici superiori e lauree professionalizzanti attraverso il riconoscimento dei crediti.

Si tratterebbe di un importante passo in avanti verso la risoluzione delle criticità emerse nelle varie sedi europee, in particolar modo dal punto di vista della realizzazione di politiche attive composite e integrate, che siano in grado di comunicare con il sistema di istruzione e formazione professionale e di offrire percorsi formativi (anche di lunga durata) finalizzati alla transizione dalla disoccupazione (o inattività) al lavoro, anche con un cambiamento radicale di profilo e settore occupazionale.

 

Per quanto riguarda i lavoratori occupati, il PNRR ribadisce l’esistenza del “Fondo nuove competenze per consentire alle aziende di rimodulare l’orario di lavoro, al fine di favorire attività di formazione sulla base di specifici accordi collettivi con le organizzazioni sindacali”. Si tratta di uno strumento istituito mediante l’articolo 88, comma 3, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 e per il quale sono già stati stanziati 430 milioni di euro per il 2020 e 300 milioni per il 2021. Il Piano ne prevede il rifinanziamento per 1 miliardo di euro mediante i fondi del REACT-EU e ne sottolinea l’importanza per “accompagnare processi di ricollocazione della forza lavoro ovvero aiutare la transizione verso nuova occupazione” nei casi in cui venga utilizzato per far fronte a ristrutturazioni aziendali o crisi strutturali.

Una misura correttamente implementata sarebbe un importante strumento per far fronte alle sfide del mondo del lavoro, continuamente in mutazione a causa della digital and green transformation. Le più recenti stime del World Economic Forum, infatti, affermano che “entro il 2025, il 50% di tutti i lavoratori avrà bisogno di reskilling e il 40% delle competenze base degli attuali lavoratori cambierà (G. Ruggiero, Reskilling come leva per la ripresa: ecco come le competenze creano occupazione).

Il Piano prevede l’adozione della normativa nazionale di GOL e del Piano Nazionale Nuove Competenze entro la fine del 2021, mentre l’adozione delle delibere regionali di implementazione è prevista durante la prima metà del 2022.

 

Riforma 1.2: Piano Nazionale per la lotta al lavoro sommerso

 

Nella notte tra il 24 e il 25 aprile è stata inserita una nuova sezione nell’ambito della Missione 5, Componente 1. Si tratta di una riforma finalizzata alla lotta al lavoro sommerso e per la quale non è previsto alcuno stanziamento di risorse. Anche in questo caso, la riforma prevede diversi linee d’intervento: in primo luogo, un processo di affinamento delle tecniche di raccolta e delle modalità di condivisione dei dati sul lavoro sommerso; l’aumento delle ispezioni e la revisione delle sanzioni previste per il lavoro sommerso nei vari settori, al fine di aumentarne il potere deterrente; il lancio di una campagna informativa rivolta ai datori di lavoro per sensibilizzare i destinatari sul “disvalore” insito nel ricorso ad ogni forma di lavoro irregolare. Tali misure si inseriscono in un generale quadro di rafforzamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro essendo prevista, nei prossimi mesi, l’assunzione di circa 2000 nuovi ispettori.

In più, nella Componente 2 della Missione 5 è prevista “una strategia volta al superamento degli insediamenti abusivi per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori”. La convocazione dei Tavoli per la realizzazione e la definizione delle misure è prevista solamente per primo trimestre del 2022, entro la fine del 2022 è prevista l’adozione del Piano nazionale che sarà pienamente implementato solo entro il primo trimestre del 2024.

 

Investimento 1.1: Potenziamento Centri per l’Impiego

 

Il secondo investimento previsto dal PNRR è il potenziamento dei Centri per l’Impiego. L’obiettivo è quello di fornire dei servizi di qualità e così integrare e supportare la riforma delle politiche attive del lavoro per poterne garantire l’efficacia. Il Piano prevede lo stanziamento di 200 milioni di euro che si andranno ad aggiungere ai 400 milioni già stanziati nel Piano Nazionale di Potenziamento dei Centri per l’Impiego e già ripartiti alle regioni. Tra le misure di rafforzamento più importanti sono previste: l’interoperabilità dei sistemi informativi regionali e nazionali; l’incremento della capacità di pubblicizzare la gamma di servizi disponibili al fine di essere più “appetibili” per tutti i lavoratori e non solo per le categorie svantaggiate; validazione e certificazione delle competenze nell’ambito del Sistema Nazionale di Certificazione delle Competenze; sviluppo di Osservatori regionali del mercato del lavoro per facilitare incontro tra domanda e offerta. Non è chiare se le riforme strutturali e il rafforzamento dei CPI puntino anche a ridurre il gap di impiegati dei Centri italiani (che si attestano a poco meno di 7000) a fronte delle 100.000 unità tedesche (L. Oliveri, Nuove politiche attive per il lavoro nel mercato che cambia).

