Progettare per modernizzare, Convegno ADAPT, 16 marzo 2023
ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro
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Bollettino ADAPT 20 marzo 2023, n. 11
Ringrazio ADAPT e l’Associazione Amici di Marco Biagi che, come ogni anno, ci spingono non a commemorazioni rituali, ma a condividere in maniera generativa il lascito del professor Biagi.
Ritengo molto opportuna questa occasione di bilancio a venti anni dall’approvazione della Legge 30 del 2003.
Opportuna, perché ci dà l’occasione di un dibattito che non deve essere agiografico, né ideologico.
E anche perché coinvolge, in questo, una generazione di dirigenti sindacali, operatori sociali, ricercatori, esponenti delle istituzioni, che non ha vissuto direttamente quella stagione.
Di fronte alle potenti dinamiche di trasformazione, alle transizioni tecnologiche, demografiche e ecologiche, alla tempesta inflazionistica che stiamo attraversando, rievocare quel percorso può sembrare un mero esercizio accademico.
Niente di più lontano dal vero.
Perché al centro delle elaborazioni di Biagi c’era proprio il principio di un governo buono e partecipato del cambiamento.
Tornare a quegli anni ci permette di evidenziare quanto le sue proposte siano attuali e quanto ci sia ancora da fare.
Già allora guardava a un mercato del lavoro polarizzato dalla spinta tecnologica, dalla globalizzazione, dall’interdipendenza dei mercati.
Già allora teorizzava la predisposizione di tutele per ogni tipologia contrattuale, la promozione di relazioni industriali sempre più di prossimità, sempre più ritagliate sull’esigenza di ogni comunità lavorativa.
Già in quella stagione guardava alla partecipazione dei lavoratori e della democrazia economica, come pure dell’integrazione europea nella regolazione e nella protezione del lavoro.
Intuizioni che hanno indicato una via riformista che la Cisl ha sostenuto convintamente ma che purtroppo è stata interrotta.
E – mi permetterete – non solo pallottole delle Brigate Rosse, ma anche dalla falsa e vigliacca retorica di chi, negli ambienti antagonisti della politica e anche del sindacato, ha deliberatamente demolito la figura di Biagi.
Il primo vero ostacolo al suo “giuslavorismo pragmatico” è stato proprio questo irrigidimento ideologico, questa disgustosa strumentalizzazione che ha interrotto le necessarie innovazioni e bloccato ogni riforma.
Su tutto questo, lasciatemelo dire, la Storia è stata il più severo giudice.
Per capirlo basta guardarci intorno. Il Paese è rimasto in mezzo al guado, senza propulsione alla crescita né capacità di adattarsi ai mutamenti di sistema.
Questioni alle quali la Legge Biagi cerca di dare risposte attraverso due assi principali: l’impegno per politiche attive, con servizi al lavoro più estesi e la flessibilità in ingresso attraverso lo sviluppo della contrattazione.
Il progetto era quello, attualissimo, di realizzare uno Statuto dei Lavori, non sostitutivo, ma complementare allo Statuto dei Lavoratori, volto a cambiare e migliorare quello che lo stesso Biagi definiva il peggior mercato del lavoro d’Europa.
Allora fare memoria di questo vuol dire anche cogliere l’occasione per rilanciare un dibattito di merito sulle riforme necessarie al completamento del processo interrotto di modernizzazione.
Questo è il momento. Non possiamo perdere altro tempo.
Le conseguenze della pandemia hanno infatti amplificato crepe che invocano, per essere sanate, una definitiva evoluzione in forma universalistica del nostro sistema di protezione e promozione dell’occupazione.
Lavoro che va rilanciato tanto negli aspetti quantitativi, quanto sotto il profilo qualitativo, non solo mediante leve istituzionali, ma anche attraverso una rete sussidiaria, bilaterale chiamata oggi come mai ad essere protagonista nelle politiche del lavoro.
Nell’organizzazione post-fordista del lavoro, la gestione congiunta, le protezioni contrattuali, i servizi privati per l’impiego, la formazione perpetua sono elementi essenziali per garantire una competitività non “al ribasso”, non fondata sulla compressione del costo del lavoro, ma al contrario sulla sua valorizzazione, responsabilizzazione e centralità creativa nelle dinamiche di crescita.
