La Youth Guarantee parte col piede giusto. Prevede, infatti, una piattaforma unica nazionale nella quale inserire la domanda di lavoro o, comunque, la candidatura del giovane che si proponga per ottenere uno dei servizi richiesti. La pubblicazione dei dati sarà ad opera dei Centri per l’impiego nonché delle agenzie private, autenticate nel sistema.
In questo modo, sarà possibile la cosiddetta “contendibilità” dell’offerta riguardante il giovane. Se, infatti, il servizio per il lavoro territorialmente competente non fosse in grado di assicurare al giovane nei 4 mesi dalla domanda un tirocinio, un contratto di apprendistato, un’ipotesi di orientamento e/o formazione o un aiuto all’avviamento di impresa, la visibilità nazionale dell’offerta, consentirà di intervenire ad altri soggetti, che potranno proporre al giovane opportunità di servizi presenti in tutto il territorio nazionale.
È un’impostazione da considerare corretta e, per altro, configura un importante superamento della frammentazione delle banche dati e della difficoltà di comunicare tra soggetti, pubblici o privati che siano, nel campo del lavoro.
Tuttavia, il pregio dell’impostazione organizzativa dello Youth Guarantee sconta, ancora e come sempre, il problema vero del mercato del lavoro: l’incontro dell’offerta con la domanda.
Il sistema congegnato dal Ministero del lavoro consente di pubblicizzare su scala nazionale l’offerta di lavoro. Manca la speculare pubblicizzazione della domanda aziendale.
Certo, a questo dovrebbero rimediare i servizi di intermediazione, che, intercettata la domanda, possono abbinarla all’offerta.
È, tuttavia, noto che il mercato del lavoro italiano risulta, alla prova dei fatti zoppo, o, forse, un “non mercato”, perché incentrato troppo, se non quasi esclusivamente sull’offerta.
I servizi per il lavoro dispongono di banche dati e conoscenze profondissime dell’offerta: centinaia di migliaia di curriculum, bilanci di competenze, colloqui di orientamento permettono ai servizi di preselezionare le professionalità richieste. Il problema risiede nella difficoltà ad intercettare appunto la domanda. Le ben note stime sull’efficacia dell’intermediazione del sistema pubblico, il 4% sul totale dei contratti, lascia capire che non c’è un contatto continuativo ed efficace con le aziende. Ma, cosa troppo spesso non evidenziata dalla stampa, altrettanto bassa è la percentuale di efficacia dell’intermediazione privata. Segno che le aziende sono fortemente restie ad utilizzare i canali “formali” o “ufficiali” di ricerca di lavoro: piuttosto, fanno da sé, col “lavora con noi” on line o, soprattutto, la ricerca tra una cerchia ristretta di conoscenze.
Questa è la causa principale del mismatching: i soggetti chiamati ad intermediare hanno pieno “dominio” sull’offerta, pochissimo sulla domanda.
Il rischio, allora, è che la pubblicazione organizzata dell’offerta, che pure deve essere fatta e meritoriamente viene congegnata dal progetto Youth Guarantee, sconti come sempre l’effetto “messaggio in bottiglia”. È comprensibile come l’efficacia del sistema risulterebbe molto maggiore, ma non solo per la Youth Guarantee, se la domanda di lavoro delle aziende trovasse un simmetrico sistema di pubblicità. Si potrebbe allestire una “contendibilità” della domanda di lavoro, assolutamente indispensabile, come quella dell’offerta. In altre parole, pubblicata la domanda dell’azienda in un portale unico nazionale condiviso, tutti i soggetti accreditati nel sistema, pubblici o privati che siano, potrebbero abbinare curriculum di persone in cerca di lavoro da loro “trattati”. In questo modo, l’azienda otterrebbe in tempo quasi reale una o più rose di candidati, trovandosi così nella condizione di poter scegliere il candidato più idoneo.
