Progettare per modernizzare, Convegno ADAPT, 16 marzo 2023
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Bollettino ADAPT 20 marzo 2023, n. 11
Esprimo un ringraziamento per l’opportunità che mi viene offerta, portando innanzitutto il saluto a nome del Sistema Fipe-Confcommercio che rappresento e il rispettoso ricordo a Marco Biagi, che faccio con dolore, nonostante i tanti anni trascorsi dall’omicidio con il quale ha pagato la sua illuminata visione del Mercato del lavoro.
Violenza che ancora si ripresenta in questo Paese, incapace a volte di distinguere tra l’essere liberi e prendersi delle libertà, con il poco rispetto o addirittura l’odio che ne consegue verso persone con idee o posizioni diverse dalle proprie, come è successo a Marco Biagi (o ad Aldo Moro di cui proprio oggi ricorre il 45° anno del rapimento).
Oltre al dolore, aggiungo la riconoscenza per l’eredità che Marco Biagi ha lasciato, ancora viva e attuale, perché il suo percorso di innovazione del Mercato del lavoro, con la continua ricerca di nuovi punti di equilibrio tra esigenze dei lavoratori e aspettative delle imprese, per favorire buon lavoro e contrastare lavoro sommerso o non-lavoro, è resa quanto mai attuale dalla velocità dei cambiamenti che caratterizza quest’epoca.
Alla riconoscenza per Biagi, aggiungo quella ad ADAPT, che tiene viva la memoria di questo “martire” del lavoro e continua con convinzione e determinazione lo studio di questi delicati temi e la titolazione di questo incontro “Progettare per modernizzare” ne sono ulteriore testimonianza.
Ciò premesso, onorato -e preoccupato per la responsabilità- di essere l’unico rappresentante del mondo delle Imprese, provo a lasciare un contributo per i settori che rappresento (i Pubblici Esercizi in particolare, con oltre 1 milione di occupati, e il Terziario di Mercato più in generale, di cui tutti conoscono il peso economico in un Paese fortemente terziarizzato), quanto mai in difficoltà sui temi del Lavoro.
In difficoltà perché, da una parte, si registra una profonda e grave carenza di manodopera, anche a causa dell’emergenza sanitaria che ha determinato una forte dispersione di occupati, e dall’altra, emerge la difficoltà a portare avanti o chiudere la stagione dei rinnovi contrattuali, per la mancanza di risorse da investire sui rinnovi in settori, prima devastati dagli effetti della pandemia e ora alla prova dei nuovi problemi causati dal caro energia e dell’inflazione a doppia cifra, che ha ridotto le marginalità operativa.
In questa situazione, gli imprenditori, e chi ha la responsabilità di rappresentarli, si dibattono tra la responsabilità nel considerare i problemi dei loro dipendenti, che vedono i loro salari profondamente erosi dall’inflazione, e la necessità di trovare qualche soluzione sui temi della produttività, che rimane la strada da perseguire per trovare risorse da investire su Politiche Retributive che sappiano salvaguardare anche occupazione e competenze.
Riflessione che avviene in un mondo molto cambiato, anche nei bisogni e nelle aspettative delle persone, dove i temi della conciliazione vita privata/lavoro, della formazione o del continuo aggiornamento professionale e del welfare -aziendale o settoriale- sono sempre più rilevanti, nella discussione pubblica e nella scelta delle persone, forse anche di più della mera questione economica.
Basti pensare all’interesse che sta suscitando il tema della “settimana corta”, con 4 giorni di lavoro magari al prezzo di 5, sostenute da alcune grandi imprese italiane, soluzione che sembra essere la nuova frontiera dell’Organizzazione del lavoro, impraticabile per settori e attività come le nostre, che danno servizi 7/7 giorni e spesso anche 24/24 ore, e che rischia di dividere il mondo delle imprese in due grandi categorie.
Da una parte, quelle che possono investire per adattare i propri modelli organizzativi o di business, introducendo molta innovazione (anche digitale), imprese che normalmente producono con alto valore aggiunto e spesso sono in grado di trasferire facilmente a valle i costi degli investimenti innovativi.
Dall’altra, le altre imprese come le nostre, con problemi di marginalità, che fanno servizio senza interruzione, con attività “labour intensive”, che rischiano di finire ai margini del Mercato del lavoro, perdendo altra attrattività, con danni alle stesse imprese, ma anche al Paese, per l’inesorabile dequalificazione in alcuni servizi e per il venir meno del forte valore sociale implicito in queste attività.
In questa situazione deve uscire rafforzato il ruolo della Contrattazione Collettiva (il Prof. Sacconi ha parlato di “dinamismo delle Relazioni industriali” richiamando uno dei tre profili studiati da Marco Biagi, ndr), che richiede due sforzi:
– Il primo destinato a valorizzare il ruolo sociale e politico della Contrattazione che, nel rispetto della Costituzione, deve essere in grado di certificare i reali pesi delle Parti Sociali, evitando il rischio di un sistema autoreferenziale e inefficace, che ha portato al problema della proliferazione dei CCNL, degenerato nel “dumping contrattuale”, che la Ristorazione, e il CNEL, conoscono bene. Infatti, proprio quì abbiamo presentato il nostro rapporto su questo fenomeno, con 31 CCNL applicati nel nostro settore che, rispetto al principale sottoscritto da Fipe-Confcommercio, vede sistematicamente applicata la “Teoria della Sottrazione” che toglie diritti ai lavoratori, valori al lavoro, produce concorrenza sleale e offre spazi ai sostenitori del salario minimo per legge. La Contrattazione Collettiva deve, cioè, vedere rafforzato il suo ruolo di presidio della legalità, utile anche a contrastare l’ideologia del “Salario Minimo” ritornata di grande attualità.