 

Investimento 1.2: Creazione di imprese femminili

 

I dati circa il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, lo scarso numero delle imprese femminili sul totale (solo il 22%), nonché la forbice tra il tasso di occupazione femminile (49% nel 2020) e quello maschile (67.2% nel 2020) sono un forte campanello d’allarme che non può essere ignorato. Non si tratta “solo” di un problema di eguaglianza o di parità di genere, ma anche economico infatti, secondo osservatori internazionali come l’OCSE e la Commissione Europea, il basso numero di imprese a conduzione femminile e la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro costituiscono fattori limitanti per la crescita della nostra economia e la sua produttività.

 

Pertanto, l’obiettivo che si prefigge l’investimento 1.3 è quello “di innalzare i livelli di partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, facendo leva sul loro potenziale creativo e innovativo”. Il progetto prevede lo stanziamento complessivo di 400 milioni di euro e si articola in due linee d’intervento: da un lato sono previsti investimenti economici e servizi a supporto, dall’altro si prevede un intervento di riforma e sistematizzazione degli attuali “strumenti di sostegno all’avvio e alla realizzazione di progetti aziendali”, entrambi a sostegno dell’imprenditoria femminile. In tale ottica è prevista l’istituzione del “Fondo impresa Donna” al quale saranno affiancate misure di accompagnamento e campagne di comunicazione, nonché azioni di monitoraggio e di valutazione.

Entro fine anno è prevista l’adozione del decreto per il Fondo Impresa Donna, mentre la selezione dei progetti e l’assegnazione dei finanziamenti è prevista entro la fine del 2022.

 

Investimento 1.3: Sistema di certificazione della parità di genere

 

Una novità dell’ultima versione del PNRR è l’implementazione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere il cui obiettivo è accompagnare e incentivare “le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il gap di genere in tutte le aree maggiormente “critiche” (opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze di genere, tutela della maternità)”.

L’investimento è strutturato in 2 differenti componenti: da un lato la definizione di un sistema per la certificazione sulla parità di genere e di un meccanismo premiante, dall’altro la creazione di un database per raccogliere dati e informazioni sulla certificazione e sugli enti accreditati.

Il Piano prevede l’attivazione del sistema di certificazione sulla parità di genere a partire dal secondo trimestre del 2022 con agevolazioni per le imprese media, piccole e micro.

 

Investimento 1.4: Sistema Duale

 

Il Piano sottolinea la centralità dei sistemi di istruzione e formazione duale maggiormente in grado di produrre le competenze necessarie al mondo delle imprese e quindi più in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro. Infatti, secondo il Rapporto UnionCamere ANPAL, nel 2019 il 31% delle imprese italiane ha affrontato problemi rilevanti nel reperire lavoratori altamente qualificati. Non si tratta solamente di laureati nell’ambito STEM, ma anche di fabbri, saldatori, operai specializzati nell’installazione e nella manutenzione di apparecchiature elettriche, specialisti ICT. Sono pertanto previsti 600 milioni per rafforzare il sistema duale, promuovere l’apprendimento on the job e ridurre lo skill mismatch.

Il decreto ministeriale per l’allocazione delle risorse è previsto entro fine anno, mentre l’erogazione dei finanziamenti entro la prima metà del 2022

 

Investimento 2.1: Servizio Civile Universale

 

Secondo il PNRR “L’obiettivo del progetto è potenziare il Servizio Civile Universale, stabilizzando il numero di operatori volontari e promuovendo l’acquisizione di competenze chiave per l’apprendimento permanente (soft skills, competenze personali, sociali, competenze di cittadinanza attiva)”. Il progetto punta alla valorizzazione della cittadinanza attiva e di forme di apprendimento non formali che siano in grado favorire l’acquisizione di competenze di base e soft skills. A tal fine sono stanziati 650 milioni di euro per il periodo 2021-2023.

 

In conclusione, la Missione 5, Componente 1 del PNRR punta a risolvere alcuni elementi estremamente critici e che da anni sono oggetto di richiami da parte delle istituzioni europee. Particolare attenzione viene dedicata al problema dello skill mismatch e a quello della realizzazione di una riforma integrata del sistema delle politiche attive e della formazione professionale, a cui vengono dedicati la gran parte delle risorse. Difatti, il Piano sembra aver ben presente che la sortita del processo di transizione ecologica e digitale sarà determinata “in gran parte dal ricollocamento dei lavoratori e dallo sviluppo di nuovi mestieri, più che dall’aumento della capacità di produrre e consumare specifici beni e servizi (L. Casano, Transizione ecologica e riqualificazione dei lavoratori: vincoli del quadro giuridico-istituzionale e prospettive evolutive nell’ottica dei mercati transizionali del lavoro). Affinché tale sortita sia positiva però, un ruolo importante verrà giocato non solo dall’adeguatezza dei fondi messi a disposizione, ma anche e soprattutto dalla velocità e dalle modalità di implementazione degli interventi e delle riforme.

 

Salvatore Nunziata

ADAPT Junior Fellow

@salvatorenunz16

 

Il PNRR e le politiche per il lavoro: intercettare il futuro del lavoro in continuo mutamento