Negli ultimi tre decenni il welfare state ha subito trasformazioni che lo hanno portato ad assumere un profilo più locale. La cause delle trasformazioni del welfare sono molteplici e non possono essere affrontate in un questo contributo. Ci limitiamo a indicare alcune aree di cambiamento: trasformazioni socio-demografiche, come l’allungamento della speranza di vita (con una conseguente crescita del bisogno di assistenza pensionistica e sanitaria), la riduzione della natalità, l’aumento dell’instabilità delle convivenze, l’aumento dei flussi migratori e delle difficoltà di inserimento di masse eterogenee di migranti; trasformazioni economiche e del mercato del lavoro, come la liberalizzazione dei mercati, la diminuzione dei posti fissi e una maggiore instabilità ed eterogeneità occupazionale; trasformazioni istituzionali che riflettono un indebolimento delle capacità regolative degli stati nazionali e favoriscono forme di decentramento territoriale, sostenute dalla Commissione Europea attraverso le direttive di sussidiarietà (Y. Kazepov,La dimensione territoriale delle politiche sociali in Europa, Carocci, 2008). Questi cambiamenti rendono il welfare tradizionale – centralizzato e standardizzato – sempre meno capace di rispondere con modalità efficaci a una domanda sociale che è in misura crescente eterogenea e individualizzata. Dal punto di vista politico, vi è poi una crisi di legittimazione del welfare, per cui fasce crescenti del ceto medio sono poco propense a giustificare la spesa sociale (pur essendone tra i maggiori beneficiari). Infine una grave crisi fiscale ha interessato tutti i paesi industrializzati, ma soprattutto quelli dell’Europa meridionale, e si è tradotta in austerità e nel taglio della spesa di welfare. In queste condizioni, si parla di un nuovo welfare che è più locale, ma anche orientato a responsabilizzare i soggetti che hanno bisogno di sostegno, di welfare attivo che mobilita il terzo settore, ma anche il settore privato for profit. Un welfare orientato a investimenti e innovazioni e che, allo stesso tempo, favorisce forme di privatizzazione.
Il welfare locale è al centro di due diverse forze intrecciate e contrapposte: 1) l’imperativo di trovare risposte efficaci a bisogni di sostegno sociale sempre più individualizzati, frammentati ed eterogenei,esito delle trasformazioni di cui sopra, e quindi di espandere servizi sociali e politiche attive; 2) la necessità di far fronte alla scarsità delle risorse a disposizione degli enti pubblici e alle crescenti difficoltà di legittimazione della spesa pubblica. Queste due forze sono portatrici di strategie di riforma del welfare non sempre conciliabili: promuovere una copertura più articolata ed efficace dei nuovi rischi; tagliare la spesa pubblica (A. Andreotti – E. Mingione, “Local welfare systems in Europe and the economic crisis”, European Urban and Regional Studies, 2014).
Continua a leggere su eticaeconomia.it