Il prossimo 7 marzo scadrà il termine per la trasmissione telematica della certificazione unica (CU) ordinaria all’Agenzia delle Entrate. Lavoratori, consulenti e aziende, all’atto della compilazione, si troveranno di fronte a due nuove sezioni. La prima è dedicata ai premi di risultato, la seconda comprende i rimborsi per alcuni servizi di welfare aziendale. Queste novità sono il risultato del provvedimento n. 10044/2017 del 16 gennaio scorso, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha approvato la Certificazione Unica “CU 2017”. Nel provvedimento menzionato, l’Agenzia specifica che tale modello ha la funzione di attestare, tra le altre cose, “l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati, di cui agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, corrisposti nell’anno 2016 e assoggettati a tassazione ordinaria, a tassazione separata, a ritenuta a titolo d’imposta e ad imposta sostitutiva”.
La prima sezione, nominata “somme erogate per premi di risultato”, entra a far parte in via definitiva della nuova CU. La struttura di questa sezione riprende fedelmente le indicazioni presenti all’interno della Legge di stabilità 2016 con cui sono stati disciplinati i nuovi premi di risultato. Una prima casella (punto 571) è dedicata all’inserimento del codice che permette di identificare quale sia il limite della detassazione da applicare. Come è sancito dal comma 182 dell’art. 1 della Legge di stabilità 2016 “sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile […]”. In questo primo caso, dovrà essere utilizzato il codice 1. Diversamente, dovrà essere utilizzato il codice 2 nel caso in cui il limite del premio faccia riferimento al comma 189, il quale sancisce che “il limite di cui al comma 182 è aumentato fino ad un importo non superiore a 3.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro”. Come chiarito dal Decreto Interministeriale 25 marzo 2016, “pariteticamente” è inteso come una situazione paritaria all’interno dei gruppi di lavoro. È quindi fondamentale che gli interventi dei lavoratori abbiano lo stesso peso rispetto alle indicazioni date dai responsabili aziendali. Diversamente non possono essere considerate forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori l’utilizzo del lavoro di gruppo, della formazione, dell’addestramento o di soluzioni che prevedono la semplice consultazione del personale dipendente.
La seconda e la terza casella (punti 572 e 573) sono destinate rispettivamente all’ammontare del premio di risultato, per il quale è previsto l’applicazione dell’imposta sostitutiva, e all’ammontare del premio di risultato che, per volontà del lavoratore, è stato erogato sotto forma di benefits. La presenza ravvicinata di questi due punti rispecchia la possibilità concessa al lavoratore dal comma 184, art. 1 della Legge di stabilità 2016 di ricevere il premio in denaro, scontando la tassazione al 10%, oppure di sostituire le somme con i beni e i servizi previsti dai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuir. Nel caso in cui il lavoratore scelga di sostituire i premi di risultato con servizi di welfare, le somme non sconteranno più la tassazione al 10% ma saranno esenti, essendo esclusi dalla determinazione del reddito da lavoro, nei limiti previsti dall’art. 51 del Tuir. Questo diverso trattamento contributivo e fiscale per la parte di premio erogata in denaro e quella erogata sotto forma di benefits si ripercuote anche sulle caselle successive: infatti, se per la parte di premio erogato in denaro è presente una casella corrispettiva (punto 574) all’interno della quale bisogna indicare il valore dell’imposta sostitutiva, per la parte convertita in benefits non è presente nessuna casella corrispondente giacché non viene scontata alcuna tassazione. Come disposto dalla legge di stabilità, è bene ricordarsi che la possibilità di sostituzione dei premi con i servizi di welfare è perseguibile solo se prevista dai contratti aziendali e territoriali e successivamente opzionata dal lavoratore.
Successivamente, al punto 576, sono da indicare i premi di risultato assoggettati a tassazione ordinaria. Questo punto non fa riferimento alla parte di premio che supera i limiti presentati in precedenza, bensì al caso in cui il lavoratore decida di sottoporre i premi di risultato che gli spettano alla tassazione ordinaria. Il comma 182 della legge di stabilità 2016 dispone, infatti, che l’imposta sostitutiva sarà goduta “salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro”. La tassazione agevolata in alcuni casi può risultare, infatti, sfavorevole al lavoratore in quanto potrebbe far venire meno la possibilità di far valere alcuni oneri deducibili o detraibili, utilizzabili solo in presenza di tassazione ordinaria e potrebbe avere un impatto minore sul monte contributivo utile ai fini pensionistici. Qualora il lavoratore abbia optato per la tassazione ordinaria, l’importo di premi non eccedenti i 2000 euro o 2500 euro dovrà essere riportato, insieme alla eventuale parte di premio eccedente i limiti, nella sezione dedicata ai redditi di lavoro dipendente e assimilati con contratto a tempo indeterminato o determinato. In ogni caso, se il lavoratore ha optato per la tassazione ordinaria del premio di risultato, la somma di quanto riportato nei punti 573 (benefits) e 576 (premi soggetti a tassazione ordinaria), non deve essere superiore a 2.000 euro o 2.500 euro.
I punti da 571 a 576 sono specularmente duplicati nei punti che vanno da 577 a 582. Questa duplicazione è legata all’eventualità in cui un lavoratore abbia ricevuto nel corso del 2016 un premio di risultato da parte di due datori di lavoro diversi. In questo modo, viene lasciato spazio per l’inserimento sia delle cifre che devono rientrare nel limite dei 2.000 euro (codice 1), sia di quelle il cui limite è elevato a 2.500 euro (codice 2). Alla medesima finalità sono dedicati anche i successivi punti, dal punto 583 al 591 all’interno dei quali si devono indicare eventuali somme già assoggettate ad imposta sostitutiva che devono essere assoggettate a tassazione ordinaria (punto 583) o, viceversa, somme già assoggettate a tassazione ordinaria da assoggettare ad imposta sostitutiva (punto 584) oltre che ai benefits già ricevuti (punto 588). In questo modo è possibile effettuare i dovuti conguagli evitando che vengano superati i limiti stabiliti dalla legge.
Anche la “burocrazia” si adegua al nuovo protagonista della gestione del personale, ovvero il welfare aziendale, sempre più in crescita come dimostrato dai dati forniti dal Mistero del Lavoro. Alla data del 14 febbraio 2017 i contratti integrativi depositati sono 19.457, tra cui 4.099 contengono misure di welfare aziendale. Al 18 luglio 2016 i contratti depositati erano 13.543 e di questi 2.290 contenevano misure di welfare aziendale. Emerge quindi che negli ultimi sei mesi, a fronte di 5.914 contratti depositati per godere dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato, ben 1.809 contengono misure di welfare aziendale. Questi dati permettono di inquadrare perfettamente quale sia la diffusione dei premi di risultato ma non inquadrano pienamente la diffusione del welfare aziendale. Come sancito dal comma 187 della Legge di stabilità 2016, i premi di produttività“devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali”e, per godere dell’imposta sostitutiva, ai sensi dell’art. 5 del Decreto interministeriale 25 marzo 2015, devono essere depositati per via telematica entro 30 giorni dalla sua sottoscrizione presso la Direzione territoriale del lavoro competente. Per il welfare aziendale non vale la stessa norma e quindi nell’analizzare la diffusione del welfare aziendale bisogna considerare anche gli accordi che disciplinano il welfare in maniera autonoma rispetto ai premi di risultato e i regolamenti aziendali, strumento sempre più utilizzato dalle aziende per introdurre piani di welfare.
All’interno della CU 2017, trova per la prima volta spazio anche una nuova sezione dedicata ai “rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione di cui all’art. 51 del Tuir”. Questa sezione, come si può dedurre dalla sua denominazione, è dedicata esclusivamente ai rimborsi effettuati dai datori di lavoro. Il riferimento normativo al Tuir non va fatto all’intero art. 51, ma solamente alle lettere f-bis), f-ter) del comma 2, vale a dire le uniche due lettere che prevedono la possibilità di erogare alla generalità o a categorie di dipendenti anche somme di denaro a titolo di rimborso spesa (il c.d. welfare rimborsuale). La lettera f-bis) ricomprende “i servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari” mentre la lettera f-ter) comprende “la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12”.
Ai fini della compilazione della CU non è però necessario inserire tutti i rimborsi che fanno capo alle due lettere sopra menzionate. Le istruzioni redatte dall’Agenzia delle Entrate per la compilazione della CU, chiariscono che bisogna considerare solamente le spese per l’istruzione (asili nido, istruzione primaria, secondaria e universitaria), le spese sostenute per addetti all’assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti di vita quotidiana e le spese sostenute per servizi di interpretariato dai soggetti non udenti. Non devono rientrare in questa sezione i rimborsi spesa per i servizi di educazione, per la frequenza di ludoteche, di centri estivi e invernali e nemmeno i rimborsi per la fruizione dei servizi di assistenza agli anziani, qualora questi siano autosufficienti. Alla luce di questa distinzione, si può dedurre che l’Agenzia delle Entrate sia interessata a far inserire all’interno di questa sezione delle CU esclusivamente i rimborsi che hanno la natura di oneri detraibili ai sensi dell’art. 15 del Tuir e che quindi, qualora non fossero stati rimborsati in esecuzione di un piano di welfare, avrebbero goduto della detrazione al 19%. In questo modo l’Agenzia vuole anche evitare che gli stessi rimborsi, già esenti da oneri contributivi e fiscali in quanto erogati in conformità all’art. 51, possano essere portati in detrazione anche ai sensi dell’art. 15.
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, si può affermare che l’inserimento in via definitiva nella CU dei premi di risultato e dei rimborsi per alcuni servizi di welfare aziendale conferma ulteriormente l’importanza sempre crescente che stanno assumendo questi istituti. L’esclusione dalla CU della maggior parte dei beni e servizi di welfare aziendale, tuttavia, non deve essere considerata come una dimenticanza o come un declassamento di questo istituto. Anzi, questa assenza è un fattore di forza del welfare, poiché non viene appesantito dalla burocrazia. Scegliendo questa strada, l’Agenzia delle Entrate ha indirettamente confermato che, a differenza degli altri istituti dell’art. 51 presenti nella CU come ad esempio i contributi per la previdenza e la sanità integrativa, buona parte dei beni e servizi di welfare compresi nell’ art. 51, comma. 2, lettere f, f-bis), f-ter) e f-quater) del TUIR non sono soggetti ad alcun limite. Il welfare si configura sempre più come un reale bacino di risparmio ed efficientamento economico sia per l’impresa sia per il lavoratore.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo