Inquadramento dell’istituto ed evoluzione normativa
In prima approssimazione possiamo definire il tirocinio come un particolare strumento di carattere non lavorativo finalizzato alla facilitazione dell’ingresso nel mondo del lavoro di soggetti neo-diplomati o neo-laureati. L’istituto è rivolto, come concreta modalità di politica attiva del lavoro, anche a soggetti svantaggiati e disabili, oltre che a disoccupati o inoccupati.
Il tirocinio si fonda su di una stretta collaborazione tra soggetto promotore (responsabile della genuinità del rapporto), tirocinante e soggetto ospitante (che accoglie il tirocinante presso la propria struttura e ne cura la formazione professionale, attenendosi ad uno specifico progetto formativo, che costituisce parte integrante del rapporto).
Da un punto di vista giuridico, secondo quanto stabilito dall’art. 18 lett. d, l. n. 196/1997, il tirocinio non costituisce un contratto di lavoro e dunque tra soggetto ospitante e tirocinante non si instaura alcuna obbligazione di tipo sinallagmatico (prestazione – corrispettivo).
La disciplina originaria ha poi subito un’evoluzione significativa che ha portato alla distinzione di due particolari tipi di tirocinio: quello “curricolare” (inserito in un percorso di formazione, istruzione o universitario) e i tirocini di tipo “extracurricolare” (rivolto a soggetti in uscita dal sistema di istruzione formale, come ad esempio neo-laureati e neo-diplomati).
Un passaggio importante nello sviluppo normativo dell’istituto è poi la legge delega n. 30 del 2003 ed il successivo art. 60 d.lgs. n. 276/2003, che ha introdotto il c.d. “tirocinio estivo di orientamento”.
La legge delega risultò, tuttavia, costituzionalmente illegittima poiché il tirocinio estivo, non avendo alcun collegamento con rapporti di lavoro, attiene alla formazione professionale, che – a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione – è di competenza esclusiva delle regioni.
Il legislatore più recente, con la l. n. 148/2011 (art. 11) ha dunque fissato alcuni criteri sistematici, che possono essere così riassunti:
– Natura triangolare del rapporto: tirocinante, azienda ospitante e soggetto promotore, pur rinviando alla competenza regionale la definizione delle caratteristiche del soggetto promotore;
– distinzione tra tirocini curricolari (disciplinati dalle singole regioni) ed extra-curricolari (sottoposti alla legislazione statale);
– la disciplina dettagliata sui tirocini formativi e di orientamento è affidata alle Regioni.
Nel settembre 2011, con la Circolare n. 24, il Ministero del lavoro ha introdotto la nuova tipologia del c.d. tirocinio di reinserimento/inserimento al lavoro che, così come quella dei tirocini curricolari, non rientra nel campo d’applicazione dell’art. 11 sopracitato.
La riforma Fornero e le linee-guida
Stante l’inerzia dei legislatori regionali, al fine di garantire l’applicazione di una normativa uniforme su tutto il territorio nazionale ed evitare gli abusi che l’attuale crisi del mercato del lavoro ha contribuito ad alimentare, anche il governo Monti è intervenuto sulla materia in oggetto, vincolando le Regioni ad adottare «in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome […] un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento» (legge n. 92/2012, art. 1 comma 34) sulla base di criteri generali fissati nello stesso comma. Da sottolineare è l’introduzione dell’obbligatorietà del «riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta».
Il 24 gennaio 2013, in attuazione della disposizione di legge contenuta nella c.d. “riforma Fornero”, la Conferenza Stato–Regioni ha adottato le suddette linee–guida. Si può affermare che tutte le regioni, ad esclusione di Valle d’Aosta e Sardegna abbiano ormai recepito con propria legislazione la normativa sui tirocini formativi e di orientamento (si veda La regolazione dei tirocini formativi in Italia dopo la legge Fornero a cura di G. Bertagna, U. Buratti, F. Fazio, M. Tiraboschi, ADAPT Labour Studies e-Book series, 2013, n. 16).
Le scelte della Regione Lombardia
Anche la regione Lombardia, seppur in ritardo rispetto alla scadenza definita dall’accordo del 24 gennaio (6 mesi), lo scorso 8 novembre ha pubblicato i “Nuovi indirizzi regionali in materia di tirocini” (vedi anche U. Buratti, La Lombardia opta per una legislazione a 360°, in La regolazione dei tirocini formativi in Italia dopo la legge Fornero, cit.). La giunta regionale, con delibera adottata in data 25 ottobre 2013, ha adottato le proprie linee-guida, introducendo una serie di disposizioni a favore di un maggior impiego di questo istituto come strumento di politica attiva del lavoro.
Anzitutto va sottolineato l’ampliamento della portata di questa disciplina: la giunta ha optato per regolare non solo tirocini extra-curricolari (formativi e di orientamento, inserimento/reinserimento lavorativo in favore di soggetti svantaggiati e disabili), ma anche tirocini curricolari (esperienze che si innestano nel ciclo di studi intrapreso dal soggetto, anche se svolti al di fuori del periodi del calendario scolastico o accademico) ed estivi di orientamento.
