I tedeschi attorno al comune riconoscimento dell’economia sociale di mercato hanno costruito un codice condiviso tra imprese e lavoratori che chiamano cogestione, noi saremo mai in grado di costruire qualcosa di altrettanto significativo? È questa la domanda che ieri è rimasta nell’aria in un’assemblea confindustriale del tutto particolare: ad organizzarla era la Federmeccanica e tra gli ospiti d’onore chiamati sul palco a discutere c’erano i tre segretari generali di Fiom, Fim e Uilm (Landini, Bentivogli e Palombella).
Fabio Storchi, presidente uscente dell’associazione, è stato il primo a stabilire un nesso tra il recente contratto di «rinnovamento» firmato anche con la Fiom e la cultura della partecipazione. Secondo Storchi le novità che vengono avanti con la fabbrica 4.0 «impongono una nuova visione delle relazioni industriali, impongono di promuovere nei prossimi anni una via italiana alla partecipazione». Una soluzione made in Italy, più informale e quotidiana rispetto alla cogestione tedesca «ma non per questo priva di prassi codificate, come riunioni periodiche con il management, gruppi di lavoro volti a definire obiettivi aziendali, progetti di miglioramento continuo e innovative soluzioni di welfare». Il suo successore, il torinese Alberto Dal Poz, ha ripreso il concetto sostenendo che il recente contratto dei metalmeccanici ha permesso di «superare quell’idea di conflitto sociale che ha segnato l’intero Novecento» e oggi c’è bisogno di «elaborare una visione condivisa della quarta rivoluzione industriale»…
Continua a leggere su corriere.it