ITS e apprendistato, una strada per combattere il mismatch?

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Bollettino ADAPT 9 settembre 2024 n. 31
 
Dopo la pandemia il numero di contratti di apprendistato attivati annualmente è tornato a crescere. Lo affermano i dati raccolti nell’ultimo rapporto di monitoraggio realizzato da INAPP e riferiti al 2021. Si tratta, a prima vista, di un fattore positivo ma sarebbe un errore soffermarsi a questo. Infatti il solo apprendistato professionalizzante rappresenta oltre il 97% del totale dei contratti, mentre gli apprendisti di primo e terzo livello, quelli coinvolti in percorsi duali in collaborazione con i percorsi formativi e che ci richiamano a quello che avviene in paesi come la Germania, sono solo una parte residuale. Si tratta di un trend che rafforza l’ipotesi secondo la quale l’apprendistato in Italia, a causa soprattutto di questo squilibrio, si sta lentamente trasformando in un contratto di inserimento dallo scorso valore formativo, con esili connessioni con il sistema formativo esterno all’azienda e quindi scarsi impatti sulla produttività e sull’aiutare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro.
 
Ci sono però spazi di possibile crescita di questi strumenti, contribuendo alle sfide poste dalla necessità di riqualificazione dei lavoratori, dall’innovazione tecnologica, dalle competenze che mancano, dai trend demografici. Un esempio è l’utilizzo dell’apprendistato di terzo livello durante la formazione negli ITS. Del tema si è recentemente occupato una ricerca svolta da ADAPT con Banca Intesa dalla quale emerge come il connubio tra questi due percorsi può rappresentare una delle risposte potenzialmente più efficaci per rispondere in primo luogo allo skill mismatch, acuito dalla crisi demografica, di cui soffrono moltissime imprese, senza troppe distinzioni a livello territoriale. Questo per un motivo particolare, al quale concorrono però diversi aspetti: il contenuto formativo dei percorsi ITS in apprendistato si dimostra migliore rispetto ai percorsi tradizionali, come testimoniato sia dagli studenti, che godono di un tasso di placement più elevato rispetto ai colleghi, sia dalle imprese che dalle Fondazioni ITS stesse. Questo anche perché l’apprendistato duale è per natura uno strumento plurale, che obbliga imprese, giovani e istituzioni formative a confrontarsi su quelli che sono i fabbisogni espressi dal territorio ed a trovare una soluzione, che si traduce poi nei programmi formativi, condivisa e quindi più efficace. Una soluzione, visto anche l’investimento di lungo periodo che richiede questa forma di apprendistato, tanto utile quando destinata non solo a colmare i vuoti di competenze di oggi, quanto ad anticipare quelli che saranno i fabbisogni e le innovazioni di domani.
 
Si tratta inoltre di uno strumento potenzialmente molto flessibile, che se ben progettato può adattarsi sia ai fabbisogni di grandi imprese in cerca di specifici profili professionali di nicchia, sia a quelli trasversali della moltitudine di piccole e medie imprese di cui è fatto il tessuto produttivo nazionale, che spesso si sono dimostrate incapaci, da sole, di formare e soprattutto trattenere i lavoratori. Proprio dal punto di vista della capacità di mantenere in organico un lavoratore dopo che è stato formato, i percorsi ITS svolti in apprendistato si dimostrano, dai dati, uno strumento efficace. A ciò contribuisce senza dubbio il fatto che il giovane si senta al centro di un progetto di crescita professionale il cui orizzonte, visto anche l’impegno necessario da parte di tanti soggetti, non si limita ai sei mesi tipici di un tirocinio curricolare. Ma soprattutto si tratta di un vero e proprio contratto di lavoro, con tutte le tutele ad esso connesse anche in termini contributivi, dettaglio non irrilevante per chi deve intraprendere un non breve percorso formativo.
 
C’è però ancora molta strada da fare. Perché l’apprendistato duale negli ITS cresca davvero fino a raggiungere numeri importanti bisognerebbe intervenire su alcuni aspetti, che negli anni ne hanno certo limitato la diffusione. Su tutti, sarebbe importante intervenire attraverso una profonda semplificazione burocratica, promuovendo la creazione di una struttura unica che, a livello nazionale, si ponga come riferimento operativo e interpretativo a supporto nella progettazione di percorsi in apprendistato. La contrattazione collettiva, in ultimo, potrebbe e dovrebbe giocare un ruolo importante, dando maggior rilievo a questa forma contrattuale nel dialogo tra le parti.

 
Francesco Seghezzi
Presidente ADAPT

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