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Bollettino ADAPT 20 febbraio 2023, n. 7
Il trattamento dei dati personali è uno dei temi che ha, e avrà nel prossimo futuro, un impatto estremamente significativo sull’equilibrio del potere contrattuale tra lavoratori e datori di lavoro.
Le nuove tecnologie, basate sull’uso dell’intelligenza artificiale, degli algoritmi e dei cosiddetti “Big Data”, consentono di raccogliere ed elaborare in modo relativamente semplice ed economico un numero di dati dei lavoratori significativamente più elevato di quanto fosse possibile grazie alle tecnologie della precedente generazione, e senza dubbio al di là delle capacità umane.
Questo, insieme alla capacità di tali strumenti di sviluppare modelli probabilistici sui comportamenti futuri dei lavoratori e di prendere autonomamente decisioni basate sui dati elaborati, potrebbe potenzialmente avere effetti dirompenti sulle tradizionali prerogative manageriali legate al rapporto di lavoro, come ad esempio il processo di assunzione, l’organizzazione del lavoro, il monitoraggio delle prestazioni e l’esercizio del potere disciplinare (cfr. J. Prassl, What if your boss was an algorithm? Economic Incentives, Legal Challenges, and the Rise of Artificial Intelligence at Work, Comparative Labor Law & Policy Journal, 2019, Vol. 41, Issue 1).
Deve essere notato che i sistemi di c.d. “people analytics”, descritto nella letteratura scientifica come “un nuovo approccio data-driven alla gestione delle risorse umane” (M. Bodie et al., The Law and Policy of People Analytics, Univerisity of Colorado Law Review, 2017, Vol. 88) possono incidere significativamente non solo sui rapporti di lavoro individuali, ma anche sui lavoratori intesi come gruppo: in parte per le caratteristiche tecniche di questo tipo di strumenti algoritmici, ma soprattutto alla luce dell’intrinseca dimensione collettiva e organizzativa delle prerogative datoriali menzionate in precedenza (V. De Stefano, “Negotiating the algorithm”: automation, artificial intelligence and labour protection, Comparative Labor Law & Policy Journal, 2019, Vol. 41, N. 1).
Alla luce di ciò, un approccio “collettivo” alla regolamentazione del trattamento dei dati durante il corso del rapporto di lavoro appare necessario anche dal lato degli stessi lavoratori; un forte coinvolgimento delle organizzazioni sindacali sul tema sarebbe inoltre perfettamente coerente con l’approccio “human-in-command” alle nuove tecnologie auspicato dal parere del Comitato economico e sociale europeo del 2017 sull’intelligenza artificiale e dall’Accordo quadro delle parti sociali europee del 2020 sulla Digitalizzazione.
Il ruolo del sindacato nel trattamento dei dati dei lavoratori è attualmente oggetto di un progetto co-finanziato dall’Unione Europea denominato GDPiR: Managing Data Processing in the Workplace through Industrial Relations (n. 101048690), e coordinato da FIM-CISL.
GDPiR mira a migliorare la contrattazione collettiva ed aumentare le iniziative di dialogo sociale nell’ambito del trattamento dei dati sul posto di lavoro e a potenziare l’adozione di soluzioni collettive per la tutela dei diritti dei lavoratori, nel contesto generale di una transizione digitale sostenibile: il principale risultato del progetto sarà l’organizzazione e l’erogazione di moduli formativi rivolti ai sindacalisti e ai rappresentanti aziendali dei lavoratori del settore manifatturiero, volti a fornire loro strumenti teorici e pratici per cogestire l’introduzione delle tecnologie data-driven sul luogo di lavoro.
Nella fase attuale del progetto, cinque università e centri di ricerca europei (ADAPT, Università Carlos III di Madrid, CELSI, Università di Amsterdam, KU Leuven) stanno svolgendo attività di ricerca sulle legislazioni, sui sistemi di relazioni industriali e sulle migliori pratiche di dialogo sociale in materia di trattamento dei dati dei lavoratori in 15 Paesi europei. A tal fine, stanno utilizzando una metodologia di tipo qualitativo, che consiste in una ricerca desk sulla letteratura scientifica pertinente, gli ordinamenti legislativi nazionali e le fonti contrattual-collettive, ma anche nell’invio di questionari ai sindacalisti territoriali e ai rappresentanti aziendali dei lavoratori e nella conduzione di interviste ai membri delle organizzazioni sindacali al livello nazionale. I risultati delle attività di ricerca costituiranno il punto di partenza per l’organizzazione e l’erogazione delle attività formative previste dal progetto.
I risultati preliminari delle attività di ricerca condotte da ADAPT sono stati condivisi nel corso dell’evento “Future of work: working with and through digital technology”, che si è svolto il 14 febbraio 2023 a Bruxelles, presso il centro studi della Confederazione Europea dei Sindacati (CES), attraverso una presentazione del quadro legislativo italiano e dell’approccio del sistema di relazioni industriali nazionale al tema del trattamento dei dati sul luogo di lavoro.
L’Italia è stata scelta come caso di studio per le caratteristiche peculiari del suo quadro legislativo, caratterizzato da una forte integrazione tra diritto del lavoro e legislazione in materia di protezione dei dati personali. Ciò è dimostrato principalmente dal fatto che l’art. 113 e l’art. 114 del Codice in materia di protezione dei dati personali (D. Lgs. n. 196/2003) rinviano direttamente alla legislazione lavoristica – in particolare, all’art. 4 e all’art. 8 dello Statuto dei lavoratori – rendendo tali disposizioni effettivamente parte integrante della legislazione sulla protezione dei dati.
