Il ritorno del lavoro agile come misura emergenziale? Il caso del Giubileo 2025

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 21 ottobre 2024, n. 37
 

Chiunque abbia vissuto e/o lavorato a Roma negli ultimi sei mesi ha potuto fare esperienza di un significativo aumento dei tempi di percorrenza di molti tratti urbani, sia che si faccia uso dei mezzi pubblici cittadini che di mezzi di trasporto privati.

Per chi non ha esperienza diretta della situazione, invece, deve essere chiarificato che le vie cittadine oggi quasi quotidianamente congestionate dal traffico sono quelle interessate dai (numerosi) lavori pubblici strumentali all’Anno giubilare 2025, che inizierà il 24 dicembre 2024 con l’apertura della Porta Santa presso la basilica di San Pietro. Per completare il quadro, deve essere considerato anche che l’uso della metropolitana è stato parzialmente inibito ai cittadini, vista la chiusura temporanea di numerose fermate strategiche della Linea A per lavori di manutenzione e rinnovamento finalizzati all’accoglienza di pellegrini e turisti.

 
Forse anche per tentare di placare la non sempre pacata vox populi romana – che si domanda incessantemente il motivo per cui la gran parte dei lavori pubblici sia stata avviata pochi mesi fa, quando la necessità di preparare la città per l’Anno Santo fosse nota da tempo dall’Amministrazione capitolina – le istituzioni cittadine si sono trovate nella necessità di adottare iniziative straordinarie per gestire la situazione.

Oltre a concludere un accordo di lavoro agile per i dipendenti del Comune, il Commissario Straordinario per il Giubileo della Chiesa Cattolica 2025 – ossia il Sindaco Roberto Gualtieri – ha deciso di stipulare un Accordo Quadro in materia di lavoro agile nel settore privato insieme alle principali associazioni sindacali e datoriali del territorio.

L’accordo, datato 16 ottobre 2024 e risultato di numerosi incontri in Campidoglio tra i firmatari, ha l’obiettivo di “alleggerire il peso del traffico sulla città, al fine di attenuare i […] disagi sulle cittadine e i cittadini, sulle lavoratrici e i lavoratori e sulle attività produttive, nonché sul regolare svolgimento delle attività di emergenza e finalizzate alla salvaguardia della persona”.
 
Per raggiungere tale scopo, le parti datoriali e sindacali si sono impegnate a promuovere – attraverso le proprie articolazioni territoriali e/o aziendali – la stipula di accordi aziendali finalizzati a introdurre il lavoro agile nelle realtà produttive in cui lo stesso non fosse ancora presente, oppure incrementare le giornate lavorabili da remoto nel caso in cui tale istituto fosse già parte delle modalità di organizzazione del lavoro della realtà in oggetto. Tali accordi dovranno essere rivolti specificamente “alle attività con sede nell’area metropolitana di Roma”, nonché “alle lavoratrici e ai lavoratori residenti e/o pendolari i cui spostamenti casa-lavoro possano incidere sul traffico della suddetta area”. Gli eventuali nuovi accordi dovranno avere efficacia almeno dalla data di sottoscrizione dell’Accordo Quadro all’8 gennaio 2025, data in cui la maggior parte dei lavori pubblici dovrebbero essere stati completati (art. 3).

 
L’uso del lavoro agile come mezzo per fare fronte ad una situazione emergenziale contingente, come quella del traffico della Capitale, fa chiaramente tornare alla mente quanto avvenuto durante la pandemia, durante la quale abbiamo conosciuto l’uso massivo di tale istituto finalizzato a gestire un’emergenza, appunto, quale il COVID-19 – e attira lo stesso ordine di critiche.

Queste, invero, si concentrano da una parte sullo “snaturamento” del lavoro agile, ridotto da mezzo per trasformare l’organizzazione del lavoro subordinato verso un modello senza vincoli di luogo e orario e strutturato per fasi, cicli e obiettivi ad una mera trasposizione del lavoro in ufficio “standard” in un luogo differente come l’abitazione privata – e dall’altra, sulle possibili inefficienze che il lavoro da remoto nella pubblica amministrazione  può comportare in termini di soddisfazione delle necessità del cittadino-utente.

Se la seconda critica appare tutto sommato condivisibile – anche se non applicabile all’accordo di specie, che si rivolge unicamente al lavoro nel settore privato – la prima si presta invece ad alcune osservazioni più puntuali. Questo, soprattutto, perché l’uso del lavoro agile durante la pandemia da COVID-19 e quello che l’amministrazione romana ne intende fare in preparazione al Giubileo appaiono – a parere di chi scrive – difficilmente comparabili.
 