– Il secondo sforzo lo devono fare le parti sociali, per trovare i nuovi equilibri, provando a rigenerare i contratti di lavoro, non continuando a cercare qualcosa che non c’è più, ma qualcosa di nuovo, che magari non c’è ancora, in grado di offrire soluzione sostenibili.
Va ricercata la creatività che Marco Biagi ha coltivato, intesa come volontà e capacità di costruire soluzioni adeguate ai tempi, ripensando il lavoro, basandolo su obiettivi, mansioni e responsabilità in grado di aumentare il benessere individuale e crescere valore imprenditoriale.
Ricerca che va fatta a doppia mano -privata e pubblica-, con quella privata delle Parti Sociali, che deve caricarsi l’impegno a modernizzare ed efficientare i CCNL, intervenendo su istituti normativi che generano costi e inefficienze organizzative, estraendo, cioè, valore dai CCNL, da destinare al miglioramento delle retribuzioni, e questa attività di risistemazione normativa non può essere rifiutata perché operazione di scambio.
La mano pubblica, invece, deve operare per ridurre gli oneri del lavoro (e la Riforma del Fisco in evoluzione pare andare in questa direzione), incentivare la buona contrattazione, riformare e semplificare il Diritto del Lavoro.
Temi che la Ministra Maria Elvira Calderone conosce certamente benissimo, per la sua importante storia professionale o perché li avrà già sentiti da altri, e che toccano le politiche del lavoro, la formazione e il welfare, sui quali mi permetto alcune considerazioni.
Le politiche attive, che erano un caposaldo della visione del lavoro di Marco Biagi, sono il convitato di pietra quando si parla di Politiche del lavoro, sempre richiamate, quasi mai attivate con normative strutturate e coerenti, in grado cioè di superare il perenne sbilanciamento verso le Politiche passive e, in generale, di sussidio, trascurando quindi l’importanza di avviare, invece, azioni di innovazione, riqualificazione, rafforzamento e orientamento verso le competenze.
Al riguardo, per esempio, l’attuazione del Programma GOL (Garanzia Occupazione Lavoratori), finanziato dal PNRR, deve essere l’occasione per una seria collaborazione tra sistema pubblico e privato, con il coinvolgimento non solo dei Centri per l’Impiego, ma anche delle Agenzie private per il lavoro.
Sulla questione che riguarda, invece, la carenza di manodopera, tema trasversale ed universale, che tocca in contemporanea molti aspetti della Società (la scuola, la famiglia, la demografia, l’economia, etc.), in attesa di migliorare le criticità interne, risolviamo il paradosso soprattutto italiano che vede, da un lato, la preoccupante mancanza di personale, e, dall’altro, una domanda di lavoro che arriva dai flussi migratori, da affrontare con efficaci politiche, che vadano oltre la strumentale ideologia sui temi dell’immigrazione, e che sappiano, invece, valutare gli effettivi bisogni quantitativi delle imprese, creare efficaci percorsi formativi e di inserimento, semplificando le farraginose e complicate attuali procedure sui visti d’ingresso.
Inoltre, lo stallo sui rinnovi contrattuali va forzato, incentivando la negoziazione con la detassazione/decontribuzione degli aumenti contrattuali, anche a tempo determinato.
Sui temi del welfare, le Parti Sociali devono provare a sostenere quello contrattuale, spostando parte della Retribuzione su Istituti in grado a contrastare l’erosione del potere d’acquisto dei salari, sostenendo i principali beni di consumo (affitti, utenze energetiche, istruzione, mobilità, sanità e previdenza), con un maggiore coinvolgimento della Bilateralità, ma anche rivedendo l’attuale anacronistico limite di € 258 per i “fringe benefit”.
Sui temi della Formazione, condivido la posizione del Prof. Treu che la considera non un addendum ma un’essenza del rapporto di lavoro, perché oggi la formazione non è solo un rafforzato “diritto soggettivo” della persona, ma anche una necessità per lavoratori ed imprese, per innovare, migliorare e riqualificare, conoscenze e competenze.
E’ richiesto, quindi, un maggiore impegno delle Parti Sociali, ma anche nuovi incentivi, con il sistema dei crediti d’imposta, per valorizzare tutta la filiera “istruzione e formazione”, partendo dalle scuole professionali e specialistiche post-diploma, come gli ITS, percorrendo ed esplorando una prateria piena di opportunità di crescita.
* * *
Ho provato (e chiudo) a lasciare, quindi, qualche riflessione, sperando che le tre grandi questioni che oggi frenano il Mercato del lavoro possano essere affrontate con più energia e determinazione, e mi riferisco:
– alla questione politica, che deve saper dirigere e orientare verso percorsi virtuosi di crescita del lavoro;
– alla questione sociale, che interessa gli aspetti demografici e le (vere) politiche per la famiglia;
– alla questione culturale, che riguarda la considerazione verso i valori del lavoro, molto spesso non più considerati come elementi edificanti e qualificanti della Persona, trascurando anche l’insegnamento che la fatica e il lavoro produce.
Temi che Marco Biagi ha frequentato con responsabilità e capacità di visione e che gli attuali attori -sindacali, politici, sociali, accademici- devono saper gestire e affrontare con la stessa qualità.
Lino Enrico Stoppani
Presidente Fipe-Confcommercio