Il Testo Unico di sicurezza e salute sul lavoro: dieci anni e sentirli tutti. Riflessioni a margine dell’81° Congresso SIML

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Il 26 settembre scorso, a Bari, si è tenuta l’apertura dell’81° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro (SIML), nell’arco della quale, si sono susseguiti interventi inerenti al ruolo della medicina del lavoro.

 

Francesco Violante, presidente uscente della associazione, ha efficacemente sottolineato la necessità di creare un collegamento tra lo sviluppo economico e la tutela della salute e dell’ambiente. È lo stesso principio di effettività che informa la normativa prevenzionistica a chiedere, del resto, di ripensare profondamente e in termini sostanzialistici impianto e strumentazione del Testo Unico di sicurezza e salute sul lavoro.

 

Il discorso è tuttavia più profondo e va oltre il quadro regolatorio. Lo ha ricordato Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). L’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, in particolare, ha indubbiamente portato vantaggi e benefici alla popolazione: si pensi alla mortalità infantile e neonatale, drasticamente calate dagli anni Settanta ad oggi; o ancora alla crescita della aspettativa di vita, che nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, non raggiungeva i 40 anni. Nonostante questi aspetti positivi, tuttavia, è indubbio che il Servizio Sanitario Nazionale del nostro paese sia profondamente in crisi, ad oggi. Per Ricciardi le motivazioni di questa crisi devono essere ricercate nel lontano 2001, quando la riforma costituzionale ha portato all’istituzione dei Servizi Sanitari Regionali, promuovendo una decentralizzazione, che, tuttavia, ha portato ad una esplosione delle spese, sempre più difficili da sostenere.

 

La gestione delle finanze è indubbiamente un aspetto importante, ma deve essere un punto di partenza e non di arrivo, così da evitare la tempesta perfetta citata di cui molti cominciano a parlare. Non bastano, infatti, i conti in ordine, ma è necessario avere una visione di insieme della situazione ed una progettualità che permetta di interpretare correttamente i cambiamenti demografici e ambientali a cui la medicina e il mondo del lavoro stanno andando incontro. Ad oggi, in Italia, il 45% della popolazione è affetta da una patologia cronica e il 20% circa, da due; è quindi evidente che la società debba essere in grado di intercettare i loro bisogni, permettendo a questi soggetti di poter continuare ad avere una vita “attiva”, nonostante la malattia, non diventando un mero peso dal punto di vista economico e sociale, ma facendo in modo che possano continuare a contribuire attivamente alla vita sociale ed economica del Paese, rimanendo dunque attivi nel mondo del lavoro.

 

Il tema dei limiti della attuale normativa di sicurezza e delle istituzioni che presidiano il delicato rapporto tra salute e lavoro è stato affrontato in una Tavola Rotonda a cui hanno preso parte Pietro Apostoli, uno dei membri del comitato scientifico della SIML, Maurizio Sacconi, ex Ministro del Lavoro e della Salute, Fabio Pontrandolfi, dirigente dell’Area Lavoro e Welfare di Confindustria e, infine, Cinzia Frascheri, Responsabile Salute e sicurezza della CISL. L’oggetto del confronto è stato, in particolare, il decreto legislativo n. 81/2008, c.d. Testo Unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori, e di come, a distanza di dieci anni dalla sua entrata in vigore, debba essere semplificato e ripensato, per far sì che possa più agevolmente rispondere ad esigenze nuove e differenti, dettate da cambiamenti dirompenti nello scenario del mondo del lavoro moderno.

 

Apostoli ha sostenuto innanzitutto che è necessaria una maggiore apertura nei confronti della discussione sulla modernizzazione del sistema della sicurezza sui luoghi di lavoro, dal momento che troppo spesso, chi propone dei cambiamenti e delle semplificazioni, viene additato come propenso alla privazione dei diritti dei lavoratori. Voler snellire la normativa non significa necessariamente voler privare i lavoratori di diritti e tutele acquisiti, ma al contrario, questa semplificazione, se ben interpretata, potrebbe trasformarsi in un’occasione per rendere il sistema “salute e lavoro” più virtuoso e incentrato sulla attuale esigenza di verifica sostanziale del rispetto delle regole. In questa ottica è fondamentale interrogarsi su quale sia il ruolo che deve essere svolto dal medico del lavoro, che potrebbe diventare “strumento” non solo di valutazione del rischio, ma anche e soprattutto di gestione dello stesso. A ciò si aggiungano, conclude, le criticità del Testo Unico, evidenziate dal giorno uno. Prima su tutti la definizione di rischio, “poco felice” a detta sua, fino ad arrivare alla totale assenza di definizione del concetto di idoneità alla mansione specifica, aspetti che hanno creato incertezza nel sistema ma su cui ora non è più possibile glissare.

