Negli ultimi anni diversi studi si sono occupati di indagare le criticità ma anche le nuove opportunità presenti sul mercato delle professioni legali a seguito della rivoluzione digitale e tecnologica in atto (es. John O. McGinnis & Russell G. Pearce, The Great Disruption: how machine intelligence will transform the role of lawyers in the delivery of legal services).
A questi si aggiunge ora un prezioso rapporto di monitoraggio curato dal Centro per lo Studio della professione forense presso la Georgetown University e Thomson Reuters Peer Monitor, che bene mette in evidenza le tendenze dominanti e la crisi che attraversa la professione legale negli Stati Uniti, specchio di una realtà che inevitabilmente anticipa di qualche anno quello che accadrà negli altri Paesi.
Il report rileva come la domanda dei servizi legali nel 2015 si sia mantenuta sostanzialmente piatta,differentemente dal passato quando, prima della grande crisi del 2008 cresceva dal 4% al 6% ogni anno. La produttività ha subito un complessivo peggioramento, dovuta al sempre maggior numero di avvocati e al sistema legato al totale delle ore fatturabili. In materia di fatturato e riscosso, gli studi legali hanno subito un doppio colpo, in quanto nel 2015, il loro tasso di fatturato è aumentato contemporaneamente al calo del loro effettivo tasso di realizzazione.
In questo scenario, bisogna fare i conti col fatto che il mercato -anche quello della consulenza legale- è fatto dai clienti. E i clienti pretendono sempre una maggiore efficienza e competenza nella fornitura dei servizi a livelli di prezzo inferiori rispetto a quelli praticati nel passato, con l’intento di procedere a una internalizzazione di tutte quelle attività che una volta venivano affidante esclusivamente agli studi legali esterni.
Dalla ricerca emerge peraltro il crescente interesse della clientela verso fornitori di servizi analoghi o alternativi, pronti ad offrire una molteplicità di prestazioni che in passato erano relegate esclusivamente nella sfera di competenza degli studi legali tradizionali.
Questa inversione di tendenza è ben rappresentata dalla figura dei consulenti in-house, che introdotti nei diversi team di management, garantiscono una negoziazione di parcelle più competitive rispetto agli studi legali esterni, “strappando” pacchetti di consulenza che prevedono sconti sui volumi di lavoro.
Se fino a pochi anni fa la presenza di queste realtà, fuori dagli schemi tradizionali, veniva considerata del tutto marginale, oggi la proliferazione di questi soggetti sta ridefinendo alcuni segmenti del mercato legale. Sulla stessa lunghezza d’onda, si colloca il report pubblicato dal Center for WorkLife Law dell’Università della California – Hastings College of Law – nel quale vengono individuati cinque modelli differenti che stanno ridisegnando la fornitura di servizi legali:
I. le secondment firms che forniscono alle organizzazioni che ne fanno richiesta, avvocati che operano al loro interno su base part-time o temporanea;
II. le società che combinano la fornitura di servizi legali con una più generale consulenza aziendale;
III. gli studi legali «a fisarmonica», in grado di fornire reti di avvocati esperti al fine di risponderà alle esigenze di staffing di breve periodo;
IV. gli studi legali virtuali con professionisti che operano da casa;
V.gli studi legali innovativi e le società che offrono servizi altamente specializzati con una tariffazione particolare o l’utilizzo di modelli di erogazione dei servizi completamente diversi da quelli offerti dagli studi tradizionali.
Alcune di queste realtà sono ancora relativamente piccole, altre non lo sono: si pensi ad esempio a Axiom Law, con 14 uffici in tutto il mondo e 1200 impiegati o alla Bliss Lawyers, che vanta un network nazionale di circa 10.000 avvocati.
La risposta degli studi legali a queste mutate condizioni di mercato è stata in molti casi passiva. Gli studi legali sono consapevoli della minaccia rappresentata dai recenti modelli di business e dalle nuove e sentite aspettative dei propri clienti, tuttavia scelgono di non agire, ritenendo che il loro modello economico utilizzato in passato, risulti vincente e possa continuare a produrre risultati ottimali tutt’oggi.
Questo sforzo di preservare il loro passato potrebbe comportare l’incapacità di rispondere alle nuove tendenze e strategie che si affacciano sul mercato.
In questo nuovo panorama, i sondaggi di Altamn Weil hanno dimostrato che la conseguenza chiave è l’ampia segmentazione del mercato con una lenta ma continua erosione delle quote di mercato degli studi legali, in cui la moltiplicazione delle fusioni tra studi e delle acquisizioni «laterali»non implica necessariamente maggiore redditività, poiché doveroso è fare i conti con le sempre maggiori sfide poste dai loro concorrenti.
Non bastasse quanto su indicato, il report affonda la lama anche nel ruolo portante delle Big Four, ossia delle quattro società di revisione che, spartendosi il mercato di riferimento, procedono a una costante acquisizione dei piccoli e medi studi legali, specializzandosi su servizi ad hoc e riducendo ancora una volta lo spazio di azione dei tradizionali studi legali.
I dati insomma dimostrano che gli studi legali dovrebbero avere il coraggio e la forza di cambiare il loro modello operativo tradizionale, operando in un mercato reso più competitivo da tecnologia e liberalizzazioni, offrendo servizi standardizzati a costo inferiore.
Il futuro della professione legale deve infatti garantire soluzioni maggiormente pensate per la clientela acquisita, potenziale e interna (colleghi), con una struttura di parcelle fisse e livelli ottimali di comunicazione e d’impegno attesi, implementando nuovi processi anche di collaborazione con altri fornitori.
Gli studi legali, bloccati in una perdurante inerzia, saranno in grado di cogliere questa sfida fatale a lungo termine?
Idapaola Moscaritolo
Dottoressa in Giurisprudenza