La storia si ripete sempre due volte. Nell’ambito delle politiche del lavoro e delle relazioni industriali, l’anno 2014 era iniziato con la diffusione della eNews – 381 dell’8 gennaio 2014 (il progetto “iniziale” del Jobs Act) che conteneva la proposta di una legge sulla rappresentatività sindacale. A distanza di qualche giorno e, per la precisione, il 10 gennaio, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil sottoscrivevano il Testo unico sulla Rappresentanza (per un commento, nonché per una sintesi dei contenuti si veda A. Chiriatti e F. Pignatti Morano, Testo Unico sulla Rappresentanza: regole condivise come occasione da cogliere, in Bollettino ADAPT, n. 3/ 2014) attuativo delle regole – condivise unitariamente dalle medesime Parti sociali e nella loro piena autonomia – dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013.
A distanza di poco più di un anno il “botta e risposta” Governo-Parti sociali parrebbe essere lo stesso. Da un lato l’Esecutivo – in una logica di ridimensionamento del ruolo dei corpi intermedi – rilancia l’iniziativa legislativa sulla rappresentanza. Dall’altro, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil scongiurano il ricorso alla legge per regolamentare questioni che devono rimanere nella loro assoluta competenza, sottoscrivendo, il 16 marzo 2015, l’apposita Convenzione con l’Inps che (in attuazione del Testo Unico di gennaio 2014) rende effettiva la raccolta, l’elaborazione e la comunicazione dei dati sulla rappresentanza delle OO.SS. per la contrattazione nazionale.
La traiettoria della disintermediazione sembra seguire, infatti, un percorso ben preciso. La visione del Governo espressa in maniera inequivocabile dal Presidente del Consiglio Renzi in più di un’occasione, è quella di riconoscere il ruolo delle Parti sociali esclusivamente nel campo della contrattazione collettiva, spegnendo qualsiasi nostalgia concertativa di novecentesca memoria.
Così nella grande partita che riguarda il futuro della rappresentanza è significativo il confronto in atto tra CGIL e FIOM sull’essenza e la natura stessa del sindacato, con una crescente “vocazione cgiellina” a consolidare un ruolo sempre più “contrattuale” e con una volontà espressa dal segretario della Fiom Landini di costruire un fronte sociale con una vocazione più politicamente ampia. A sancire la volontà del Governo di porre un perimetro definito all’azione sindacale, la direttiva del Ministro Poletti dello scorso 26 settembre 2014 ripresa letteralmente dalla Convenzione Inps Parti sociali, che al primo capoverso sancisce: «il tema della rappresentanza e rappresentatività sindacale e il monitoraggio della contrattazione collettiva nel settore privato costituiscono elementi fondamentali per la regolazione e l’attuazione di gran parte della disciplina lavoristica e previdenziale».
Inequivocabile, quindi, il riconoscimento del ruolo della rappresentanza e della contrattazione collettiva, con una forte e contestuale manifestazione della volontà di affermare la competenza istituzionale nella regolazione e nella certificazione della rappresentatività per una corretta attuazione della normativa lavoristica e previdenziale.
Volendo porre una lente d’ingrandimento sui contenuti della Convenzione, le Parti sociali attribuiscono all’Istituto di Previdenza il compito di rilevare il numero delle deleghe sindacali conferite a ciascuna O.S. di categoria firmataria o aderente al TU di gennaio 2014 nonché di elaborare ed aggregare i suddetti dati per ciascun CCNL, relativamente al periodo gennaio-dicembre di ogni anno.
Il numero delle deleghe verrà acquisito dall’Inps attraverso il flusso “UNIEMENS” in cui, tramite apposita sezione, il datore di lavoro dovrà indicare: il codice del CCNL applicato, il codice della federazione di categoria cui aderiscono i dipendenti, il numero dei lavoratori aderenti (con distinta indicazione del numero degli iscritti appartenenti ad unità produttive con più di 15 dipendenti in cui siano presenti RSA, ovvero non sia presente alcuna forma di rappresentanza sindacale).
Il calcolo del numero degli iscritti per ogni O.S. di categoria su base nazionale sarà definito dividendo il numero complessivo delle rilevazioni mensili per 12. L’Inps dovrà poi elaborare e comunicare in forma aggregata il dato relativo ad ogni O.S. di categoria (firmataria o aderente al TU sulla Rappresentanza) per ambito di applicazione del CCNL di competenza e lo trasmetterà alle OO.SS. con cadenza mensile. Successivamente, il dato aggregato suddiviso per contratto collettivo, azienda e provincia sarà inviato ad ogni singola Organizzazione sindacale. L’Istituto attribuisce altresì un codice specifico sia per la catalogazione dei contratti collettivi nazionali (che sarà comunicato anche al Cnel assieme ai dati raccolti ed elaborati relativi alle deleghe sindacali), sia per l’identificazione delle OO.SS. di categoria interessate a partecipare alla rilevazione della propria rappresentanza per la stipula dei CCNL.
Ultimo passaggio, quello relativo al regime transitorio necessario alla rilevazione dei dati sugli iscritti delle Organizzazioni firmatarie da utilizzare per i rinnovi contrattuali in scadenza nell’anno 2015, con la previsione di un impegno da parte delle stesse Organizzazioni a comunicare tempestivamente il mese finale del 2015 utilizzato per la rilevazione degli iscritti. Le Parti stesse si preoccuperanno altresì di comunicare il dato degli iscritti da utilizzare per i rinnovi contrattuali in scadenza nel 2016.
Si può ritenere che la Convenzione persegua l’obiettivo, almeno sulla carta, di rendere più certe le relazioni industriali. Tuttavia, la nuova procedura riuscirà, effettivamente, a creare un sistema ordinato e trasparente di regole sulla rappresentanza, oppure si tratterà di meri adempimenti burocratici? La natura confederale di questo modello di relazioni industriali sarà realmente adatto a garantire l’esigibilità di un sistema che dipende, in via principale, da come le singole federazioni di categoria (titolari della contrattazione collettiva di lavoro) saranno in grado di tradurre tale impostazione?
“Ai posteri l’ardua sentenza”, tuttavia la tenuta futura del sistema di rappresentanza e contrattazione collettiva costruito sulle basi dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, delle successive intese e della Convenzione appena commentata è da considerarsi a tempo determinato.
In tal senso, una delle sfide più difficili che le Parti sociali e il Contratto collettivo nazionale di lavoro potrebbero affrontare, riguarda la prospettiva dell’introduzione di un salario minimo legale con la conseguente dissoluzione di uno dei cardini fondamentali su cui si fonda il ruolo riconosciuto dalle Parti sociali alla contrattazione collettiva nazionale: la tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori.
Andrea Chiriatti @AChiriatti
Filippo Pignatti Morano @filippopignatti
Scuola i di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo