Invio tardivo delle denunce mensili: omissione o evasione contributiva?

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Bollettino ADAPT 16 maggio 2022, n. 19
 
Il Tribunale di Pavia, con una recente sentenza pubblicata il 23 marzo 2022, n. 3724, ha confermato un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cass., 27 dicembre 2011, n. 28966)  secondo il quale, nelle ipotesi di omessa o infedele denuncia dei contributi dei lavoratori, si configura sempre una fattispecie di evasione (ex art. 116, comma 8, lett. b) della Legge 388/2000), salvo il caso in cui il datore di lavoro fornisca una prova idonea ad escludere l’intento fraudolento, originando, in tal caso, la diversa e più tenue fattispecie dell’omissione.
 
Pertanto, permane in capo al datore di lavoro inadempiente l’onere di provare l’assenza dell’intento fraudolento e, quindi, la propria buona fede attraverso la produzione di documenti o circostanze dimostrative dell’assenza del fine fraudolento “perché ad esempio gli inadempimenti sono derivati da mera negligenza o da altre circostanze contingenti”.
 
Nel dettaglio, nel caso di specie, il datore di lavoro proponeva ricorso al Tribunale di Pavia, avverso l’INPS, chiedendo di accertare e dichiarare:

1. che, in conseguenza del ritardato pagamento dei contributi relativi alle mensilità di giugno, luglio e settembre 2018, doveva essere applicato il regime sanzionatorio previsto dall’art. 116, comma, 8 lett. a) della Legge 288/2000 in luogo di quello previsto dalla lett. b) del medesimo articolo;

2. l’insussistenza del credito dell’ente relativo alle sanzioni civili per evasione contributiva di cui all’invito a regolarizzare riferibili ai detti periodi contributivi.

 
In particolare, la società ricorrente ammetteva di aver presentato oltre il termine legale la denuncia contributiva relativa al mese di giugno 2018, mentre per quanto concerne le denunce contributive relative ai mesi di luglio e settembre 2018 dichiarava di aver rispettato i termini previsti per legge.
 
In particolare, solo in data 20 settembre 2018 il ricorrente trasmetteva la dichiarazione mensile concernente la prima denuncia contributiva, e quindi, oltrepassando il termine previsto dalla normativa vigente (in ragione del fatto che il datore di lavoro è tenuto a comunicare mensilmente all’INPS i dati retributivi e le informazioni utili al calcolo dei contributi, mentre, il pagamento deve avvenire entro il sedicesimo giorno del mese successivo al mese di competenza).
 
Per quel che concerne il periodo contributivo relativo al mese di luglio 2018, l’azienda – tramite il proprio consulente del lavoro – effettuava 2 distinti invii di denunce obbligatorie, entrambi comunque in data 31 agosto 2018.
 
Allo stesso qual modo, in merito al periodo del mese di settembre 2018, l’azienda disponeva due invii, il primo in data 30 ottobre 2018 e il secondo in data 31 ottobre 2018.
 
In ogni caso, per quanto concerne tutti i periodi in questione, il ricorrente ammetteva di aver pagato i contributi solamente nel 2020.
 
Si costituiva in giudizio l’INPS contestando il contenuto del ricorso e chiedendo l’accertamento del diritto ad esigere il pagamento delle sanzioni civili per tutti i periodi contributivi oggetti del giudizio, ai sensi della disposizione di cui all’art. 116 comma 8, lett. b) della predetta norma.
 
Orbene, con riferimento alla questione di diritto, il Tribunale di Pavia – nella pronuncia in commento – ha provveduto in primis a precisare i confini tra la fattispecie di omissione contributiva di cui all’art. 116, comma 8, lettera a) della legge 388/2000 e l’ipotesi più gravosa dell’evasione, di cui alla lettera b) del citato articolo di legge.
 
Nel dettaglio, il Tribunale di Pavia ha confermato il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto (Cass., 27 dicembre 2011, n. 28966) secondo cui l’ipotesi di omessa presentazione delle denunce mensili e/o periodiche rientra nella fattispecie dell’evasione.
 
Infatti, la Corte di Cassazione aveva già delineato gli elementi costituivi dell’ipotesi di evasione. Segnatamente, con riguardo all’elemento oggettivo dell’occultamento, lo stesso – per gli Ermellini – ricorre “anche nell’ipotesi di denuncia obbligatoria all’Ente previdenziale che risulti non presentata, incompleta o non conforme al vero”, così che anche le ipotesi di omissione, infedeltà e tardiva presentazione delle denunce obbligatorie non possono che costituire casi di evasione.
 
La Suprema Corte, infatti, ritiene che l’omessa o infedele denuncia integri una condotta sintomatica della volontà i rapporti e le retribuzioni, da cui si evince l’elemento soggettivo della fattispecie, caratterizzato dall’intenzionalità prevista dall’art. all’art. 116, comma 8, lettera b) della legge 388/2000.
 
In ogni caso, tale elemento psicologico viene meno, riportando il comportamento omissivo nell’ipotesi più favorevole di cui alla lettera a) della norma in questione, solo nel caso in cui il soggetto inadempiente riesca a provare la buona fede e di conseguenza il venir mento della volontà fraudolenta. Tale onere probatorio, tuttavia, viene posto interamente a carico dello stesso soggetto inadempiente.
 
Il Tribunale di Pavia, nella sentenza in commento, ha inoltre chiarito che la buona fede “non può ritenersi assolta per l’effetto dell’avvenuta annotazione, sui libri obbligatori, dei dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce”.
 
Diversamente, questa potrà essere provata attraverso documenti o circostanze che attestino in maniera inequivocabile l’assenza dello scopo fraudolento (ad esempio, documentazione che provi che gli inadempimenti sono derivati da mera negligenza).
 
Dunque, ritornando al caso di specie, il giudice di merito, con riferimento alla denuncia contributiva di giugno 2018, trasmessa solo in data 20 settembre 2018, ha ritenuto che tale tardiva denuncia risulta sufficiente ad integrare gli estremi dell’evasione, confermando una precedente pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite in materia (Cass. Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4808).
 
Il Tribunale di Pavia, tra l’altro, ha osservato che nessuna prova risultava dedotta dal ricorrente circa la situazione emergenziale nella quale versava la società, al fine di giustificare il ritardo nell’invio delle denunce.
 
Nel caso de quo, per di più, figurava non applicabile il ravvedimento operoso di cui all’art. 116, comma 8, lettera b), secondo capoverso della Legge 388/2000. Difatti, nella fattispecie in esame il pagamento era pervenuto solo in data 11 agosto 2020, oltre i termini previsti dall’ipotesi di ravvedimento.
 
Per converso, con riferimento al periodo contributivo di luglio e settembre 2018, il Tribunale di Pavia ha ritenuto che effettivamente tali denunce contributive risultavano regolarmente giunte entro le scadenze di legge, tanto che gli importi pagati tardivamente corrispondevano esattamente a quelli di quelli di cui alle predette comunicazioni.
 
In definitiva, dunque, il Tribunale ha accolto solo parzialmente il ricorso in opposizione proposto dal datore di lavoro, in relazione unicamente ai periodi contributivi di luglio e settembre 2018, calcolando di conseguenza le relative le sanzioni per tali periodi ai sensi dell’art. 116, comma 8 lett. a) e comma 9 della Legge 388/2000.
 
Aniello Abbate

ADAPT Junior Fellow

@anycharisma
 
Gianmaria Russo

ADAPT Junior Fellow

@gianmaria_russo

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