Risulta chiaro che un sistema di questo tipo renderebbe il mercato davvero aperto, democratico, efficace. I soggetti chiamati ad intermediare avrebbero disponibili in modo trasparente sia l’offerta, sia la domanda. E sarebbe finalmente possibile verificare tempestività ed efficienza dei servizi.
Cosa sarebbe opportuno e possibile fare, allora? In primo luogo, indurre le aziende ad abbandonare l’abitudine a ricercare lavoratori mediante canali opachi e amicali. Data la libertà di agire assicurata dalla normativa alle aziende, occorrerebbe utilizzare strumenti di incentivo-disincentivo. Ad esempio, aumentare sgravi fiscali o previdenziali cui le aziende che inseriscano le domande nel portale abbiano diritto, o perfino prevedere sgravi legati al solo fatto di avvalersi del portale; oppure, simmetricamente, ridurre sgravi o benefici di altro genere, laddove rifiutino di avvalersi del sistema. In secondo luogo, occorre immaginare come tracciare l’attività delle aziende. Il portale potrebbe generare un identificativo della vacancy pubblicata, un codice univoco, assegnato dall’applicativo. Esso dovrebbe segnalare ai servizi per il lavoro accreditati l’avvenuta nuova pubblicazione. I servizi dovrebbero garantire l’abbinamento di rose di candidati, con curriculum corrispondenti il più possibile alla descrizione delle competenze contenuta nella domanda di lavoro pubblicata, entro un lasso di tempo predeterminato: 3, 4, 5 giorni, connettendolo al codice univoco di cui si è parlato prima.
L’azienda dovrebbe avere l’onere di acquisire informaticamente i curriculum abbinati, mediante una procedura di presa in carico, che tracci la visualizzazione dei curriculum. A questo punto, l’azienda resta libera di convocare (anche avvalendosi dei servizi per il lavoro) i candidati ed effettuare i colloqui selettivi. Al momento della comunicazione obbligatoria, dovrebbe segnalare che ha pubblicato la vacancy nel portale, trascrivendo il codice univoco ed indicare con un flag che l’assunzione comunicata riguarda un lavoratore tratto dagli abbinamenti ricevuti. Il sistema, così, dovrebbe aggiornare il portale e segnalare sotto al codice univoco che l’abbinamento di quel singolo lavoratore è andato a buon fine.
Automaticamente si evidenzierebbe quale servizio per il lavoro è stato quello capace di proporre nei termini un curriculum effettivamente valido. Altrimenti, laddove l’azienda non consideri possibile assumere nessuno dei lavoratori segnalati, deve avere l’onere di segnalarlo sul portale, con un minimo di motivazione. Ciò la renderebbe libera di effettuare la ricerca in via autonoma e di segnalare nella CO che l’assunzione non discende da un abbinamento, senza che il sistema segnali l’anomalia, a fronte della quale potrebbe scaturire il disincentivo al mancato impiego del sistema. Ovviamente, flusso simile può operare anche per domanda di tirocini o, nell’ipotesi di enti di formazione, per proposte formative.
Con una impostazione di questo genere, i servizi per il lavoro avrebbero a disposizione, in un’unica piattaforma con più applicativi coordinati e dialoganti, domanda e offerta, su scala nazionale, e la possibilità di intermediare alla luce del sole, velocemente. La contendibilità della domanda, spingerebbe i servizi a rendersi sempre più celeri ed efficaci nella preselezione dei curriculum. Il portale potrebbe produrre dei report, dai quali estrarre non più solo stime sulla mediazione, ma numeri reali, così da confrontare davvero l’efficacia del sistema in generale e le capacità vere dei servizi ad abbinare alle domande curriculum realmente utili.
La Youth Guarantee ha fatto un passo decisivo. Ma senza l’ulteriore elemento della trasparenza e contendibilità della domanda, il mercato rimarrebbe sempre opaco e inefficiente.
Luigi Oliveri
Dirigente Coordinatore Area Servizi alla Persona e alla Comunità
Provincia di Verona
@Rilievoaiace