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Bollettino ADAPT 17 aprile 2023, n. 15
Le recenti innovazioni nel campo dell’intelligenza artificiale (IA) e gli sviluppi della geografia del lavoro sono due fenomeni in relazione, ove il primo sembrerebbe essere l’elemento che sta determinando in buona parte la configurazione del secondo. Ci si interroga, infatti, sul modo in cui gli sviluppi tecnologici stiano ridisegnando il futuro del mercato del lavoro: i sistemi basati sulle IA possono trasformare il modo in cui le organizzazioni e i posti di lavoro sono concepiti; si tratta di cambiamenti che in alcuni sistemi produttivi sono già avvenuti, pensiamo ad esempio al settore automotive. Tuttavia, descrivere il rapporto tra evoluzione tecnologica e sistemi produttivi solamente in questi termini rischia di non rendere possibile l’inquadramento del fenomeno entro la cornice più ampia della trasformazione sociale in atto: ciò a cui stiamo assistendo, e che coincide con l’introduzione di numerose innovazioni tecnologiche nei sistemi di produzione, è una ridefinizione profonda del rapporto tra persona e lavoro.
L’OECD (2023) si è occupata dell’argomento attraverso uno studio (Is Education Losing the Race with Technology?:AI’s Progress in Maths and Reading) condotto tra il 2016 e il 2021 che ha confrontato le competenze di un gruppo di adulti con quelle dell’IA stimate da valutatori esperti informatici. Le due aree prese in considerazione sono state quelle ritenute maggiormente significative nel contesto lavorativo e formativo: alfabetizzazione e abilità matematiche. L’interesse della ricerca muove dall’ipotesi che avere cognizione di cosa l’IA sia in grado di fare rispetto all’uomo possa aiutare a prevedere quali competenze diventeranno obsolete e quali, invece, saranno centrali nei prossimi anni. Informazioni di questo tipo possono aiutare a rimodellare i sistemi educativi che si occupano di formare i lavoratori ad affrontare sfide e opportunità del mercato del lavoro. Nello studio è stato chiesto a una commissione di esperti informatici di valutare se le capacità attuali dell’IA siano adeguate a risolvere i quesiti del Programme for the International Assessment of Adult Competencies (PIAAC), un programma internazionale promosso dall’OECD per la valutazione di competenze della popolazione adulta.
Il PIAAC valuta gli intervistati tramite prove cognitive sui domini di literacy, numeracy e problem solving; la difficoltà delle domande è stabilita su tre livelli: da bassa (livello 1 e inferiore) ad alta competenza/difficoltà (livelli 4-5). L’intelligenza artificiale, secondo la maggioranza degli esperti valutatori, è in grado di ottenere prestazioni elevate nel test di alfabetizzazione PIAAC: risolve la maggior parte delle domande più semplici che solitamente riguardano l’individuazione di informazioni in testi brevi; è inoltre capace di superare molte delle domande più complesse che richiedono la comprensione di strutture retoriche e la formulazione di risposte attraverso l’utilizzo di porzioni più ampie di testo. L’IA è in grado di ottenere prestazioni simili o superiori a quelle degli adulti il cui livello di competenza è pari a 3: si tratta, in media nei Pesi OECD che hanno partecipato al PIAAC, del 35% degli adulti. Il 54% si colloca al di sotto di questo livello mentre solo il restante 10% ottiene risultati superiori al livello 3.
Per quanto attiene invece alle capacità di calcolo, l’IA sembra ottenere prestazioni inferiori: secondo la maggioranza degli esperti, otterrebbe un punteggio simile a quello degli adulti che si posizionano allo stesso livello di competenza. Su questi dati gli esperti hanno mostrato un disaccordo legato alla tipologia di IA valutata: alcuni hanno immaginato sistemi messi a punto per poter rispondere ai singoli quesiti di PIAAC; altri hanno pensato a sistemi di intelligenza artificiale generali, in grado di elaborare contemporaneamente tutti i tipi di domande di calcolo. Entrambi i gruppi di valutatori sembrano concordare sul fatto che il test possa essere risolto sviluppando una serie di sistemi di IA costruite ad hoc, mentre un’IA con capacità matematiche approfondite e sviluppate per tutti i domini considerati è ancora fuori dalla portata della tecnologia attuale.
