Per un progetto ambizioso mirato a conciliare l’attività produttiva con la tutela ambientale, il problema maggiore è la mancanza del “capitale sociale”, cioè di quella civicness radicata, senza la quale qualsiasi Paese è condannato a languire nell’arretratezza.
A metà degli anni ’60 lo Stato insedia un’acciaieria accanto a una grande città, senza una zona di rispetto per la protezione dell’abitato; negli anni successivi Comune e Regione – abdicando ai propri poteri di governo urbanistico – consentono uno sviluppo insensato degli insediamenti residenziali intorno allo stabilimento, ignorandone l’inquinamento. Nel 1995 quell’acciaieria viene ceduta a una famiglia di industriali, i quali considerano come normale costo di produzione la generosa distribuzione di denaro a istituzioni pubbliche e a privati: dalla Regione al Comune, dai partiti ai sindacati, dalla Diocesi alle associazioni ambientaliste, per anestetizzare tutti quanti di fronte ai danni causati dallo stabilimento…
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