La legge El Khomri dell’8 agosto 2016, meglio nota come loi Travail, contiene una novità in grado di dare un’accelerata al processo di digitalizzazione e di semplificazione della gestione dei rapporti di lavoro e della negoziazione a livello nazionale e decentrato. Si tratta della previsione in forza della quale a partire dal mese di settembre del 2017 tutti gli accordi collettivi, anche aziendali, saranno resi accessibili liberamente all’interno di un piattaforma digitale. Tale database raccoglierà i contratti collettivi nazionali di settore, territoriali e aziendali, nonché gli accordi interconfederali stipulati tra le parti sociali, facilitando così le imprese nella fase di contrattazione e favorendo una maggiore comprensione del ruolo svolto dai sindacati e dalla c.d. “democrazia sociale”, di cui spesso proprio i lavoratori ignorano l’importanza.
Il Ministero del Lavoro francese ha approfittato del PGO (Sommet mondial du Partenariat pour un gouvernament ouvert), annuale manifestazione per la trasparenza dell’azione pubblica e la lotta alla corruzione, per approfondire le potenzialità di tale innovativo sistema, lanciando il primo Open Data Camp sui contratti collettivi. Più gruppi di studio (in tutto 50 esperti, tra studiosi, sindacalisti, data scientist e HR specialist) si sono così confrontati individuando i vantaggi, ma anche le criticità, di un simile strumento, al fine di approdare poi ad un progetto da presentare al Consiglio Economico, Sociale e Ambientale incaricato di rendere operativa la banca dati dei contratti.
Da lavoro svolto è emerso come la disposizione in questione potrebbe influire positivamente sulle attività di negoziazione e sulle stesse relazioni industriali. Nello specifico, un database che raccolga tutti i contratti collettivi e gli accordi stipulati a qualsiasi livello si rivelerebbe uno strumento ideale per il benchmarking e la diffusione di buone pratiche, grazie anche a un sistema di campi di ricerca (per materia, per data, per località, per dimensione dell’impresa e per settore di attività) che ne faciliterebbe la consultazione. Inoltre, è indiscutibile anche l’aiuto che ne deriverebbe per le parti sociali nell’individuare la regola da applicare nei casi concreti e, per le PMI, nel consultare modelli di accordi da cui trarre spunto per la contrattazione aziendale.
Gli esperti, poi, hanno avanzato alcuni suggerimenti per rafforzare l’utilità di tale previsione, a partire dalla possibilità di connettere le banche dati deputate alla raccolta degli accordi collettivi con altri database, integrando quanto già raccolto al fine di fornire informazioni più complete ed attendibili. Si potrebbe cominciare, ad esempio, dalle DSN (Déclaration Sociale Nominative): ogni mese le aziende francesi sono tenute alla compilazione di un documento, la DSN appunto, contenente tutti i dati di ogni singolo dipendente, dal contratto applicato ai contributi versati (in Italia potremmo paragonarlo al c.d. invio degli UniEMens); tramite il collegamento a tali dichiarazioni, dunque, si potrebbe garantire l’affidabilità dei dati raccolti. Ma gli studiosi hanno anche ipotizzato la creazione di un simulatore quale dotazione aggiuntiva della piattaforma digitale che aiuti le aziende nella contrattazione segnalando tramite messaggi di allerta quando vengono inserite regole non applicabili.
Se da una parte, dunque, i benefici sembrano essere molteplici, dall’altra si delinea qualche elemento di criticità. Primo fra tutti la possibilità, tutt’altro che residuale, che, nell’individuare le regole da adottare nel caso concreto nell’ambito dei processi negoziali, i contratti e gli accordi applicabili si sovrappongano, con la conseguente emersione di conflitti di competenze regolative tra livelli che altrimenti resterebbero sottotraccia. Vi sono, inoltre, anche problemi di ordine tecnico, quale l’eterogeneità degli attuali formati degli accordi, facilmente risolvibile, tuttavia, con l’uniformazione dei supporti informatici preposti alla loro lettura e digitalizzazione. Il governo ha, infine, espresso la volontà di adottare delle garanzie all’interno di questo processo di pubblicazione e condivisione, come il parziale anonimato delle intese.
Si tratta dunque di un’operazione complessa e da mettere a punto, ma, qualora dovesse giungere a compimento, il giovamento che porterà anche alle relazioni industriali, rendendo più accessibili, comprensibili ed applicabili gli accordi presenti su tutto il territorio nazionale, sarà senz’altro significativo. Starà poi alle parti sociali fare buon uso del mezzo al momento delle trattative, senza cedere alla tentazione di strumentalizzarlo e, soprattutto, senza inverare il rischio di una meccanizzazione dei processi negoziali.
ADAPT Junior Fellow