Sebbene si tratti di valutazioni e proiezioni effettuate da un gruppo di esperti informatici, ossia di considerazioni ipotetiche sulle abilità dell’IA, il report invita a interrogarsi sugli effetti dell’utilizzo dell’IA entro i sistemi di produzione, in particolare, sull’occupazione dei lavoratori le cui mansioni sono più semplici e richiedono competenze di livello più basso. Infatti, come intendono dimostrare i risultati dello studio brevemente descritto, l’impatto dell’IA sull’occupazione dipenderà anche dalla difficoltà dei compiti svolti nelle professioni: attualmente l’IA ha prestazioni migliori nei compiti di alfabetizzazione e calcolo in singoli domini e peggiori nei compiti che richiedono una combinazione di competenze. Il potenziale dell’IA di automatizzare ulteriormente alcuni lavori dipenderà dall’insieme di abilità che quei lavori richiedono: le mansioni che necessitano di un insieme diversificato di competenze sono a minor rischio di automatizzazione poiché è meno probabile, allo stato attuale, che l’IA riproduca contemporaneamente molte e diverse capacità.
Questo elemento è certamente interessante se consideriamo che per gestire la complessità insita nell’inserimento di un nuovo sistema di produzione basato sui sistemi di IA, sarà necessaria l’introduzione di nuove figure professionali che siano in grado di controllarne il funzionamento e gli sviluppi ulteriori. Nel panorama professionale prospettato, quindi, accanto alla sostituzione di alcune mansioni, ne emergeranno altre, e anche quei compiti non sostituibili interamente saranno affiancati da un completamento ad opera dell’automazione. Tale funzione complementare richiederà azioni di formazione continua per garantire la costruzione di profili professionali caratterizzati da competenze specialistiche legate sia al sistema produttivo di riferimento che a un insieme di competenze su aspetti manageriali e di gestione delle risorse umane (Puzzo G., Fraboni F., Pietrantoni L., L’intelligenza artificiale e trasformazioni professionali: domande di ricerca in psicologia del lavoro, Rivista italiana di Ergonomia n.21/2020, pp. 43-62, 2020).
Il modo in cui le trasformazioni dei sistemi di produzione accompagneranno lo sviluppo di nuovi profili professionali rimane una questione aperta. L’aspetto interessante sembra essere la ricerca sul ruolo che, in questo contesto, può rivestire la formazione per i processi di reskilling e upskilling dei lavoratori. L’automatizzazione di compiti ripetitivi e routinari apre, infatti, insieme ai timori per la sorte di alcune mansioni, possibilità interessanti in cui va a ridefinirsi il ruolo che la persona ha come risorsa per i sistemi produttivi. In altre parole, si sta assistendo a un profondo ripensamento del rapporto tra persona e lavoro in cui le realtà organizzative possono diventare spazi di crescita e sviluppo professionale non solo in virtù del rapporto di scambio economico, bensì quale contesto in cui i lavoratori possono trovare occasioni per costruire profili professionali in grado di rispondere al continuo cambiamento nella domanda di competenze. I contesti organizzativi così intesi permetterebbero di abbattere i confini tra formazione e lavoro, tra luogo in cui si impara un mestiere concluso e spazio dove tali abilità si applicano. Il rapporto tra organizzazione e persona si baserebbe su un principio di rinnovato scambio, entro cui si costruiscano risorse a partire dai cambiamenti e dalle continue trasformazioni del contesto economico e sociale.
Ilaria Fiore
Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena