Influencer: la qualificazione del rapporto di lavoro secondo il Tribunale di Roma

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Bollettino ADAPT 27 maggio 2024, n. 21
 
La progressiva espansione di Internet e il relativo potenziamento, favorito anche dall’emergere di nuove e diverse tecnologie, hanno portato alla nascita di nuove figure professionali. Dopo i rider, di cui dottrina e giurisprudenza si sono ormai ampiamente occupate anche in Italia, è ora la volta dei c.d. influencer. Con l’affermarsi del fenomeno, dunque, ci si inizia ad interrogare sui profili giuslavoristici della relazione che lega l’azienda al “promotore digitale”, anche perché è stata già costituita ai sensi della legge n. 4/2013, una associazione, Assoinfluencer, intenzionata a tutelare gli interessi di detta categoria professionale.
 
Lasciando sullo sfondo i possibili sviluppi di un percorso “sindacale” di detta associazione – che pure meritano di essere monitorati – per il momento occorre evidenziare che il nodo relativo alla qualificazione del rapporto di lavoro di questa nuova figura è già giunto al vaglio di un giudice. Una recente sentenza del Tribunale di Roma, infatti, ha rintracciato, nel caso sottoposto alla sua attenzione, i tratti tipici di un tipo contrattuale già codificato nel nostro ordinamento giuridico: il contratto di agenzia.
 
Con sentenza n. 2615 del 4 marzo 2024, il giudice capitolino si è pronunciato sulla qualificazione del rapporto di lavoro intercorso tra una società che svolgeva attività di vendita online di integratori alimentari e tre influencer, ingaggiati dalla società per promuovere i propri prodotti tramite i canali social. Nello specifico, il giudice di merito ha respinto il ricorso della società avverso il verbale di accertamento con il quale l’autorità ispettiva aveva accertato la sussistenza di rapporti di agenzia ex art. 1742 c.c., condannando di conseguenza il ricorrente al pagamento dei contributi dovuti.
 
Al fine di individuare lo schema giuridico cui ricondurre la nuova figura professionale del marketing influencer, il giudice ha provveduto a tratteggiarne il profilo, definendolo un “esperto di settore che, con i propri post, permette di offrire maggiore visibilità a prodotti o servizi da lui promossi, avvalendosi dei canali web che ritiene più opportuni e adeguati (Instagram, Youtube, Facebook, un blog personale, etc.)”.  Quanto all’inquadramento giuridico di detta figura, il Tribunale di Roma ha anzitutto ricordato la differenza tra l’agente di commercio e il procacciatore d’affari: mentre il primo promuove, in modo stabile e continuativo, la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale tramite lo svolgimento di atti di contenuto vario e non predeterminato, il secondo, “senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore”.
 
Inoltre, il giudice ha puntualizzato che, nel rapporto di agenzia, la zona determinata nel quale svolgere l’incarico, aspetto comunque non dirimente ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, può consistere non solo in una zona geografica ma anche in una porzione di mercato quale può essere la comunità dei followers che seguono l’agente/influencer.  Nel contratto di agenzia, dunque, assumono rilevanza la stabilità e continuità dell’attività e il “nesso di causalità tra l’opera promozionale svolta dall’agente nei confronti del cliente e la conclusione dell’affare cui si riferisce la richiesta di provvigione”.
 
Il giudice di Roma ha concluso, nel caso di specie, per la configurazione di un rapporto di agenzia, anche in ragione dell’impiego di un codice sconto personalizzato, di cui era interesse dell’influencer promuovere l’uso al fine di concludere il maggior numero possibile di contratti, dal momento che, come evidenzia l’organo giudicante, “ogni volta che un acquisto viene effettuato attraverso quel codice, il relativo ordine viene contrattualmente considerato come direttamente procurato dall’influencer”.
 
La sentenza, dunque, facendo leva anche sulla presenza del codice sconto, supera le perplessità avanzate nelle prime analisi giuslavoristiche in materia, secondo le quali il contratto di agenzia non sarebbe la tipologia contrattuale più adatta al rapporto di lavoro degli influencer. Secondo questa tesi, infatti, l’influencer non mira alla conclusione di contratti ma a «persuadere la potenziale clientela dell’opportunità dell’acquisto, informandola del prodotto e delle sue caratteristiche, ma senza promuovere (se non in via del tutto marginale) la conclusione di contratti» (richiamando un indirizzo giurisprudenziale consolidato – ex multis Cass. 16 aprile 2021 n. 10158 – sulla figura del propagandista di medicinali; P. Iervolino, Sulla qualificazione del rapporto di lavoro degli influencers, LLI, 2, 2021, p. 45).
 
Dunque, proprio lo scopo del contratto, finalizzato alla vendita dei prodotti promossi,  che era possibile tracciare tramite l’impiego, da parte degli acquirenti, di codici sconto associati al singolo influencer, la presenza di una zona determinata, individuata nella comunità di followers, il vincolo di stabilità, desumibile dalla periodicità del versamento delle provvigioni e dal riconoscimento di un compenso fisso per ogni contenuto promozionale pubblicato, nonché la durata del contratto, stipulato a tempo indeterminato, hanno indotto il Tribunale di Roma a ritenere di essere in presenza di indizi gravi, precisi e univoci circa la natura del rapporto di lavoro, da ricondursi al rapporto di agenzia ex art. 1742 c.c. A tal proposito, il giudice ha precisato, poi, che “risulta irrilevante che l’influencer non sia destinatario di direttive ed istruzioni, atteso che il mercato in questione, nel mondo web, è altamente standardizzato, l’acquisto si effettua con un “click” e le condizioni di vendita sono fissate una volta per tutte”.
 
Se da un lato, l’estrema variabilità delle dinamiche del lavoro nel web non permette di pronunciarsi in via definitiva sulla natura dei rapporti ivi instaurati, anche in ragione del ruolo più o meno significativo che può avere la tecnologia impiegata, dall’altro, appare evidente come alla estrema flessibilità delle nuove forme di lavoro corrisponda anche una indeterminatezza della disciplina applicabile, che rischia di tradursi in una assenza di tutele per i lavoratori contrattualmente più deboli (sul tema L. Torsello, Il lavoro degli influencers: percorsi di tutela, in LLI, 2, 2021). Anche in questo caso, dunque, l’individuazione della disciplina applicabile al rapporto di lavoro degli influencer appare essere una partita aperta, contesa tra la giurisprudenza (che spesso risolve tale impasse attraverso la riconduzione di un determinato rapporto ad un tipo legale), il legislatore e le parti sociali, la cui maggiore sensibilità alle dinamiche presenti nel settore potrebbe favorire una rapida risposta alle istanze di tutela dei lavoratori.
 
Federica Capponi

Assegnista di ricerca Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – ADAPT Senior Fellow

@FedericaCapponi

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