Integrazioni salariali e rapporto di lavoro: ripristinato (in parte) l’assetto originario

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Bollettino speciale ADAPT 18 ottobre 2024, n. 5
 
L’articolo 6 del disegno di legge n. 1532 rivede la normativa esistente sulla compatibilità tra i trattamenti di integrazione salariale, ordinari o straordinari, e lo svolgimento di attività lavorativa, sia subordinata che autonoma. L’articolo apporta cambiamenti all’articolo 8 del D. Lgs. n.  148/2015, ridefinendo le condizioni in cui i lavoratori in cassa integrazione possono svolgere attività lavorativa senza perdere il diritto al trattamento.
 
Il disegno di legge modifica il precedente articolo 8, comma 2, del D. Lgs. n.  148/2015, stabilendo che il lavoratore che svolge attività lavorativa subordinata o autonoma durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettivamente svolte presso un datore di lavoro diverso da quello che ha richiesto il trattamento stesso. Le disposizioni attuali prevedono invece che la sospensione del trattamento di integrazione salariale si applichi solo nei casi di lavoro subordinato a termine di durata superiore a sei mesi, e nei casi di lavoro autonomo. Nel caso di lavoro subordinato a tempo determinato inferiore a sei mesi, il trattamento – a disciplina vigente – viene invece sospeso per la durata del rapporto di lavoro.
 
Attraverso la nuova formulazione, questa esclusione dal trattamento per le giornate lavorate verrebbe estesa a tutti i casi di lavoro, senza più differenze legate alla durata del contratto di lavoro. Ciò vuol dire che, anche nel caso di lavoro subordinato a tempo determinato di durata inferiore a sei mesi, il trattamento di integrazione salariale resterebbe sospeso in proporzione alle giornate di lavoro effettivamente svolte, non subendo la decadenza integrale come invece disposto dall’attuale art. 8, co. 2 secondo la riformulazione operata con la c.d. riforma Orlando del 2022 (art. 1, co. 197, lett. b), legge n. 234/2022).
 
La nuova disposizione del disegno di legge, ripristinando la disciplina originaria del 2015, riprende un orientamento giurisprudenziale già espresso dalla Corte di Cassazione mediante la sentenza n. 12487/1992. Secondo tale sentenza, lo svolgimento di attività lavorativa remunerata durante il periodo di sospensione dal lavoro non implica la perdita totale del diritto all’integrazione salariale, ma solo una riduzione proporzionale del trattamento. A conferma di questo, va menzionata anche la più recente sentenza della Cassazione, n. 3122 del 9 febbraio 2021, che ha ribadito la stessa linea interpretativa.
 
Il disegno di legge apporta modifiche anche al comma 3, dell’art. 8 del D. Lgs. n.  148/2015. Nello specifico, viene confermato il fatto che il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione all’INPS dello svolgimento di attività lavorativa durante il periodo di integrazione salariale. Esclude invece che le comunicazioni ex art. 4-bis D. Lgs n. 181/2000 relative al rapporto di lavoro (ad esempio: assunzione, proroga e cessazione) possano essere fornite dalle agenzie di somministrazione per adempiere all’obbligo di comunicazione che grava sul lavoratore, al pari di quelle invece fornite dai datori di lavoro (dalla formulazione vigente viene eliminato l’inciso “e delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo”).
 
In conclusione, le principali modifiche introdotte dall’articolo 6 del disegno di legge 1532 riguardano disposizioni della normativa sulla compatibilità tra i trattamenti di integrazione salariale e lo svolgimento di attività lavorativa, allineandosi coerentemente con le indicazioni provenienti dalle sentenze della Cassazione, ripristinando la formulazione originaria del D. Lgs. n. 148/2015 che non distingueva le conseguenze di sospensione del trattamento di integrazione salariale in base alla durata dell’instaurando rapporto.
 
Matteo Santantonio

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@santantonio_mat

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