È in questi termini che si gioca la partita strategica dell’occupabilità. Una questione frenata ancora oggi da tanti squilibri di sistema.
Alcuni vanno in continuità con quegli anni: penso alle “tre grandi G della disuguaglianza”: la disparità di Genere, Generazionale e Geografica.
Altri elementi frenanti sono invece di stringente attualità rispetto ad allora.
– Penso alla velocità dell’innovazione tecnologica, che rende tra l’altro più sfumati i confini tra lavoro subordinato e autonomo.
– Penso al rilievo della sostenibilità ambientale e sociale, che tanto sfida la contrattazione e la partecipazione organizzativa.
– E poi all’accento sul sostegno alle transizioni occupazionali con il più forte investimento di sempre in competenza e formazione.
Non possiamo perdere l’occasione che ci è data dai fondi del Pnrr.
Le politiche attive devono divenire strutturali anche per non incorrere nei tanti inciampi di questi venti anni in cui, spesso, ci si è distratti dalle vere urgenze, per discutere di feticci ideologici, a partire dall’articolo 18.
Così facendo si è impedito lo sviluppo di un sistema moderno e integrato di tutele che assicuri sempre ad ogni persona sostegno al reddito, formazione di qualità, salari più alti, orientamento nel mercato del lavoro.
Questo implica anche una evoluzione nel sistema di rappresentanza sindacale, che deve essere capace di includere sempre di più anche il lavoro autonomo.
Permane, poi, la necessità di migliorare, accanto a tutele innovative in costanza di rapporto di lavoro, processi di accompagnamento studio-lavoro e lavoro-lavoro, rispetto ai quali prestazioni di welfare e formazione vanno considerate diritti universali.
Un ultimo passaggio lo voglio dedicare a un altro campo di collaborazione, dialogo, impegno condiviso che ha intercettato il pensiero di Marco Biagi.
Mi riferisco alla partecipazione e alla democrazia economica.
Vogliamo, infatti, costruire un nuovo protagonismo del lavoro e delle imprese, chiedendo al Governo e al Parlamento di approvare una norma di sostegno al coinvolgimento dei lavoratori alla gestione, ai risultati e alla organizzazione delle aziende.
Nei prossimi giorni lanceremo un’ampia campagna nazionale di raccolta firme per una proposta di iniziativa di Legge popolare sulla Partecipazione, in coerenza con gli articoli 41 e 46 della nostra Costituzione.
Nel realizzare questo disegno di legge abbiamo fatto tesoro del “metodo” di Marco, inserendo direttamente nella proposta legislativa gli esempi di alcune delle tante buone pratiche partecipative che contrattiamo e promuoviamo in ogni settore.
Siano esse gestionali, economiche, organizzative, consultive.
Oltre all’attenzione alle migliori prassi, c’è un ulteriore elemento che voglio richiamare.
Così come la Legge 30 delegava ampi margini alle parti sociali – margini purtroppo non compresi da tutti – anche qui la strada che abbiamo scelto non è quella dell’imposizione dall’alto o, ancor peggio, della sanzione.
La Cisl propone di investire in una serie di leve promozionali e meccanismi incentivanti, che arrivino fino al nostro tessuto di piccole e medie imprese e che siano agiti e scelti a livello aziendale dalle rappresentanze sindacali e dagli imprenditori stessi.
Vogliamo giocare pienamente quello che un’altra grande figura, purtroppo anch’essa uccisa dalle Brigate Rosse, Ezio Tarantelli, definiva il ruolo economico del sindacato nel democratizzare, umanizzare, rendere più efficienti le relazioni industriali.
Partecipazione e confronto sono leve fondamentali per la competitività e la crescita.
Per continuare a camminare e ad operare nel solco generoso e lungimirante che ci ha lasciato Marco Biagi dobbiamo cogliere questa sfida ambiziosa, che richiede un’alleanza ampia tra Governo, forze sindacali e datoriali.
Noi ci siamo!
Per riprendere insieme il percorso interrotto verso un modello di sviluppo fondato sulla corresponsabilità sociale. Un perimetro di comune impegno che contribuisca a realizzare un Paese unito, solidale, produttivo, interamente mobilitato nella costruzione del bene comune.
Luigi Sbarra
Segretario generale Cisl