 

Sacconi ha invece assunto come punto di partenza del proprio ragionamento le sanzioni introdotte a carico del datore dal d. lgs. n. 81/08: l’eccesso di enfasi su formalismi e possibili patologie nei comportamenti aziendali ha inevitabilmente fatto sì che le aziende, impaurite dalla prospettiva di procedimenti a proprio carico, abbiano finito con il limitarsi ad adempiere passivamente se non con insofferenza gli obblighi che le avrebbero tenute lontane dalle aule di Tribunale, senza spesso preoccuparsi dell’effettivo rispetto sostanziale delle stesse discipline sulla sicurezza. Questo atteggiamento culturale di controllori e controllati spiega perché sia rimasto trascurato l’aspetto della collaborazione tra le parti in causa ed, in secondo luogo, la mancata attuazione di strumenti volti a promuovere un approccio sostanziale alla salute e sicurezza sul lavoro: uno su tutti il SINP – il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro – previsto nel D. Lgs. n. 81/2008 e adottato solo formalmente nel 2016 dall’INAIL, ma non ancora operativo.

 

Deve essere potenziato, in tal senso, il ruolo della medicina del lavoro e, in un mondo del lavoro che promuove sempre più l’uscita dalle canoniche dimensioni spazio-temporali, è necessario trovare e incentivare altri strumenti sostanziali di controllo della salute dei lavoratori: uno di questi potrebbe essere proprio la sorveglianza sanitaria.

 

In chiusura del proprio intervento, evidenzia poi come l’invecchiamento della popolazione e l’incremento delle malattie croniche sia un altro aspetto molto rilevante da tenere in considerazione quando si parla del rapporto tra medicina e lavoro, poiché devono necessariamente essere adibiti strumenti idonei che possano permettere a soggetti affetti da patologie di restare nel mondo del lavoro o, qualora questo non fosse possibile, favorirne il reinserimento.

 

Anche Frascheri, della Cisl, ha evidenziato il problema dei nuovi rischi e delle nuove patologie insite nei nuovi luoghi di lavoro. In un mondo del lavoro in continua evoluzione non possiamo prescindere dall’impatto che la digitalizzazione del lavoro sta avendo, e avrà sempre di più, sul mondo del lavoro e sulla tematica della salute dei lavoratori. Per tale motivo la sfida di Industry 4.0 sarà anche quella di prevenire i rischi emergenti legati all’utilizzo continuo delle nuove tecnologie e dei dispositivi che permeano costantemente le nuove modalità di lavoro, dalle radiazioni ai campi elettromagnetici causati da pc, tablet e smartphone. Rischi che il Testo Unico in materia di salute e sicurezza non sembra tener conto all’interno delle sue disposizioni ma con i quali ben presto ci troveremo a fare i conti.

 

Infine, Pontrandolfi ha sottolineato come da sempre la paura di Confindustria fosse che la logica del Testo Unico fosse solo formalistica e repressiva. Lo scenario è destinato a peggiorare una volta che saranno pienamente a regime le nuove realtà produttive di un mercato del lavoro, che si allontana sempre più dal modello della fabbrica fordista, tipica del ‘900 industriale. Per queste ragioni, il D. Lgs. n. 81/2008 è ormai “vecchio” e non risponde più alle esigenze di aziende e lavoratori. La normativa in questione non è stata neppure in grado, nel corso degli anni passati, di dare un segnale determinante sulla materia degli infortuni in itinere, che sono in crescita negli ultimi anni. Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la Corte Costituzionale si sono mostrate critiche nei confronti del Testo Unico, nel corso degli anni e, a detta dell’esponente di Confindustria, questo aspetto dovrebbe invitare a riflettere sulla possibilità di una seria riforma delle tematiche della salute dei lavoratori.

 

In linea col pensiero di Sacconi anche Pontrandolfi ha sostenuto la necessità di abbandonare la mera repressione e la ricerca di un colpevole a tutti i costi. Questo obiettivo è perseguibile attraverso l’introduzione di un approccio sostanziale alla sicurezza nei luoghi di lavoro, che non si dovrà naturalmente tradurre in un abbassamento degli standard, ma dovrà tramutarsi in occasione per la definizione di regole più semplici, chiare e di facile adempimento sia per i lavoratori che per le aziende.

 

I lavori del congresso nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro hanno confermato queste riflessioni di apertura consegnandoci un messaggio chiaro e inequivocabile, ossia che il Testo Unico, a dieci anni dalla sua entrata in vigore, meriterebbe di essere profondamente ripensato al fine di poter abbandonare l’eccessivo formalismo di questi anni, in un’ottica di maggiore attenzione agli aspetti sostanziali della tutela della salute sui luoghi di lavoro, i quali – sempre più “fluidi” e dematerializzati – richiedono un approccio dinamico e un metodo scientifico di valutazione e gestione del rischio al quale ben potrebbero contribuire i medici del lavoro. 

 

Giada Benincasa

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@BenincasaGiada

 

Irene Tagliabue

ADAPT Junior Fellow

@TagliabueIrene 

 

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