Innanzitutto, l’Accordo non impone acriticamente l’uso del lavoro agile a tutte le aziende e ai lavoratori che lo potrebbero in astratto mettere in atto, vista la remotizzabilità delle prestazioni svolte, ma promuove la stipulazione di accordi aziendali che ne consentano una regolazione condivisa tra lavoratori e imprese. In questo senso, viene confermato l’approccio adottato con la sottoscrizione del Protocollo sul lavoro in modalità agile del 7 dicembre 2021, in cui le parti sociali comparativamente più rappresentative in Italia hanno concordato con il Ministero del lavoro che la contrattazione collettiva costituisce “fonte privilegiata di regolamentazione dello svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile”.

Si noti, peraltro, che la condivisione della strategia sul lavoro da remoto con le parti sociali sperimentata in Italia non è un modo di agire universalmente adottato: si pensi, ad esempio, a quanto avvenuto durante le Olimpiadi di Parigi della scorsa estate, durante le quali il Ministero dei Trasporti francese ha invitato lavoratori e imprese a fare maggiore uso del “télétravail” tramite un mero annuncio sul sito ufficiale dei Giochi.

Deve essere notato, poi, che la regolazione del lavoro agile straordinario per il Giubileo dovrà avvenire “nel quadro della disciplina del lavoro agile e/o da remoto nel settore privato” (art. 3), non lasciando spazio, dunque, a quei potenziali stravolgimenti dell’istituto (es. lavoro 5 giorni su 5 da remoto, “diritto” al lavoro agile per i lavoratori fragili/genitori) che avevano portato molti commentatori a teorizzare una modalità di svolgimento della prestazione terza rispetto a quelle esistenti nell’ordinamento, ossia il c.d. “smart working emergenziale” (si veda, a tal proposito, B. Caruso, Tra lasciti e rovine della pandemia: più o meno smart working?, in RIDL, 2020, n. 2, p. 225).

 
Infine, al momento dell’emanazione della legislazione emergenziale che ha consentito l’adozione del lavoro agile a gran parte dei lavoratori italiani, la prevenzione del contagio da un morbo infettivo costituiva una finalità totalmente inedita dello strumento, che quindi ha dovuto essere adattato – talvolta, in tutta onestà, maldestramente – allo scopo.

I potenziali benefici del lavoro agile in termini di riduzione del traffico e delle conseguenti emissioni di gas serra sono invece riconosciuti da tempo, tanto da essere esplicitamente inclusi all’interno nelle premesse di vari accordi aziendali sul tema quali ragioni che hanno spinto le imprese a introdurre l’istituto nella propria organizzazione aziendale, già da prima del 2020 (La contrattazione collettiva in Italia (2020), VII Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2021, pp. 315-396).

 
Anche esulando dal fuorviante parallelismo tra lavoro agile “pandemico” e quello regolato dall’Accordo Quadro in oggetto, si impone poi un’ultima riflessione generale in tema.

È vero, il lavoro agile e la sua diffusione di massa durante la pandemia del 2020-2021 non sono stati una leva sufficiente per una radicale trasformazione del lavoro subordinato verso una prestazione “libera” da tempi e luoghi di lavoro fissi e rigidi, e hanno contribuito in misura minore del previsto a modificare il paradigma della cultura del controllo datoriale sul lavoratore alla costruzione di un rapporto di fiducia con lo stesso.  In molti casi, come dimostrato dall’analisi della contrattazione aziendale in materia, il lavoro agile oggi costituisce effettivamente una mera trasposizione della prestazione lavoro tradizionale dall’ufficio alla casa dei lavoratori (per un’analisi degli accordi stipulati nel 2023, si veda La contrattazione collettiva in Italia (2023). X Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2024, pp. 130-134).
 
E tuttavia, proprio questi anni ci hanno dimostrato che anche in queste modalità, il lavoro agile è enormemente apprezzato dai lavoratori, tanto da essere divenuto una delle richieste principali avanzate degli stessi in fase di recruiting – perché, con tutti i suoi difetti, esso rappresenta per molti (famiglie, pendolari, lavoratori con disabilità) un significativo incremento della qualità della vita, a cui non si intende rinunciare una volta sperimentata l’effettiva remotizzabilità della propria prestazione di lavoro.

Il rischio che si intravede nelle critiche alle iniziative come quella adottata dall’Amministrazione capitolina, dunque, è quello che nel nome (e nell’attesa “beckettiana”) della rivoluzione smart, che porterà alla liberazione dei lavoratori dalle catene del lavoro subordinato, si sminuisca l’importanza di una soluzione che può apportare piccoli ma significativi cambiamenti alla quotidianità dei lavoratori, soprattutto in termini della gestione dei propri tempi di vita e di lavoro.
 

Diletta Porcheddu

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow

@DPorcheddu

Il ritorno del lavoro agile come misura emergenziale? Il caso del Giubileo 2025