Ulteriore elemento innovatore si rintraccia nell’estensione della base occupazionale per il computo del numero massimo di tirocini attuabili in azienda che ricomprende non solo i lavoratori dipendenti con contratto a tempi indeterminato, ma anche: titolare/i di impresa, liberi professionisti, soci lavoratori di cooperative, lavoratori a tempo determinato o collaborazioni non occasionali (con durata di almeno 12 mesi).
Per quanto riguarda invece la disciplina della durata del tirocinio non si nota un particolare scostamento rispetto alle linee-guida adottate dalla Conferenza Stato-Regioni, se non per l’introduzione della possibilità di svolgere il tirocinio in orario notturno, comunque sottoposta a vincoli come la previsione di tale modalità di svolgimento in specifiche intese sindacali aziendali e il rispetto della normativa vigente in materia di lavoro notturno.
Interessante è la disposizione circa i soggetti ospitanti multi localizzati, cioè quei soggetti – pubblici o privati – che svolgano la loro attività in più di una regione. Le linee-guida prevedono che in tal caso il tirocinio sia regolato dalla norma della regione in cui il tirocinio si realizza, facendo così prevalere un principio di effettività. Tuttavia la disciplina regionale non può che fare salva la disposizione – più ragionevole – dell’art. 2 comma 5-ter, dl n. 76/2013, così come convertito in l. n. 99/2013, che ammette l’applicazione di un’unica disciplina in tutte le sedi, facendo riferimento a quella della Regione dove è ubicata la sede legale del soggetto ospitante.
Un aspetto centrale è il concetto di «congrua indennità», già introdotto dalla l. n. 92/2012 e richiamato dalla Conferenza Stato-Regioni, che nella disciplina generale la Regione fissa in un non inferiore ad € 400 lordi al mese (contro i 300 delle linee-guida di gennaio).
Parte della dottrina considera positivamente questa previsione; altri però sottolineano giustamente che, poiché i tirocini non costituiscono rapporti di lavoro, non dovrebbero essere accompagnati da alcun corrispettivo, al fine marcarne la distinzione inequivocabile dagli altri rapporti di lavoro tipici.
Un’ultima annotazione è doverosa: il sistema di monitoraggio, controllo e la disciplina sanzionatoria regionale appaiono assai deboli, mancando la formulazione di specifiche disposizioni; il punto 5 della deliberazione affronta infatti questo aspetto – che a parere di chi scrive è centrale per la lotta e la prevenzione agli abusi – solo da un punto di vista programmatico, incentrandosi in mere dichiarazioni di intenti.
Sul punto appare più incisiva la disposizione adottata dalla Conferenza Stato-Regioni (punto 14 dell’accordo) che prevede in caso di abuso oltre che una sanzione amministrativa che può variare tra i 1000 ed i 6000 euro, la riqualificazione del rapporto come di natura subordinata.
A parere di chi scrive la “sanzione” della riqualificazione del rapporto in contratto di lavoro subordinato – seppur condizionata dalla sussistenza dei requisiti ex art. 2094 c.c. –, risulta quantomeno anomala: non solo disincentiva il ricorso allo stage da parte delle aziende, ma considera la subordinazione al pari di una sanzione, e non come una fattispecie da cui il tirocinio si deve distinguere.
Conferenza Stato-Regioni | Regione Lombardia | |
Campo di applicazione | Tirocini di formazione e orientamento; inserimento/reinserimento al lavoro a favore di: soggetti svantaggiati e disabili, disoccupati – inoccupati | Tirocini di formazione e orientamento; inserimento/reinserimento al lavoro a favore di: soggetti svantaggiati e disabili, disoccupati – inoccupati; tirocini curricolari; tirocini estivi |
Numero massimo di tirocinanti impiegabili in azienda | Fino a 5 dipendenti: 1Tra 6 e 20: non più di 2Dai 21: 10% degli occupati | Fino a 5 dipendenti: 1Tra 6 e 20: 2Sopra i 20: 10% degli occupati |
Calcolo della base occupazionale | Lavoratori dipendenti con contratto a tempi indeterminato | Titolare/i di impresa, liberi professionisti, soci lavoratori di cooperative, lavoratori a tempo determinato o indeterminato, collaborazioni non occasionali con durata di almeno 12 mesi. |
Durata massima | Formazione/orientamento: 6 mesiInserim./Reinserim. : 12 mesiDisabili: 24 mesi | Formaz./orientam.: 6 mesiInserim./Reinserim.: 12 mesiDisabili: 24 mesiCurricolari: ordinamenti di studio e piani formativi |
Tirocini notturni | Non previsti | Dalle 23 alle 7, se previsto da intese sindacali aziendali e solo se l’attività del soggetto ospitante lo giustifichi. |
Congrua indennità | Non inferiore ad € 300 lordi al mese | Non inferiore ad € 400 lordi al mese, riducibile ad € 300 quando accompagnati da buoni pasto, servizio mensa o se non implichino un impegno giornaliero di 4 ore. |
Marco Menegotto
Studente di Giurisprudenza – Università degli studi di Milano