Per quanto riguarda il sistema italiano di relazioni industriali, va notato che la maggior parte dei contratti collettivi in materia di trattamento dei dati sono stipulati ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, che impone la stipulazione obbligatoria di un accordo aziendale ogniqualvolta sia introdotto sul luogo di lavoro un dispositivo che consente il monitoraggio remoto delle attività dei lavoratori. Tuttavia, una ricerca sui contratti collettivi aziendali in materia di controlli a distanza stipulati tra il 2015 e il 2018 ha mostrato innanzitutto come il loro numero sia molto basso (6,6% del totale dei contratti aziendali raccolti durante tale periodo), nonché come le loro disposizioni mirino per lo più a limitare le finalità per cui i datori di lavoro possono utilizzare i dati dei lavoratori (ad esempio, sancendo il divieto di utilizzarli per scopi disciplinari), mostrando così un approccio piuttosto “difensivo” dei sindacati nei confronti di questo tema (I. Armaroli, E. Dagnino, A seat at the table: negotiating data processing in the workplace. Un caso di studio nazionale e approfondimenti comparativi, Comparative Labor Law & Policy Journal, 2019, Vol. 41, n. 1).
I primi risultati di un questionario sottoposto ai sindacalisti territoriali e ai rappresentanti aziendali dei lavoratori nei primi mesi del 2023 sono stati indubbiamente funzionali ad avere un quadro generale delle loro impressioni e delle pratiche che gli stessi mettono concretamente in campo per quanto concerne il trattamento dei dati dei lavoratori.
Il 52% dei rispondenti ha infatti evidenziato che il trattamento dei dati dei lavoratori in Italia viene gestito per lo più attraverso procedure di informazione e consultazione; il 41% ha invece dichiarato che il management aziendale solitamente se ne occupa senza coinvolgere sindacati o rappresentanti dei lavoratori. Meno del 18% dei rispondenti ha affermato di aver negoziato un contratto collettivo che regola il trattamento dei dati dei lavoratori (esclusivamente o come parte di altre diverse questioni). Il contenuto di tali accordi era principalmente diretto a limitare l’uso che i datori di lavoro potevano fare dei dati dei lavoratori, il che conferma in larga misura i risultati dello studio citato al termine del precedente paragrafo.
Nel momento in cui sono state indagate le ragioni del limitato numero di accordi collettivi relativi alla tematica del trattamento dei dati, la maggior parte dei rispondenti ha dichiarato che la questione è solitamente gestita unilateralmente dal management aziendale: molti, tuttavia, hanno anche affermato che non si percepisce la necessità di regolamentarla, o che i sindacati non possiedono conoscenze e competenze sufficienti per avere voce in capitolo.
La principale difficoltà riscontrata durante il processo di negoziazione sul trattamento dei dati è stata individuata nella mancata partecipazione dei responsabili privacy aziendali durante le trattative; tuttavia, circa il 66% dei rispondenti ha sottolineato che un esperto di trattamento dei dati (prevalentemente interno al sindacato) è solitamente disponibile per le esigenze dei sindacalisti e dei rappresentanti dei lavoratori.
Infine, quasi il 60% dei rispondenti ha affermato di aver partecipato a moduli di formazione diretti alla gestione del trattamento dei dati dei lavoratori. La tematica principale di questi moduli è stata individuata nelle caratteristiche della normativa europea e nazionale sulla protezione dei dati: pochi sindacalisti o delegati hanno affermato di aver partecipato a moduli formativi che fornivano informazioni tecniche sulle nuove tecnologie data-driven o su tecniche di negoziazione e/o prerogative sindacali in materia di trattamento dei dati dei lavoratori.
Le interviste condotte ai sindacalisti nazionali del settore manifatturiero hanno ampiamente confermato i risultati del questionario. Gli intervistati hanno sottolineato, ad esempio, come le discussioni tra le parti sociali in merito all’impatto della digitalizzazione sul mondo del lavoro si concentrino principalmente sulle conseguenze occupazionali di tale fenomeno: di conseguenza, il trattamento dei dati non è considerato prioritario nelle agende sindacali, soprattutto se confrontato ad altri temi come la negoziazione in materia salariale, la salvaguardia dell’equilibrio vita-lavoro, ecc. e il GDPR è considerato meramente come un obbligo legale da rispettare, piuttosto che come oggetto e strumento di contrattazione.
Le prossime fasi delle attività di ricerca del progetto GDPiR relative al caso studio italiano si concentreranno in parte su una più ampia diffusione del questionario, ma, principalmente, sarà la ricerca documentale sui contratti collettivi a livello aziendale ad acquisire un ruolo centrale. Ciò sarà finalizzato a comprendere se i sindacati hanno ancora un approccio “difensivo” nei confronti del tema del trattamento dei dati dei lavoratori o hanno adottato misure maggiormente “partecipative”; questo, anche alla luce delle nuove disposizioni legislative in materia di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati – come ad esempio il D. Lgs. n. 104/2022 (recepimento della Direttiva UE 2019/1152 sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea), che fornisce ai lavoratori e ai loro rappresentanti diritti di informazione sulle tecnologie data-driven.
Eventuali “best practice” di contrattazione collettiva sul trattamento dei dati dei lavoratori saranno in seguito condivise durante le attività di formazione rivolte a sindacalisti e delegati italiani, con l’auspicio di “ispirarli” ad approfondire lo studio del tema e forse anche variare il loro approccio nei confronti dello stesso.
Diletta Porcheddu
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena