Il mondo sta fronteggiando un numero sempre crescente di persone colpite da più di una malattia cronica, presentando un livello di supporto sanitario più elevato all’interno delle diverse comunità nazionali, al fine di sostenere un adeguato stato di salute dei cittadini malati quanto più a lungo possibile. Infatti, i malati cronici richiedono un’assistenza integrata, progettata e gestita in maniera tale da anticipare i loro bisogni, affinché qualsiasi cambiamento delle loro condizioni di salute possa essere affrontato prima che si trasformi in una situazione acuta.
Questa condizione è resa ancor più evidente dalle statistiche dell’OMS che rilevano come il 60% delle morti globali sono dovute a patologie croniche e che l’80% di queste riguardano paesi a basso e medio reddito (World Health Organization, 2008-2013 Action Plan for the Global Strategy for the Prevention and Control of Noncommunicable Diseases, 2008).
Le malattie croniche, inoltre, comportano costi elevati in termini umani, sociali ed economici, ostacolando le persone e le comunità a raggiungere le loro piene capacità.
Benché sia difficile identificare metodi adeguati per quantificare questi costi, essi comprendono, da un lato, un aumento dei livelli di povertà per le persone e per le famiglie, dall’altro, invece, una produttività ridotta e perdite economiche, non solo del singolo ma anche dell’intero sistema sanitario, a causa delle diagnosi, dell’assistenza e dei trattamenti necessari per curare la malattia.
Su questo versante, il settore sanitario deve impegnarsi a combattere la cronicità delle malattie, usufruendo anche delle prestazioni infermieristiche. Come rilevato dall’indagine Censis Infermieri e nuova sanità: opportunità occupazionali e di upgrading. Le prestazioni infermieristiche nella domanda di assistenza sul territorio, elaborata per la Federazione dei Collegi IPASVI in occasione del XVII Congresso nazionale, queste prestazioni apportano un contributo enorme, non solo nella prevenzione, ma anche nell’assistenza ai milioni di persone nel mondo colpite da qualsiasi malattia.
L’indagine rileva, infatti, che nel 2014 si sono rivolti a un infermiere, pagandolo di tasca propria, circa 8.700.000 cittadini italiani (pari al 17,2% della popolazione maggiorenne) spendendo complessivamente 2,7 miliardi di euro.
Cifre rilevanti soprattutto se si pensa che, secondo le stime del Censis, nei prossimi anni assisteremo ad un ulteriore aumento e che circa la metà dell’importo (1,2 miliardi) è ascrivibile all’area dell’economia sommersa. Le motivazioni sono riconducibili, da una parte, all’impossibilità del Servizio Sanitario Nazionale di garantire la crescente domanda di prestazioni e, dall’altra, alla convergente esigenza per le famiglie di contenere le elevate spese per l’assistenza infermieristica.
Il rischio, avverte l’indagine, è che la rincorsa verso prestazioni a basso costo generi, oltre al sommerso, inadeguate cure, in quanto affidate a figure non professionali con contratti di lavoro non sempre regolari, mettendo a rischio la salute degli assistiti.
Questa è stata la scelta adottata da quasi la metà delle persone (4,2 milioni) che hanno usufruito, secondo le stime, di servizi infermieristici nel 2014.
Oltre ai dati numerici, la ricerca evidenzia anche l’esistenza del cosiddetto paradosso infermieristico, ovvero si assiste alla coesistenza, da un lato, di “meno infermieri” rispetto al bisogno reale e, dall’altro, di un “eccesso di infermieri” rispetto alla domanda di mercato. In virtù di questa ragione, molti operatori intraprendono l’attività di libero professionista, svolgendo la loro prestazione in strutture private e non profit e accettando condizioni retributive e di lavoro particolarmente penalizzanti, rafforzando, in questo modo, la presenza di agenzie di intermediazione.
Occorre quindi intervenire sui processi di incontro tra domanda e offerta di prestazioni infermieristiche sul territorio, riducendo il costo della intermediazione e investendo sia nella ristrutturazione della sanità pubblica sia nell’innovazione culturale degli infermieri.
L’indagine del Censis quindi offre una visione futura del settore socio-sanitario: i malati cronici saranno costretti a subire crescenti costi privati per rimediare a quanto il servizio pubblico non può più garantire.
Fabiola Silvaggi @Fabiola Silvaggi
Gabriella Viale @VialeGabry
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
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Il ruolo dell’assistenza privata: costi e sostenibilità delle cure per i malati cronici