Il ruolo della formazione duale nella realizzazione della green transition: spunti da un recente report europeo

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Bollettino ADAPT 7 novembre 2022, n. 38 
 
L’intergruppo1 della Commissione Europea, partecipato da diverse istituzioni comunitarie ed internazionali, che si occupa di Work-based Learning (WBL) ha recentemente pubblicato un breve report dal titolo Work-based Learning: The Green Transition dedicato alla relazione tra transizione verde e competenze. In particolare, quelle formate grazie al ricorso ad una didattica work-based, nella quale parte del percorso formativo è svolto in un ambiente aziendale. Il dossier è suddiviso sostanzialmente in tre sezioni, che trattano dell’importanza di studiare il rapporto tra transizione ecologica e mercato del lavoro, a partire dalla valorizzazione della c.d. formazione duale.
 
Sebbene vi sia una crescente sensibilità circa le tematiche ecologiche ed ambientali, gli esiti delle medesime politiche sul mondo del lavoro andrebbero maggiormente approfonditi. Infatti, le manovre attuate per la transizione verde possono attivamente giocare un ruolo decisivo per la crescita economica e per la creazione di lavori e figure professionali. Basti pensare, come viene spiegato nella prima sezione del report, a tutti i settori produttivi che riguardano le energie rinnovabili, lo smaltimento dei rifiuti, i veicoli elettrici o la riqualificazione energetica mediante l’uso dei pannelli solari. Va altresì notato come certi lavori, come quelli nell’ambito dell’industria dei combustibili fossili, saranno soggetti nel corso del tempo ad una perdita di lavoro importante.
 
È necessario, quindi, che non solo venga valorizzata la nascita di nuove competenze, ma anche che lo skillset dei lavoratori venga aggiornato, per far fronte ad un mondo del lavoro in rapida evoluzione. Per questo motivo, è utile che i sistemi educativi e di formazione professionale entrino sempre di più in dialogo con la richiesta di competenze e dalle esigenze dettate dalla transizione verde. Gli aspetti tecnici e trasversali delle competenze richieste per la transizione hanno la medesima importanza e, nel report, vengono proposte come base per svolgere un’attività lavorativa, che richiede sia l’impiego di processi e servizi che riducano il consumo di energia, acqua e materiali, sia il pensiero critico, la capacità di analisi e risoluzione dei problemi.
 
La seconda tesi proposta dal report pone l’accento sull’importanza di investire sull’apprendimento basato sul lavoro. Il WBL, in particolare nella forma dell’apprendistato, rappresenta un asset decisivo per la (ri)qualificazione delle competenze, sia tecniche che trasversali. Viene definito con Work-based Learning quell’insieme di pratiche formative e di apprendimento che hanno luogo in contesti lavorativi. La formazione sul posto di lavoro, il tirocinio e l’apprendistato sono tre forme che, in modi propri e diversificati, aiutano a creare un dialogo virtuoso tra esigenze di mercato e competenze individuali. L’efficacia del WBL risiede nella sincronicità con cui lo studente/lavoratore sviluppa nel lavoro le competenze necessarie e cruciali per la transizione ecologica, partecipando attivamente sia alla realtà aziendale, sia a quella sociale.
 
In un’ottica strategica di investimento sulle competenze, il WBL rappresenta una scelta formativa interessante per il futuro mercato del lavoro. Gli agenti coinvolti, di fatto, saranno sia gli organi formativi e scolastici, sia il tessuto lavorativo in senso ampio, le aziende ed il settore industriale. È quindi necessario che questo dialogo sia reciproco e garantito da ambo i fronti, per avere studenti meglio formati e lavoratori più competenti e responsabili. Lo stesso vale per gli adulti già attivi in un contesto lavorativo definito. Anche in questo caso, sarà opportuno attuare manovre di upskilling e reskilling flessibilmente, valorizzando l’esperienza pregressa e implementandola con nuove conoscenze e posture.
 
Al fine di massimizzare gli effetti positivi del Work-based Learning sulla transizione verde, il testo propone una serie di condizioni virtuose. L’intento ultimo resta quello di comprendere il WBL come un insieme di pratiche che includano giovani e adulti, innovazione, mercato del lavoro e policies industriali, volte ad ottenere un ecosistema lavorativo indirizzato allo sviluppo di società ed economie più verdi e sostenibili. Sinteticamente, le linee guida sono: (1) designare che tipo di competenze sono necessarie per la transizione verde, aggiornate con l’avanzamento tecnologico; (2) monitorare il coordinamento tra i principali stakeholders, ossia enti governativi, formativi, ed industriali, avendo come obiettivo comune quello di creare opportunità e policies favorevoli alla green transition; (3) strutturare un dialogo fitto tra le aziende e gli enti formativi; (4) coinvolgere attivamente formatori ed insegnanti e, soprattutto, creare contesti favorevoli per la loro formazione stessa; (5) garantire l’impegno da parte delle aziende ad investire sulla sostenibilità e la formazione; (6) accompagnare gli studenti ad interessarsi del WBL e vederne gli aspetti di convenienza per la transizione verde; (7) investire nei sistemi di orientamento al lavoro in modo attivo e preciso.
 
Sarà dunque possibile, e necessario, prevedere risultati sul breve e lungo termine, in modo da lavorare con una agenda dettata da obiettivi chiari e specifici. Da un lato, l’attuazione di politiche del lavoro in direzione della sostenibilità aiuterà la transizione dalla formazione al lavoro – o da un lavoro ad un altro – ad essere meno costosa e meno pesante a livello sociale. Inoltre, sarà più agevole insegnare fin da subito ai giovani lavoratori quelle pratiche lavorative concordi al risultato ecologico che si intende ottenere. La sfida più interessante sul lungo termine è la promozione della sostenibilità, anche ricorrendo a fonti energetiche rinnovabili, un obiettivo raggiungibile solo attraverso un massiccio investimento sulla formazione dei giovani e dei lavoratori. Una formazione che, però, non può essere “appaltata” ai soli sistemi formativi tradizionali, ma deve essere co-progettata e co-gestita da enti di formazione e imprese, al fine di realizzare percorsi capaci di rispondere ai fabbisogni emergenti, e così facendo di rendere possibile la stessa realizzazione della transizione verde: d’altronde, non c’è transizione senza competenze.
 
Carlo Pace

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@CarloPace
 
1 I membri di questo gruppo fanno parte del Centro Europeo per lo Sviluppo della Formazione Professionale (CEDEFOP), della Commissione Europea, della Fondazione Europea per la Formazione Professionale (ETF), della Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD) e della Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO).

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